MURLOCULTURA n. 3/2008 |
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Un articolo su un tema scabroso di grande attualità dove l’informazione è purtroppo carente La Canapa: pianta proibitaLe vicissitudini di una
pianta straordinaria vittima del progresso
di Nicola Ulivieri |
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Si parla spesso di piante e animali che scompaiono o rischiano l’estinzione a causa dell’uomo, così come degli organismi che vengono modificati geneticamente per conferirgli caratteristiche nuove, desiderate dai consumatori (o dai creatori). Si parla invece molto meno di piante e animali, il cui impiego è caduto in disuso e, per questo, totalmente scomparsi dal nostro territorio: una di questi è la canapa indiana, un tempo fonte di reddito e coltivata ovunque e adesso introvabile; perché? Non era più un prodotto conveniente o c’è qualcos’altro dietro? Scopriamolo partendo dall’intervista a chi, la canapa, la lavorava sul nostro territorio: mia nonna Valeria. “Sin da quando stavo a Asciano, alle Calcinaie, si lavorava la canapa; poi anche quando sono venuta a Aiello avevamo il nostro appezzamento; la canapa si seminava a ‘prese’ o ‘presoni’… hai presente i filai delle viti, lo spazio che c’è tra un filaio e l’altro? Il tempo della raccolta - ora è passato molto tempo - mi sembra sia stato dalla fine di agosto a settembre”. Mi spiega mia nonna che la pianta veniva completamente sbarbata, perché poteva essere usata anche la parte inferiore fino alle barbe ed essere, così, sfruttata al massimo. Si procedeva poi con l’essiccazione, dopo di ché veniva bagnata e poi essiccata nuovamente, stavolta al forno. Quando la canapa era pronta per l’inizio della lavorazione, si procedeva a “romperla” utilizzando, ad esempio, la costola della pennata, per sfibrarla; poi si procedeva con l’utilizzo delle asticelle, uno strumento che consentiva di rimuovere tutte le parti in eccesso e ottenere la stoppa. La stoppa veniva poi “pettinata” per ottenere così il grezzo – cioè la fibra più grossa - e il tiglio – termine utilizzato per indicare un prodotto più fine, di qualità maggiore. “Poi si doveva filà, giornate a filà quella canapa, si biasciava il filo, per farlo stare meglio insieme, e si filava”. “E quando avete smesso di lavorare la canapa?” “Era la metà degli anni ’50, quando si smise di fa’ i contadini. I padroni non volevano pagare il 55%, la quota sul ricavato ottenuta dai comunisti, e mandarono via tutti. C’è chi andò in paese, chi nelle grandi città come Milano”. “Ma come era fatta la pianta?” “C’erano i maschi e le femmine. Il maschio fa i semi e viene su come un alberino, con i rami; la femmina, invece, nasce a frusta. La femmina, per filalla, era meglio”. Io non riesco a crederci; lo so, ma mi sembra strano comunque; non che ci siano i maschi e le femmine nelle piante, voglio dire, ma perché questo mi conferma quello che sapevo e a cui non volevo credere, cioè che… ma cerchiamo prima un altro indizio: “E come erano le foglie?” “Le foglie erano lunghe e a punta, tutte attaccate alla base, come una mano”. Eh si, è proprio lei, non c’è niente da fare. La canapa è una pianta che non esiste più sul nostro territorio e in un bel pezzo del globo terrestre, non tanto perché non sia conveniente, quanto perché il suo uso è stato proibito. La canapa, o canapa indiana, è una specie, la Cannabis sativa, suddivisa in due sottospecie, la sativa e la indica. E’ una pianta erbacea a ciclo annuale con altezza variabile tra 1,5 - 2 m. Le foglie sono composte da 5 - 13 foglioline lanceolate, a margine dentato-seghettato, con punte acuminate fino a 10 cm di lunghezza ed 1,5 cm di larghezza. Le piante di canapa sono dioiche (c’è il