MURLOCULTURA
n. 5/2008 |
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PERCHE’ CONTINUANO A COSTRUIRE LE CASE E NON LASCIANO L’ERBA? Scrivo poche settimane dopo esser tornato da un viaggio in Madagascar e pochi giorni dopo un ritrovo con vecchi amici di viaggio nella periferia di Como. Di ritorno nelle “mie terre” mi sono reso conto che queste due esperienze, a breve distanza, mi facevano percepire un contrasto forte e sgradevole; due realtà che, in qualche modo, mi dicevano molto di un territorio come il nostro: in particolare come eravamo e come saremo, il passato e il futuro, un luogo felice e incontaminato popolato da persone gioiose e un luogo frenetico, grigio, senza possibilità di ritorno con genti sempre più ostili e asociali. Due opposti fra cui noi, per ora, ci troviamo in una situazione intermedia. A dirla tutta, anche il Madagascar non è più il luogo idilliaco descritto nelle pubblicità dei viaggi, ma una terra anch’essa avviata verso la distruzione, in cui foreste con una diversità di flora e fauna incredibile sono relegate in pochi parchi e, per il resto, hanno lasciano spazio a monoculture di riso e eucalipto, per dare sempre più cibo e legname ad una popolazione in crescita e ad aziende che la sfruttano. In questa esperienza, sono stato colpito dalla visita di una foresta pluviale, non tanto per la flora e fauna particolarissimi (lemuri, camaleonti ecc.) - anche per questi, ci mancherebbe - ma per il fatto che nella foresta pluviale… piove! Sì, sembra una cosa banale, ma non lo è. A pochi chilometri di distanza, lasciato il parco, in una zona a prevalenza di eucalipti e campi aridi… non piove, ed è sempre così. Una cosa che non viene spiegata mai bene, infatti, è che foreste e pioggia sono in simbiosi: non esistono foreste solo perché c’è la pioggia ma entrambi ci sono perché gli alberi e le piante trattengono molta umidità che rilasciano nell’aria. Da non molto è stato addirittura scoperto che nella foresta amazzonica esistono degli alberi che, dopo giorni in cui la pioggia tarda a venire, rilasciano del polline nell’aria che provoca l’addensamento di particelle d’acqua e quindi la pioggia. La richiedono a piacimento, anche se inconsapevolmente! Ma se si distruggono molte piante, si rischia di influire sul microclima ed è una cosa da tenere sempre presente, non solo per una foresta tropicale, ma anche da noi. Se il clima diviene più arido, addio piogge, addio bosco, addio acqua nei torrenti, nei pozzi, addio pesci… e magari addio funghi! C’è molto da riflettere sul fatto che, nonostante tutte le attenzioni richieste ai cercatori di funghi, si possa invece tagliare tranquillamente un bosco fino a lasciare solo 80 esili alberelli per ettaro in piedi, come succede sempre più spesso nel nostro territorio, con il benestare della legge. Ma torniamo alla seconda parte di questa mia “esperienza”. Vicino a Como, sono ospite di un mio amico proprietario di un pub, che mi porta a vedere il famoso lago; per percorrere 10 km impieghiamo oltre mezzora ma non per lavori in corso… è la norma. Rispetto al Madagascar, in cui il traffico non è certo un problema, è una sensazione davvero da incubo. Quasi tutto il nord è così. Ma il lago di Como mi riserva un’ancor più triste sorpresa: il “progresso” (termine olistico usato come fumo negli occhi per nascondere invece la deriva verso un rimbambimento collettivo da orgasmo da costruzione) prevede che sul bordo del lago venga costruito un meccanismo per il contenimento dell’acqua che, una o due volte l’anno, esonda inondando al più qualche piazza. Questo prodotto dell’ingegno umano coprirebbe la vista del lago ad ogni turista e visitatore, distruggendo il motivo stesso della visita alla città e il suo immenso valore paesaggistico. Rimango scioccato. La sera, al pub, alcuni frequentatori, sapendo che vengo dalla Toscana, luogo ancora mitologico nell’immaginario di molti, mi chiedono che ne penso del posto dove vivono: “E’ brutto qui vero?”, mi chiedono. Senza mezzi termini, rispondo che è molto peggio che “brutto”: è triste; ma devo purtroppo aggiungere che anche noi ci stiamo avviando sulla stessa strada, in una sorta di autodistruzione. E mi viene da pensare che sarebbe un buon metodo di istruzione, per molti dei nostri amministratori, far loro passare un paio di mesi in quei luoghi affollatissimi, dove non si vogliono extracomunitari, ma si costruisce ovunque, anche se figli non se ne fanno (e chi ci abiterà quindi in quelle case?); lo stesso tipo di esperienza che fa comunemente un ricercatore che passa un periodo del suo contratto a lavorare all’estero, con un gruppo straniero con più esperienza. Non lo penso come punizione ma come seria esperienza, vissuta sulla pelle, per vedere cosa succederà andando verso quella strada, che è già stata intrapresa togliendo campi di olivi e giardini per sostituirli con strade e fabbricazioni, costruendo rotonde ultra-illuminate vicino ad un borgo storico mal-illuminato, spendendo per marciapiedi e cambio di viabilità in un paese di provincia che non ha mai visto ingorghi, restringendo le sale comunali rendendo impossibile una riunione in più di 30 persone, sopprimendo il significato stesso di sala comunale. Quali benefici ne otteniamo noi abitanti? “Eh no, se andiamo avanti così, chissà come si farà?!” (Il ragazzo della via Gluck, A.Celentano, 1966). D’altra parte lo stiamo già vedendo cosa succede a costruire, a far crescere la popolazione: un esempio è via Massetana a Siena la mattina e la Cassia ormai intasate da code interminabili che tra poco non saranno diverse da quelle della tangenziale di Milano dove la gente si fa ogni giorno ore di fila; è questo il progresso? E’ davvero necessario che la popolazione cresca? Forse nessuno sa che la densità di popolazione in Italia è tra le più alte d’Europa, con 200 abitanti a km2; la temuta Cina ha solo una densità di 133 persone/km2!! In Spagna ce ne sono meno di 90/km2 e in alcune nazioni come la Svezia solo 25 persone/km2 e la loro economia non si può certo dire che abbia i problemi della nostra. Per conoscenza citiamo anche gli Stati Uniti con soli 31 abitanti/km2. Una volta sentivo fare questi discorsi ai vecchi, ora invece sono seriamente preoccupato per il mio territorio, ma più che altro perché ho la sensazione che questi problemi non siano sentiti o siano percepiti come inevitabili. Sarà perché le persone possono sapere e credere solo ciò che dice la tv - se non hanno la possibilità di provare sulla pelle importanti esperienze - o perché l’unica cosa che conta è che siamo CAMPIONI DEL MONDO? (ma solo fino al 2010). Lo Spredicatore PS:
Questa mia “sofferenza” è all’origine di un raccontino fantasy,
ambientato nel 2050 a Casciano di San Fortunato (ex-Murlo): se vi va,
leggete “E’ futuro” su www.nicolaulivieri.com.
Vorrei anche aggiungere che affinché questa lettera non sia vista come
una sterile polemica, mancante di suggerimenti propositivi, rendo noto
a proposito di scambi di esperienze e di informazioni utili per i
nostri amministratori, che esistono diversi comuni, in Italia, che
hanno come obiettivo il 100% di riciclaggio dei rifiuti e l'autonomia
energetica, grazie all'utilizzo di fonti alternative e non inquinanti,
come il solare. Sono i Comuni Virtuosi e trovate tutte le informazioni
in questo sito: www.comunivirtuosi.org . Alcune informazioni dettagliate sugli obiettivi raggiunti da alcuni comuni si trovano anche sul sito di Beppe Grillo (www.beppegrillo.it), cercando “Comuni a 5 stelle”. La risposta della Redazione Sul problema sollevato dallo “Spredicatore”, ed in particolare sulla corsa al “mattone” degli ultimi anni, abbiamo speso diverse parole su Murlo Cultura e ci fa piacere che anche i lettori sentano l’esigenza di parlarne e la voglia di dare soluzioni alternative per lo sviluppo del nostro territorio. L’aumento di case e rotonde nel nostro Comune, a scapito delle ultime aree agricole periurbane rimaste a testimoni del passato, è purtroppo una tendenza comune a tutta l’Italia, che ha scatenato per fortuna un gran dibattito in questi ultimi anni. Sempre più persone