MURLOCULTURA n. 3/2010 | ||
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Il pane: tutti lo consumano, ma ben pochi lo conoscono. Una storia affascinante e misteriosa che non cessa mai di stupire Pane, Amore e Celiachia di Nicola Ulivieri |
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Alcuni
giorni fa, pensando - chissà perché - al modo di dire “sei buono
come il pane”, mi tornò in mente quando, fino a poco tempo
fa, mia nonna lo faceva nel forno a legna. Era una bella
soddisfazione aspettare il pane appena sfornato per poi affondare le
dita per primo nella crosta ancora rovente per strapparne un pezzo,
vedere la nuvoletta di umidità che si liberava dalla ferita inferta
al pane, annusarne la fragranza e poi giù, un bel morso e ancora un
altro. «Prendi una ciotola, ci metti circa 1 chilo di farina e ci versi mezzo litro di acqua tiepida in cui hai fatto sciogliere prima un lievitino di birra. Aggiungi anche un pizzico di sale e, se vuoi, 1 o 2 cucchiai di olio. L’acqua va aggiunta piano piano mentre si impasta con le mani finchè non ottieni una palla di una consistenza né troppo dura né troppo morbida. Per la farina non c’è una quantità precisa, dipende da quanta ne prende. L’impasto va messo poi in una ciotola, coperto da un panno e tenuto un’oretta in un posto non freddo; poi una volta lievitato, si divide in panetti (attenzione a non strappare troppo l’impasto per non fermare la lievitazione) che si mettono a lievitare per un'altra ora. A questo punto si possono infornare a circa 200-230°C per 1 ora e il pane è fatto. Dopo la prima mezzora in forno è però consigliabile girarlo, per far cuocere bene anche la parte inferiore». Ma
ricordo che, da piccolo, trovavo un pezzetto di pane indurito dentro
la madia, nascosto dentro la farina: “Cosa era?” La "madre" Seguendo
le indicazioni faccio le mie due pagnotte aggiungendo in una anche i
semi di sesamo e mi vengono una meraviglia.
La
farina di tipo 2 può essere preferibile alle altre perché
meno raffinata e quindi più ricca di vitamine, sali minerali, fibra,
proteine, e anche gusto e sapore. Nella farina bianca, i moderni
processi industriali tolgono molti di questi nutrienti e la
degerminazione (eliminazione del germe del grano) la priva anche
della parte più ricca, contenente vitamina E, che renderebbe
però la farina più deperibile. Si ha quindi un prodotto più
conservabile ma meno ricco, a tutto svantaggio del consumatore che
dovrà integrare nella sua dieta le sostanze mancanti con altri
prodotti. E' interessate sapere che la vitamina E (o tocoferolo)
è un nutriente vitaminico essenziale e vitale per l'uomo, un potente
antiossidante presente in molti vegetali, nella frutta, nell'olio di
canapa, nell'olio d'oliva e soprattutto nell'olio di.germe di grano. Spiga di Triticum aestivum o grano tenero [2] A questo punto la curiosità è troppa e, senza aspettare l’infornata del pane, torno a casa per chiedere a mia nonna di raccontarmi come lo producevano ai suoi tempi, iniziando dalla cosa che mi ha colpito di più: “Ma è vero che prima il grano era più alto?”. «Si si, prima era più alto. Si seminava la specie…mi ricordo il Frassineto, poi c’era un altro… forse il Gentilrosso, ma non sono sicura. Il grano più basso venne, se non sbaglio, intorno agli anni ‘60». “E la raccolta la facevi a mano?”. «La raccolta a mano ci sarà stata, mi sembra fino ai primi del 1900, poi venne la falciatrice; la tiravano i bovi, c’aveva una lama lunga che, quando passava tagliava il grano e faceva la "manna", il monte del grano insomma. I contadini, dietro, prendevano le manne e ci facevano la "mucchia", una specie di pagliaio con tutte le manne in cerchio con i chicchi del grano rivolti verso il centro. Poi, finito di tagliare, si caricava tutto nel carro e si "carrava", cioè si portava tutto nell’aia e si faceva la "mucchia grossa", impilando tutte le manne in due file belle alte. A questo punto veniva la trebbiatrice e dalla cima della mucchia grossa si iniziava a buttarci il grano dentro e la trebbiatrice separava la lolla, il grano e la paglia. Mi ricordo una volta che passavo dalla mucchia alla trebbiatrice, trovai il vuoto…feci un volo di 2 metri; se mi prendevano le cigne unn’ero qui a raccontallo!». “E quindi la raccolta del grano tagliato e la mucchia le facevate sempre a mano?”. «Prima sì, poi, dopo il Fronte, mi sembra, sarà stato intorno al ’50, venne la mietilega, che tagliava e legava anche il grano. Poi venne la mietitrebbia e quella faceva tutto: tagliava, separava il grano dalla lolla e dalla paglia e li lasciava nel campo». “Come, non la usavate più la paglia?” «No, ormai gli animali non si tenevano più e la paglia non serviva più» "E dove lo facevi macinare il grano?" «Noi si portava lì dietro il Circolo (di Vescovado di Murlo (SI), ndr), lì tra Beatrice e Nello, c'era il mulino prima.» “Ah si? Lì dietro c'era un mulino? E come funzionava?” «Era del nonno di Nello…mi sembra sia stato a corrente. » “Ma facevi farina integrale?” «No, da che l’ho visti io i mulini facevano sempre farina bianca…macinava il grano e poi si doveva separare con la staccia la semola, cioè la crusca, e poi ancora, con la staccia più fina, si separava anche il semolino. Quella che rimaneva era la farina. E comunque un po’ di crusca al grano si levava anche prima di portarlo a macinare» “Ma il mulino era a pietra?” «Si si, era a pietra; poi c’era anche questo quaggiù alla Crevole, sotto Lupompesi, ma quello non so di chi era e se era sempre in funzione quando si macinava noi. Noi non ci siamo mai andati. Bisognava chiederlo al tu’ nonno Vittorio, lui lo sapeva di sicuro, ma ormai…». Tutte queste cose mi hanno messo una discreta curiosità e la voglia di studiarmi un po’ di storia della produzione del grano e del pane; inoltre - visto che conosco sempre più persone affette da celiachia (intolleranza al glutine) - non posso non approfondire l'argomento legato alle problematiche per la salute, e che sembrano legate alle tecniche moderne di raffinazione delle farine, alla lievitazione troppo rapida, alle specie di grano, quelle modificate come il Creso o altre selezionate per avere grandi produzioni e alto contenuto di glutine, ecc. Ma di tutto questo ne parleremo nel prossimo numero. Per ora notiamo che dietro un semplice pane ci sono davvero tante cose da sapere e, più che altro, da riscoprire perchè stiamo davvero perdendo il contatto con la realtà, con quello che mangiamo, con la nostra storia e le conoscenze di base. Ma oggi, questo panino fatto da me con farina tipo 2, macinata a pietra, oltre ad essere ottimo, ha davvero un significato particolare. Nicola lo Spredicatore
Fonti citate o consultate [1] N.Ulivieri, “La Pianta Proibita”, MurloCultura, n. 3 anno 2008 [2] Frumento, Lievito naturale, Triticum aestivum, Triticum durum, Saccharomyces cerevisiae: http://it.wikipedia.org/ [3] http://www.mednat.org/alimentazione/grano_storia.htm
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