maschio e la femmina) e i fiori unisessuali crescono su individui di sesso diverso. E’ una pianta che nasce a diverse latitudini, coltivata fin dall’antichità, che cresce anche su terreni difficili per altre piante industriali e dalla quale si può trarre fibra per tessuti, corde resistenti, olio combustibile, carta e medicinali: un portento della natura! Beppe Grillo, in un suo show, mostra un raro e vecchio video (anni ’30-‘40) in cui la Ford pubblicizza un’auto, la Ford T, che veniva alimentata con olio combustibile di canapa, aveva interni in canapa e la cui carrozzeria era fatta con una resistentissima plastica biodegradabile ricavata dalla canapa. La canapa è anche utile per la cura di varie malattie, patologie e problemi di salute, tra cui possiamo elencare: disordini del movimento, sclerosi multipla, glaucoma, asma, nausea e vomito, anoressia, spasticità e condizioni dolorose (in particolare dolore neurogeno). Ricordiamo anche che il “canape” del Palio di Siena è una corda resistentissima, fatta con la fibra della canapa che, ora che non è più utilizzata, è difficilmente sostituibile con corde di altro materiale per la lenta dinamica con cui cadono a terra, che mette a rischio i cavalli e i fantini.ù Come mai, allora, non se ne sente più parlare tranne vedere, magari, qualche asciugamano in un anonimo mercatino che vende oggetti esotici? La risposta è semplice ma anche sconcertante: le è stato cambiato nome! Ora si chiama marijuana ed è diventata una droga. Ma perché? E come? Va detto, innanzi tutto, che la cannabis può anche essere fumata. Esistono due sottogruppi o chemiotipi di canapa: uno contiene un enzima preposto alla biosintesi dei cannabinoidi, la CBDA-sintetasi - che contraddistingue la canapa destinata ad usi agroindustriali e terapeutici, e l’altro tipo contiene la THCA-sintetasi - presente nelle varietà di cannabis (indica) destinate a produrre prodotti psicoattivi e medicamenti. I preparati psicoattivi sono costituiti dalla resina e dalle infiorescenze femminili ottenute dal genotipo THCA-sintetasi. I cannabinoidi si trovano quasi solo nella resina che avvolge le infiorescenze della pianta. Con le infiorescenze seccate e triturate si fabbricano le sigarette di marijuana, mentre l'hashish è la resina allo stato puro, che può essere assunta anche per via orale. Le sigarette di marijuana danno una leggera euforia, che non fa perdere all'individuo il controllo del proprio comportamento, mentre l'hashish provoca effetti allucinogeni. Va sottolineato che non è possibile distinguere un tipo di canapa dall'altro in base alle caratteristiche fisiche della pianta. Per sapere con certezza se contiene molti o pochi cannabinoidi sono necessarie delle analisi chimiche. Ma vediamo come è stata fatta sparire. Negli anni ’30 del secolo scorso, i nascenti gruppi industriali americani puntavano soprattutto allo sfruttamento del petrolio per l’energia (Standard Oil di Rockefeller), delle risorse boschive per la carta (l’editore Hearst), e delle fibre artificiali per l’abbigliamento (Dupont con i suoi marchi originali nylon, teflon, lycra, kevlar). La canapa rappresentava un avversario di mercato potentissimo, e i suddetti personaggi si unirono per formare un'alleanza sufficientemente forte per batterlo. Partì quindi un'operazione mediatica di demonizzazione, grazie ai giornali che Hearst (è il famoso personaggio di Citizen Kane/Quarto Potere, di O. Wells) possedeva praticamente in ogni grande città. La canapa, divenuta marijuana, fu chiamata “droga del diavolo”, “erba maledetta” ecc.; circolavano manifesti con scritte del tipo “Se il mostro Frankenstein incontrasse il mostro della marijuana cadrebbe a terra morto”. Il cinema di