MURLOCULTURA n. 3/2009


Sullo addomesticamento
de li topi


Narrazione non di gran solazzo e spasso, ma suopra tutto di moralità ed istruzione assai, che si puote narrare a li bimbi, per le feste, ed alle veglie co’ li amici

di Nicola Ulivieri
Associazione Culturale di Murlo
Torna all'indice


Proemio

Lo racconto che mi appriesto a contarvi è lo medesimo che mi fue narrato da taluno personaggio lo quale fue testimonio de li eventi che io mi perito di riportarvi in veritate ed esattissimamente così come li seppi. Perdonerommi Lorsignori e Lordame de lo mio linguaggio semplice e di antica fattura, e perdonerommi li errori e gramatica pure de la lingua italica. Ma ciò in cui falla lo mio racconto in forma de lo scrivere, possa esso compensare ne lo insegnamento e nello costume. Ecco adunque l’istoria veritiera de lo addomesticamento de li topi, come avvenette ne lo villaggio de lo Vescovato di Murlo in die non troppo passati.

L’istoria

Madonna Edica se ne veniva a lo suo paese, in quel di Vescovato di Murlo con il di lei carro. Ne lo mentre menava lo carro per la via, ella vagheggiava con li suoi pensieri a li esperimenti sulli topi che ella medesima curava alla Universade Animalae Docet.  Era giorno di gaudio per sor Edica, poiché fue in tal giorno che alfine lo suo esperimiento terminossi con maraviglioso risultato e di grande concetto.

Madonna Edica aveva appruontato uno piccolo labirinto per li topi che era di legno e portava uno coperchio di vetro  suopra fatto ad’uopo e v’aveva posto uno pezzo di cacio ad uno punto nascosto dientro a lo labirintio. Lo topo, avviato ne lo percorso, comincia tosto la cerca dello cacio adoprando lo suo buono fiuto, e dopo uno poco lo trova e se lo magna. Lo esperimento prosuegue die e die financo che si decide di levare lo vetro che fa da coperchio.

Con grande maraviglia de lo esperimentatore, lo topo che si è ora avvezzo allo scorazzare  per le viuzze de lo labirinto, non fa abbreve lo percorso zompando sopra li divisori, non essendo vieppiù lo vetro di impiccio, ma prosuegue bono bono per le viuzze. Questa esperientia è di grande stupore ed istruzione per le genti e non deve guardarsi come spasso per la condotta de lo povero sorcio. Anche perché lo bello deve avvenire. Madonna Edica volle pruovare ne li giorni appresso se le pareti pure erano toglibili e così fece. Cavò adunque li divisori de lo labirinto e disegnovvi al di loro luogo delle  striscine bianche. Con più grande maraviglia ancora e stupore alquanto, lo topo, che pure poteva agguantare lo cacio con uno balzo soltanto, ecco che allo contrario, esso non si perita di traversar le righe ma gira per le viuzze a lo medesimo modo che apprese nello labirinto. Ne lo mentre Madonna Edica rimembrava con allegrezza lo successo de lo suo studio, dopo aver montato per la via dello Leccino, trovossi ne lo paese e apprestossi a voltar per via dei Macelli, onde ella smaniava di acquistare cacio ne lo negozio di Napoleone. Con gran maraviglia, sora Edica ritrovossi uno cartello rosso con bella riga bianca in piano che intimava a li guidatori di non trapassare innanzi. La via era divenuta a unico senso, e nello senso inverso a quello che la donna era adusa a pigliare. Poscia scese per la via della Chiesa, dove lo nuovo stradario voleva che si isse e scese appresso per lo paese financo lo Municipio. Nello Municipio v’era lo stemma de lo Comune di Murlo dove due grossi topi si poggiano ad una torre. Sora Edica s’era sempre interrogata sullo perché di questo emblema colle villan bestie, e ne lo mentre osservava lo symbolo de lo suo comune e rimembrava nuovamente con grande gaudio lo suo esperimento co li ratti, sembrogli che una grossa coda di gatto passasse ratta dietro una finestra de lo municipio. Invero molto strano che uno gatto fusse lae, dove lo popolo non sapeva però più chi vi stasse e vi lavorasse, poiché sempre ogni uffizio era chiuso.  Li suddetti pensieri distrassero la tapina da lo nuovo viare tanto che ritrovossi per la circonvallazione che riporta a tramontana, fuori da lo paese.

