MURLOCULTURA n. 5/2011 | ||
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LA FAGIOLA DI VENANZIO Un
viaggio tra prodotti autoctoni e biodiversità per capire
l’importanza di Nicola Ulivieri - www.nicolaulivieri.com |
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In
un periodo in cui si sente parlare continuamente di Spread, Btp,
Bund, Pil e default economico, viene da chiedersi per quale motivo la
sorte di alcune nazioni e della nostra vita debba essere decisa da
queste incomprensibili e “intangibili” parole. La sicurezza non
dovrebbe essere sempre data dai terreni coltivabili e dai loro
prodotti? Forse è bene che la nostra civiltà riveda i propri
criteri economici e per dare il buon esempio, in questo articolo,
torniamo con i piedi per “terra” andando alla scoperta di notizie
che ci arricchiranno, se non nel portafoglio, almeno, spero,
nell’animo. In particolare, cerchiamo di scoprire il valore di
alcuni semi del nostro territorio a cui non abbiamo mai dato la
giusta importanza, partendo da alcune utili notizie.
Pochi
mesi fa, partecipando ad una iniziativa che prevedeva dialoghi dal
vivo tra il premio Nobel Dario Fo e Carlo Petrini (fondatore di
Slowfood) ed incontri con produttori e pescatori locali umbri, ho
conosciuto la storia della roveja [1] raccontata dalle loro
"scopritrici" che mi ha permesso di comprendere alcuni dei
tanti aspetti che danno importanza ai semi e alle piante autoctone.
La roveja, o pisello dei campi (Pisum arvense), è un legume
che, nei secoli passati, veniva coltivato su tutta la dorsale
appenninica umbro-marchigiana, ed in particolare sui monti Sibillini,
dove i campi si trovavano anche a quote elevate. E' un tipo di
pisello che cresce tuttora in modo spontaneo nei prati e lungo le
scarpate. Il declino della sua produzione inizia nella seconda metà
del XX secolo, con la maggiore redditività di altre colture e
l'introduzione dei mezzi meccanici in agricoltura. La sua riscoperta
si deve a due donne di Civita di Cascia (Umbria) che nel '98 ne
ritrovarono un barattolo nella cantina di una loro casa danneggiata e
abbandonata dopo il terremoto del '79. Dopo aver piantato i semi ed
iniziata una piccola produzione per autoconsumo, le due donne
riescono a suscitare l'interesse di Slowfood che riconosce
l'importanza caratteristica della pianta e ne fa uno dei suoi presidi
[2]. Negli ultimi anni la roveja ha raggiunto una certa fama e, da
pianta sconosciuta, è divenuta un legume ricercato che riesce anche
a dare impulso all'economia locale. Questa storia ci dà una chiara
idea di quanto sia importante conservare ogni aspetto delle proprie
tradizioni, anche attraverso semplici semi e in ogni loro varietà
tipica del luogo di origine, non solo per un fatto culturale ma anche
economico e di protezione della specie. Si pensi anche ad altre
varietà di ortaggi, legumi ecc. che sono divenuti prodotti tipici e
hanno raggiunto una certa fama: la lenticchia di Castelluccio, la
cipolla di Certaldo, la fagiolina del Lago Trasimeno, per non parlare
dei vitigni che sono l'orgoglio della Toscana, dai quali si ricavano
vini pregevoli. Dimentichiamo
ora questi tragici scenari apocalittici e torniamo nel nostro
territorio di Murlo cercando, nel nostro piccolo, di riuscire a
scoprire se anche noi abbiamo qualche pianta autoctona dimenticata o
alcune sementi uniche e importanti da conservare. A tal proposito, lo
scorso 27 agosto, il prof. Ciacci, archeologo dell’Università di
Siena, ha esposto un progetto di studio che potrebbe portare proprio
alla scoperta di una vite originaria del nostro territorio,
risalente al periodo etrusco [22], studio dal quale attendiamo
speranzosi interessanti sviluppi. Ma la notizia per me più
interessante, che mi ha fornito lo spunto per questo articolo, è
quella di una varietà di fagiolo bianco (o fagiola) che viene
coltivato da cinque generazioni nel nostro comune, a Lupompesi dalla
famiglia Brogi-Burresi. Mi dice Alma Burresi, regalandomi un
barattolo di questi loro semi, che suo padre ricordava che, fin da
piccolo, suo nonno Venanzio coltivava questa varietà di fagiola
bianca e la sua famiglia se l'è tramandata di padre in figlio.