Hollywood contribuì alla creazione del clima di criminalizzazione dell’ “erba” con film come “Marijuana: assassina di giovinezza - Un tiro, una festa, una tragedia”. Fu in questo scenario che venne varata negli Stati Uniti una legge che rese la cannabis illegale: il famoso "Marijuana Tax Act" del 1937, tuttora in vigore. Pare che i tre quarti dei senatori che approvarono la legge, non sapessero che marijuana e cannabis fossero la stessa cosa. Negli anni successivi, il divieto passò anche in Europa. Tale proibizione venne a vantaggio del consorzio tabaccai, che poté colmare il “vuoto di mercato” con un prodotto più dannoso della cannabis stessa: il tabacco. A distanza di decenni e nonostante gli innegabili riscontri positivi, la cannabis non viene ancora legalizzata nemmeno per uso medico: la canapa indiana, infatti, alle dosi tipiche della canapa fumata, è anche una importantissima pianta medicinale. La conoscevano per le sue proprietà farmaceutiche gli antichi egizi, gli indiani e i cinesi. Una testimonianza di grande impatto emotivo è fornita da una donna di mezz’età, Elena, affetta da sclerosi multipla, che si cura fumando marijuana (servizio di ‘Corti di Cronaca’ di Rete 4 recuperabile su Youtube: “L’erba di Elena”). Quando Elena fu scoperta con delle piante in casa rischiò la galera, ma, grazie alla dottoressa che ancora si occupa di lei, si è salvata; successivamente, per non procurarsi “l’erba” illegalmente, la donna ha dovuto assumere farmaci che contenevano estratti della cannabis o utilizzare delle foglie della pianta, prodotte da case farmaceutiche, costosi e di difficile reperibilità, senza però ottenere gli stessi giovamenti e risentendo, invece, di effetti collaterali. Queste difficoltà hanno condotto Elena al triste epilogo di doversi rifornire di nuovo, per la sua cura, al mercato illegale. Il proibizionismo totale della cannabis ha portato anche ad un recente fatto di cronaca che vale la pena raccontare e cioè all’arresto di un falegname di Pietralunga, Aldo Bianzino, a causa della coltivazione di canapa indiana nel suo orto. Aldo è finito in cella di isolamento nel carcere di Capanne ed è morto poco dopo in seguito a percosse. Mi sembra doveroso riflettere sul fatto che la sorte di questa persona è stata decisa dal divieto di coltivazione di una pianta che cresce in natura e che i nostri nonni lavoravano. Una pianta di cui, come sappiamo, non è possibile sapere quanto sia psicoattiva, se non con analisi chimiche; una pianta miracolosa e economica, che tutti potevano sfruttare e da cui si potrebbero ancora ricavare innumerevoli cose. Un prodotto della natura proibito e demonizzato. Sembra quasi un racconto di fantasia/fantascienza/horror, invece no, è la cronaca dei fatti; è il risultato del mondo gestito dal mercato dove, se dà fastidio, è possibile proibire una pianta che nasce in natura! Così ragionando, si potrebbe anche vietare la nascita dell’Amanita pantherina, dato che si tratta di un fungo mortale, ma la cosiddetta “guardaporcini” non fa concorrenza a nessuno, per sua fortuna. “Capito nonna, coltivavi la droga”. Mi viene da ridere… amaramente. “Mah!? Noi che se ne sapeva? Ci si faceva il filato… e io la biasciavo anche!”. Ride anche lei. “Ah,
non ti preoccupare, se non fumavi le foglie non fa nulla, e anche se le
avessi fumate…”. Lo Spredicatore ………………………………... Biblio
e Filmografia: http://it.wikipedia.org/: Enciclopedia:
Cannabis. http://it.youtube.com/ : Video: Beppe
Grillo, “Canapa
& Energia” http://it.youtube.com/ : Video:
Servizio ‘Corti di Cronaca’ di
Rete4, “L'erba di Elena” http://it.youtube.com/ : Video della
Ford T: “cannabis hemp dot info episode 2”
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