MURLOCULTURA n. 1 - 2005 | |
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Una mappa
antica indica due fornaci in un posto dove non avrebbero dovuto essere Le fornaci del
“Fosso della
Fornace” Forse quelle
di Montespecchio si trovavano proprio lì di
Luciano Scali |
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Il riferimento alla Fornace, è un toponimo
ricorrente dalle nostre parti poiché, con esso
s’indicavano luoghi nei quali
erano presenti impianti per la produzione della calce o di mattoni.
Quello al
quale mi riferisco prende avvio dal bordo della strada che
dall’Orsa porta a S.
Giusto dopo aver oltrepassato di circa quattrocento passi
l’imbocco dell’antica
“Via di Monte Moro” oggi trasformata in cessa. L’esistenza di due fornaci da calce
è indicata dal Catasto
Leopoldino nella sezione X di “Campo a Palazzi” del 1821 e
nelle relative
schede di riferimento, ove sono classificate come “dirute”
e quindi non più
operanti a quel tempo. La proprietà era attribuita a certo Bruni
Pietro di
Giovanni il quale risultava avere anche il possesso di ampie aree
indicate
come “Pastura con lecci”. Le fornaci risultavano
ubicate in prossimità
della confluenza del fosso omonimo con il fosso delle Bucacce
il quale
avrebbe cambiato nome poco più avanti divenendo “fosso
Sata”. A prima
vista la posizione dei due impianti lascia perplessi mettendo
addirittura in
discussione la loro stessa presenza in quel luogo, poiché la
natura dei terreni
dell’intera area la escluderebbe a priori. L’accurato
sopralluogo che ne è
seguito ha messo in luce l’esistenza di calcare in grossi
ciottoli arrotondati
provenienti dall’alveo stesso del fosso, a partire a poco meno di
cento metri
dalla confluenza. Delle fornaci nessuna traccia visibile poiché
il tempo
trascorso dal loro rilevamento allo stato di rudere sfiora ormai i
duecento
anni. Il bosco che degrada verso la vallata, ha assunto l’aspetto
di “botro”,
con le sue pareti ripide in fondo alle quali scorrono i corsi
d’acqua in
passaggi angusti scavati nei gabbri, nei diaspri e nelle brecce
mioceniche. In
questo paesaggio mutato nel tempo, i piazzali ove operavano le fornaci
sono
scomparsi sia per effetto delle erosioni naturali accentuate dalle
piene, sia
per l’abbandono dell’attività. L’unica cosa
importante acclarata è stata la
presenza del calcare da calce seppure sotto l’aspetto insolito di
pietre
erratiche arrotondate dall’acqua. La domanda successiva potrebbe
essere: “A chi
poteva giovare la realizzazione di due fornaci in un sito così
selvaggio e
apparentemente lontano da ogni luogo di utilizzo?” Il riferimento
a Monte
Specchio è d’obbligo e potrebbe rappresentare una
plausibile risposta agli
interrogativi che da tempo l’Associazione Culturale si sta
ponendo senza
riuscirvi. Nelle sue ricerche la nostra Associazione ha potuto
individuare i
luoghi di provenienza dei materiali usati nella costruzione della
chiesa e
dell’eremo, ma pur essendosi accertata dell’impiego di
calce balzana come
legante, non le era stato possibile pervenire alla scoperta di una
seppur
piccola cava di pietra da calce. Le fornaci di cui stiamo
interessandoci sono
molto vicine al Piano degli Altari dove l’eremita
Giovanni se ne stava
in penitenza; più o meno la stessa distanza della cava di
calcare rosato
dell’Orsa, largamente impiegato nella costruzione della chiesa.
Sono solo
ipotesi non avallate da alcun documento ma abbastanza ragionevoli da
essere
prese in considerazione. Fra una idea possibile e il nulla registrato
fino ad
oggi, c’è da rallegrarsi per non aver cessato di sperare
che prima o poi
qualcosa potesse accadere. Nessuno afferma di essere certo che i frati
di Monte
Specchio ricavassero la calce della quale avevano bisogno proprio in
quel luogo
e nelle stesse fornaci di cui parliamo, ma ci consente di considerare
possibile
che lo facessero in quella zona, data la disponibilità di
calcare seppure in
forma insolita. I toponimi dei fossi: della Fornace, lungo il quale le
stesse
erano ubicate, e delle Bucacce, che richiama alla mente scavi
effettuati alla
ricerca di calcare rosato miocenico, fa pensare ad una intensa e
sistematica
attività, finalizzata all’individuazione di materiali
utili alla costruzione
dell’eremo. Durante i nostri sopralluoghi avevamo anche supposto
la presenza di
una fornace nei pressi del cantiere qualora vi fosse stata una cava di
pietra
da calce nelle vicinanze, ma avevamo dovuto ricrederci dopo averne
constatata
l’assenza. Che questa potesse venire trasportata da lontano per
essere cotta in
loco, è impensabile: sarebbe stato uno sforzo irragionevole,
quindi meglio
supporre che la calce giungesse in cantiere pronta per l’uso.
Un’altra
constatazione interessante: “I fossi vicini: Alteti e Pratacci,
non
presentano alcun tipo di roccia calcarea nel loro alveo, quindi la
calce doveva
prodursi altrove. E perché non al Fosso della Fornace? |
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