Madonna Edica arrabbiossi ed allo paese non fè ritorno, ma andiede a  far compere a lo vicino villaggio che ha nome Monte-Ruoni. Colà, si recò allo piazzale de la fiera ove si truovano le mercatie tutte e ove vi è uno grande spiazzo che fue fatto per lasciare li locomotori, li carri et le bestie puranco. Ad uno de li banchi, quello de lo mugnaio, Edica incontrovvi mastro Babuccio da Murlo, anche lui venuto a la fiera di Monte-Ruoni per la medesima inconvenienza occorsa ne lo tentare di condurre lo suo carro per lo nuovo viare del Vescovato. Mastro Babuccio contò a suor Edica che allo mattutino, egli vuoleva ire per comperare farina ed altre cose mangiative nello paese di Vescovato, ma trovossi sperso a menare lo carro per li nuovi sensi unici e  strade rotative e girare e girare senza truovare uno solo loco per sostare, e quando lo truovava, lo vedeva siempre, per sfortuna malidetta,  cuaranta passi addietro che manovra non poteva fare, ma girare di nuovo tutto lo borgo. Fue così che anche ad esso andiede lo sangue a la testa e se ne partì per Monte- Ruoni. Ne lo tempo de lo racconto di mastro Babuccio, ecco giugnere a la fiera altri compaesani da lo Vescovato, e tutti contarono lo medesimo tormento dello nuovo viare e tutti erino belli nervosi alquanto. Chi aveva fallato un senso, chi un altro, chi una rotativa e nessuno fue bono di fare una compera che fosse una, così che se ne fuggirono fastiditi e con mali accidenti verso li misteriosi autori dello Municipio. Edica rammentossi de lo suo bono esperimento su li topi e narrollo a li compaesani che rimasero stupefatti molto assai. Mastro Babuccio sentenziò che lo nuovo viare de lo Vescovato era come lo esperimento su li topi e, a continuare a seguir le righe, esso disse che si rischiava di divenir topi pure loroaltri tutti, e nessuno se ne rise ma molto li genti si incupirono. Così con questi ragionamenti venne la sera e tutti raccontarono le loro istorie e quando gli animi alterati si calmonno, ogniuno si accomiatò e tornò a la propria magione e familia.

Ma ne li giorni sequenti le istesime tribolazioni de lo viare in tondo per lo paese co li sensi unici, fèero imbufalire sì tanto le genti che quasi ogniuno se ne andiedero a la fiera di Monte- Ruoni e mai più ritornonno a lo Vescovato.

Onde avvenne che lo paese de lo Vescovato di Murlo se ne rimase con pochissime genti e sempre e ancor meno financo anche ché li negozi tutti se ne girono o caddero in bancarotta. Neanche passò uno lustro che lo borgo si fìe diserto e per le vie se ne ìvano suolamente grossi sorci, ma di cristiani niùno.

Si narra ora che quegli pochi sorci che si trasciano ancor ora per lo villaggio sìino in realtà li ultimi villani rimastesi nello Vescovato che mutossi in topi a furia di seguitare a menar dietro le striscie de li sensi unici. E si conta altresì che nello Municipio vi si truovavano invero grossi gatti che altro non erino che li vecchi impiegati ancheloro tramutatosi in felini, che con l’adestriamento de li popolani, fèero sì da mutalli in topi e cibassi di essi a piacimento.

Ecco, questa è l’istoria che in veritate mi fue contata da uno di quelli che se ne irono da lo paese di Vescovato in tempo per non diveìre sorcio anchegli. Invero io non sae se questi era salvo per tutto lo suo corpo perché quando si congedette da me e si voltiede, paremmi di vedere una lunga coda che si parava sotto lo suo mantello. Ma di più non vidi e non so. Fine.

 

Nicolau de la Spredica

Post scriptum: qualcheduno narra pure che uno die, li topi fèrono una  adunanza e decidettero di entrare nello Municipio. Così fùe, e in gran numero, presero li gatti e li spolponno. Fùe dunque che li topi tornonno novamente genti come prima e lo villaggio uno normale e vitale borgo… ma questa ultima istoria, io trovo difficile a credere.

 

 

Il Commento della Redazione

Satira:

"Genere letterario in cui l’autore si propone di descrivere e giudicare persone, situazioni e costumi a lui contemporanei, che vanno dall’ironia pacata e discorsiva fino allo scherno, all’invettiva o alla polemica più acre, con l’intenzione didattica e moralistica, di denunciare i vizi, le cattive e frivole mode, le false opinioni, ecc.
Comparsa in origine in versi, raggiunse nella letteratura latina la forma definitiva con Lucilio (II secolo a.C.) e la sua espressione più alta con Orazio, Giovenale e Persio.
Nell’Ottocento coinvolge forme non tradizionalmente letterarie come il giornalismo, il disegno e il teatro riferendosi spesso a situazioni di attualità politica e di costume. Nel Novecento ottenne la propria forma specifica mescolandosi con la narrativa, il teatro, il saggio e proponendo una rappresentazione grottesca della realtà" (*)

Una risorsa di straordinaria efficacia che, evidenziando i limiti e i difetti del potere, riduce gli effetti degli strumenti di cui spesso si serve per mantenere il consenso: la retorica, il populismo e l’arroganza. Quasi mai repressa, tranne in regimi dittatoriali, la satira è tollerata e qualche volta anche vista di buon occhio poiché oltre a rappresentare un raggiunto indice di maturità democratica della collettività, serve da stimolo a ben operare con scelte appropriate e intelligenti.
Nella gustosa e bertoldesca storiella, i recenti avvenimenti finalizzati alla razionalizzazione del traffico nei centri urbani del nostro comune servono da spunto per poterla realizzare. Anche il linguaggio ridondante usato da Nicola in veste di narratore, fa tornare alla mente quello da “Armata Brancaleone” ove lo sfoggio di italiano maccheronico deve considerarsi tutt’altro che casuale.

(L.S.)

(*) Grande Dizionario della Lingua Italiana. Vol. XVII pag. 594– III col.– UTET– Torino 1994

 

Torna su