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Col nome Le Civitate
si intende
indicare il poggio ubicato a sud-est del castello di Murlo sul
quale, grazie alle intuizioni di Ranuccio Bianchi Bandinelli,
poté essere
scoperto l’insediamento etrusco ormai noto in tutto il mondo. Il
poggio consta
di due parti: quello più a oriente denominato “delle
Cataste” e l’altro volto a
occidente conosciuto come “Poggio
Aguzzo”. Il complesso delle Civitate si erge
isolato ai bordi di quello che fu un mare pliocenico dando avvio alla
distesa
di colline che si esauriranno sulla costa del Tirreno. Poggio isolato,
dunque,
attorno al quale è disponibile un percorso piuttosto breve ma di
grande
interesse. Attraverso tracciati dal fascino singolare ma ancora ben
leggibili,
è possibile provare l’impressione di muoversi in un
ambiente sperduto, lontano
dalla civiltà pur trovandosi invece, a pochi passi da strade
piuttosto
frequentate. Il percorso inizia dal Castello di Murlo verso il
villaggio della
Miniera lungo la “via di Resi” asfaltata di recente. Oltre
“Casa Baccini”, nel
tratto pianeggiante prima di Poggio Grulli, esisteva il piccolo
cimitero di
Murlo, scomparso durante i primi anni del secolo scorso. La strada
scende
decisamente con vari tornanti, passando accanto ad un podere in rovina
chiamato
Casaccia che, durante il periodo di attività della Miniera,
serviva anche da
alloggio ad un gruppo di minatori. In origine si trattava di un piccolo
mulino
denominato Molinaccio che, per operare, si serviva della poca acqua
proveniente
dal fosso di Ricasoli. Il toponimo “Chiusacce” sempre in
uso per indicare la
zona retrostante, potrebbe far supporre l’esistenza di vecchi
sbarramenti per
le acque, ma anche porzioni di terreno cintati da muri. La strada
scende ancora
verso il fosso dello Scanno un tempo da attraversare a guado ma sul
quale la
compagnia mineraria realizzò nella seconda metà del XIX
secolo, un ponte in
legno poi sostituito nel 1898 con uno in muratura. La strada si biforca
e
mentre l’asfaltata si dirige al villaggio della Miniera
l’altra a sterro si
addentra nel bosco. La si segue per qualche metro poi si prende il
sentiero a
sinistra, quasi un greto di torrente che comincia subito a salire. Dopo
circa
duecento metri, la vegetazione si apre su campi ottenuti
dall’accetinatura del
bosco in tempi lontani e adibiti oggi a pascolo. Alle pendici a
mezzogiorno
delle Civitate, olivi e viti ben curati fanno bella mostra di se; sono
le
“Starnaie”, un luogo dal toponimo che rimanda il pensiero
ad una probabile
frequentazione della Starna ormai quasi scomparsa, accreditando la voce
più
realistica delle “Stornaie” per la presenza degli Storni e
per trovarla
ripetuta in vari documenti del passato. Con l’ulteriore aprirsi
dello spazio,
la strada si perde nel coltivato per apparire più in alto, ai
limiti del bosco.
Senza saperlo percorriamo una via vecchia di secoli, piuttosto
importante, di
collegamento tra il comprensorio delle Civitate, Montorgiali e S.
Margherita
alla “via delle Pievi”, proprio alla confluenza del
Crevolicchio col torrente
Crevole. Ma non solo: consentiva agli abitanti della zona di recarsi a
macinare
al mulino sul Crevole. Ritrovato il percorso originale, la strada si
addentra
in un breve tunnel di verzura per riuscire di nuovo allo scoperto fra
campi con
ciottoli di pietra da calce. Occorre tenersi sulla sinistra, seguendo
la
“forma” che definisce i campi posti su quote diverse.
Querce secolari e qualche
pino marcano il cammino che si addentra ancora nel bosco. Si
attraversano due
fossi mentre la strada si biforca per riunirsi ancora poco dopo. Siamo
ora di
fronte ad ampie radure con alla destra un gruppo di costruzioni ben
recuperato.
Si tratta di Montorgialino: quanto resta della frazione a cui
apparteneva la
chiesa di S. Margherita e faceva riferimento una sezione del Catasto
Leopoldino. Sulla sinistra, invece, sono i ruderi di Montorgiali nei
cui pressi
doveva trovarsi il castello omonimo distrutto nel 1233 da una banda di
soldatesche montalcinesi e fiorentine. Si entra così nella
strada per
Montepertuso e per le Civitate girando subito a sinistra fra calanchi
di marne
e calcari palombini per arrivare, dopo appena duecento metri, al
“Chiesino di
S. Biagio” restaurato alcuni anni or sono. Proprio qui, poco
più di cento anni
fa, convergevano le strade dirette a Pompana, Montepertuso, Murlo e
Buonconvento attraverso percorsi usati oggi da cacciatori e cercatori
di
funghi. La via per le Civitate sale a sinistra fra rocce di calcare
balzano e
macchia mediterranea per trovare, dopo dieci minuti circa, un tratto
pianeggiante che prelude all’ingresso degli scavi, contrassegnato
da un leccio
imponente. Il luogo è suggestivo e seppure le tracce lasciate
non rivelano la
reale importanza dei ritrovamenti, ha la capacità di creare
un’atmosfera
insolita, piena di aspettative quasi che gli abitanti di un tempo
lontanissimo
volessero in qualche modo rivelarsi. Adesso la via, dopo qualche
centinaio di
metri percorsi in piano inizia a scendere. Giunti alla biforcazione
della
strada occorre prendere a destra osservando con attenzione le pietre
del
sottofondo stradale. In quel punto la roccia si presenta forata dai
litodomi,
fossili guida indicanti il limite del livello di quel mare al quale
facevamo
riferimento all’inizio. Quando appare il podere
“Casino” invece di
raggiungerlo, si prende il sentiero a sinistra che le piante tendono a
richiudere e poi, ai limiti del bosco, di nuovo a destra. Il panorama
adesso è
veramente stupendo e la strada provinciale scorre davanti in basso a
qualche
centinaio di metri. Il castello di Murlo è ormai a portata di
mano. Sono
trascorse meno di due ore dalla partenza e percorsi poco più di
quattro
chilometri, ma ne è valsa la pena.
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