infatti, e non solo le associazioni che tradizionalmente si sono occupate di questo tema, sentono la necessità di proteggere il paesaggio in cui vivono, e che si vedono portare via giorno per giorno a pezzetti più o meno piccoli, fino a vederselo scomparire da sotto gli occhi in pochi anni. Da un rapporto del CRESME si legge che negli ultimi 10 anni in Italia si sono costruiti3 miliardi di metri cubi di edilizia residenziale, pari a circa 10 milioni di case, capaci di ospitare 30 milioni di abitanti [1]. Questo enorme numero non si giustifica certo con la reale necessità di alloggi che, anche se ultimamente aumentata per l’immigrazione e il cambiamento dei nuclei familiari (ci sono più single e nuclei familiari piccoli rispetto a prima) non ha di certo raggiunto questi numeri. In ogni caso, questa grande disponibilità di case non si è tradotta in una maggiore facilità per gli italiani di comprarsene una, dato il vertiginoso aumento dei prezzi che c’è stato nell’ultimo decennio e la quasi scomparsa dell’edilizia pubblica. All’edilizia residenziale ci sono poi da aggiungere le zone artigianali e industriali, le strade, gli aeroporti ecc. ecc. Nella sola Toscana, dal 1990 al 2006 se ne è andata sotto il cemento una superficie di suolo (in buona parte agricolo e di alto valore paesaggistico) pari a17.000 ettari [2], equivalente, per avere un’idea, a circa una volta e mezzo la superficie del Comune di Murlo. A leggere queste cifre, ci pare impossibile che vengano rispettati i decantati principi dello sviluppo sostenibile che ormai fanno da cardine (spesso solo a parole) degli atti di pianificazione. Lo sviluppo sostenibile, inteso nella sua accezione originaria, prevede dei limiti di uso delle risorse oltre i quali non è più sostenibile, ma di questi limiti non si parla mai... Oltre al suolo, un’altra risorsa spesso trascurata è quella idrica: nel 2007 il fiume Ombrone ha avuto il70% in meno [3] della portata del decennio precedente ma si continuano ad autorizzare campi da golf (e relativo edificato “necessario” agli ospiti) annaffiati “sostenibilmente” con i laghetti artificiali, che però a guardar bene vengono riempiti (visto che piove sempre meno) con l’acqua dell’Ombrone, a scapito dell’ecosistema fluviale e dell’agricoltura... Queste cifre sono punti fermi sui quali i nostri amministratori dovrebbero di norma calibrare e adattare lo sviluppo del territorio amministrato, ma alla fine sono sempre le logiche economiche che guidano le scelte. Si tratta però di benefici economici di brevissimo periodo e poco lungimiranti, che precludono o rimandano a data da definirsi la realizzazione di un vero e duraturo sviluppo sostenibile. Dispiace come tutte le nuove case costruite finora nel Comune di Murlo (stesso discorso vale purtroppo per quasi tutto il territorio senese) non abbiano avuto l’obbligo, come minimo, dell’installazione di pannelli solari e di cisterne per l’accumulo di acqua piovana (nonostante gran parte siano state dotate di relativo giardinetto) andando così a gravare ulteriormente su risorse già limitate come i combustibili fossili e l’acqua delle falde sotterranee o, peggio, dell’acquedotto. Invece di considerare prioritario l’aumento dei residenti e la “necessaria” urbanizzazione, non sarebbe forse meglio mantenere la vera ricchezza del territorio: storia, identità, natura, tranquillità, qualità della vita, cioè quanto si aspetterebbe di scoprire chiunque arrivi a Murlo per la prima volta? B.A. Fonti dei dati citati: [1] Gazzetta Ambiente, n. 3/2008, Editore Colombo. www.gazzettaambiente.it e CRESME-Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio. www.cresme.it [2]
Dato ricavato da un recente studio dell’IRPET (Istituto Regionale
Programmazione Economica della Toscana) per la Regione, da considerare
come sottostimato poiché rileva, tramite satellite, solo i nuclei di edificato maggiori di 5 ettari). www.regione.toscana.it [3] CFR-Centro Funzionale Regionale della Toscana. www.cfr.toscana.it |
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