Almeno da allora, da quasi centocinquanta anni quindi, hanno
riutilizzato il seme della raccolta precedente per la semina
successiva, procedendo così ad una selezione di una semenza che
adesso può essere considerata a tutti gli effetti una varietà del
luogo o, perlomeno, può costituire un elemento di interesse locale.
La forma è originale in quanto simile ad un fagiolo cannellino
ma con un’evidente schiacciatura ai lati, forse simile alla
varietà DOP di Atina (FR) [23]. Al sapore è gustoso ed è anche
l’unico fagiolo che la famiglia Brogi-Burresi riesce a coltivare
bene nella sua terra; altri tipi di fagioli non attecchiscono. La fagiola di Venanzio Attualmente stiamo cercando di scoprire qualcosa di più sulle caratteristiche di questo “nostro” legume chiedendo informazioni a esperti ed associazioni specializzate. Non mi aspetto di scoprire qualcosa di importante come una roveja od un Enola Bean di Murlo, o di riuscire ad ottenere un presidio Slowfood sulla fagiola di Venanzio (anche se il nome suonerebbe davvero bene), ma ritengo che sia senz'altro un prodotto di grande interesse locale oltre che affettivo, che spero possa servire da stimolo per altre famiglie alla conservazione delle proprie sementi le quali, ricordiamolo, sono poi più resistenti di quelle che compriamo in commercio perché si sono adattate nei decenni ai nostri terreni ed al nostro clima (non me ne voglia mia madre, che i semi li vende). Spero, con questo mio scritto, di essere riuscito a comunicare qualcosa di questo argomento che ritengo di estremo interesse in quanto illustra bene l'importanza di restare legati al proprio territorio, alle proprie tradizioni e soprattutto, ai prodotti della terra. Come Associazione Culturale, invitiamo chiunque abbia notizie di questo tipo a comunicarcele all’indirizzo email info@murlocultura.com. Venanzio Burresi (1838 - 1921) Ringraziamenti
Fonti citate o consultate [1] La Storia della Roveja, www.lapelle.it/alimentazione/roveja.htm [2] Presidi Slowfood, www.presidislowfood.it [3] Verticillium, http://it.wikipedia.org/wiki/Verticillium [4] Banana Gros Michel, http://it.wikipedia.org/wiki/Gros_Michel_(banana) [5] Banana Cavendish, http://it.wikipedia.org/wiki/Cavendish_(banana) [6] V. Zucconi, “Il trionfo dei contadini messicani battuti gli Usa nella guerra dei fagioli”, La Repubblica, 03 maggio 2008 [7] “Gli OGM servono contro la fame nel mondo?”, www.saicosamangi.info/sociale/ogm-fame-nel-mondo.html [8] http://it.wikipedia.org/wiki/Dibattito_sugli_OGM [9] “Gli ambasciatori di Ogm dimenticano la fame", www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/26/gli-ambasciatori-di-ogm-dimenticano-la-fame/166445 [10] “Ogm, 250mila suicidi tra gli agricoltori. Il mercato in mano alle multinazionali”, www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/05/ogm-250mila-suicidi-tra-gli-agricoltoriil-mercato-in-mano-alle-multinazionali/168751 [11] “Gli OGM non fanno calare la fame nel mondo”, www.aamterranuova.it/article2091.htm [12] Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 9 maggio 2001, www.sementi.it/normative/nazionali/norme_sementi/Dpr_322_01.pdf [13] Salviamo i semi dei contadini, www.mednat.org/agri/salvare_semi.htm [15] www.lesliberterres.com/Les_Liberterres/Les_Liberterres_-_La_Chiave_rubata.html [16] Banca dei semi, http://it.wikipedia.org/wiki/Banca_dei_semi [17] “I semi del cibo a rischio - Campagna per la salvaguardia dell’agro-biodiversità Italiana 2011”, http://youtu.be/uUxrQtEqcG8 [18] El control de los alimentos, www.rebelion.org/noticia.php?id=83502 [19] L’Iraq e i semi della democrazia di Washington, http://digilander.libero.it/gruppolaico/semi.htm [20] OGM: il controllo degli alimenti dei popoli, www.ilconsapevole.it/articoli/ogm-il-controllo-degli-alimenti-dei-popoli.php [21] Monsanto à Babylone, www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=8062 [22] M.P.Angelini, “Convegno sul vitigno etrusco”, MurloCultura, n.4 anno 2011 [23] www.lavinium.com/dop/fagiolo_cannellino_di_atina.shtml
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