MURLOCULTURA n. 1/2008

Carrellata sui mestieri in mutazione

Il Muratore

di Luciano Scali
undicesima puntata
Associazione Culturale di Murlo
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Le considerazioni desunte dall’osservazione accurata dell’incrocio di due volte a botte con il “materializzarsi” delle nervature, aprirono ampi orizzonti sul futuro impiego di così importanti strutture. A questo punto s’impone una domanda: “ma come avveniva praticamente la costruzione di un simile tipo di volta?” Le fasi per realizzare una serie di volte a crociera sono state accennate nel precedente numero ed anche se le condizioni sono mutate, il criterio principale è rimasto lo stesso; “Assicurare in ogni momento il contrasto occorrente affinché le strutture possano reciprocamente sorreggersi”. Questa enunciazione sottintende che: “in presenza di supporti con insufficienti garanzie di stabilità, sia necessario dotarsi di adeguate armature per sorreggere le strutture in esecuzione fintanto che non si siano ripristinate le necessarie condizioni di sicurezza.”
Proviamo allora ad analizzare una di queste volte destinata a coprire un’area a pianta quadrata con imposte costituite da pilastri ritenuti idonei a supportarla. Ogni pilastro verrà collegato ai due vicini per mezzo di archi dei quali sarà fissata a piacimento la freccia a seconda dell’aspetto e delle funzioni che si vorranno conferire al manufatto finito. Realizzati gli archi fra pilastri contigui, che per praticità chiameremo “periferici”, si procederà a collegare quelli diametralmente opposti con archi i quali, incrociandosi, avranno in comune la chiave di chiusura. Anche per queste nervature occorrerà fissare una freccia sempre di maggior valore di quella degli archi periferici (Fig. 1).

Il Muratore fig. 1 - disegno di Luciano Scali

Fig. 1



Per realizzare le nervature dovrà porsi in opera un’adeguata armatura poiché queste strutture, di ragguardevole lunghezza ma di limitata sezione, avranno tendenza a scostarsi lateralmente dal loro asse durante le fasi di costruzione, in particolare modo in quella di chiusura. Si manifesterà un fenomeno analogo a quello che si verifica nei pilastri di notevole altezza ma con limitata sezione conosciuto come “carico di punta”. In passato, per ovviare almeno in parte a tale inconveniente, si costruivano le nervature con speciali tozzetti in laterizio o pietra che, connettendosi gli uni con gli altri, le mantenevano in asse (Figure 2 e 3).

Il Muratore fig. 2 - disegno di Luciano ScaliIl Muratore fig. 3 - disegno di Luciano Scali



Figg. 2 e 3


Allorché tale operazione era ultimata si procedeva a realizzare la volta che, in questo caso, risultava composta da quattro spicchi i quali dovevano riempirsi contemporaneamente per assicurare il contrasto necessario a impedire alle nervature di discostarsi dal proprio asse. Si cominciava “dai peducci”, ovverosia dagli spazi esistenti fra le imposte delle nervature e gli archi iniziando a colmarli creando contemporaneamente tra loro il necessario contrasto (Fig. 4).

Il Muratore fig. 4 - disegno di Luciano Scali

Fig. 4

Impiantate sui peducci le basi delle volte, si procedeva alla stesura di fasce successive impostate tra le nervature e gli archi contigui. Ognuna di esse, con doppio andamento curvo(verso l’alto e verso la zona di rinfianco), costituiva di fatto un arco a tutti gli effetti che andava progressivamente aumentando in lunghezza fino a raggiungere il suo massimo alla chiave dell’arco periferico nel punto d’incontro con la corrispondente fascia opposta. Da quel punto in poi le lunghezze delle fasce iniziavano a diminuire nel contrastarsi tra loro e con le nervature, fino al totale completamento della volta. Come accennato era indispensabile che i quattro spicchi (vele), fossero realizzati contemporaneamente e che la loro chiusura avvenisse di pari passo in tutti i settori (Fig.5).

Il Muratore fig. 5 - disegno di Luciano Scali

Fig. 5

Nell’esempio descritto abbiamo fatto riferimento a quattro pilastri quali supporti della volta, ma potevamo riferirci anche ad una situazione diversa, ovverosia che la volta s’impostasse tra quattro pareti non necessariamente parallele e quindi senza bisogno di realizzare gli archi periferici tra i pilastri che le sostituissero.
A tale proposito vorrei cogliere l’occasione per esaminare con chi ci sta leggendo, una splendida realizzazione che si trova a due passi dal territorio di Murlo: la volta a ombrello che copre l’atrio d’ingresso della Grancia di Cuna. E’ questa una volta irregolare con nervature, formata di undici spicchi che, solo il fatto di trovarsi in un luogo buio, di passaggio e da sempre adibito a parcheggio e deposito di cianfrusaglie, non le rende la giustizia che merita per la sua unicità. Le nervature che costituiscono la struttura portante delle voltine, sono realizzate in tozzetti di laterizio e s’impostano direttamente sulle pareti ove esistono, ed esistevano in passato, numerose aperture (Figura 6).


Il Muratore fig. 6 - disegno di Luciano Scali

Fig. 6

La prima cosa che l’osservatore si domanda è di come  sia potuto venire in mente a qualcuno d’inventarsi una roba del genere senza riflettere che possa essere dipeso da scelte obbligate per risolvere problemi di carattere pratico. Nell’atrio in questione dovevano trovarsi situazioni preesistenti al momento dell’esecuzione della volta come testimoniano tracce di antichi passaggi tuttora ben visibili ed ai quali fu giocoforza adeguarsi. Se osserviamo con attenzione l’impostazione dell’opera, risulteranno evidenti tre condizioni rigorosamente rispettate dal costruttore e che di seguito vado ad elencare e illustrare nella successiva figura 8:
- Le imposte delle nervature si trovano tutte al medesimo livello (A);
- Le chiavi degli archi delle voltine sulle pareti si trovano tutte alla stessa quota (B);
- La quota della chiusura centrale dell’intera volta è comune a tutte le nervature (C).


Il Muratore fig. 7 - disegno di Luciano Scali

Fig. 7


Dalla pianta (Figura 7) si rileva che solo le nervature 1 e 9 s’impostano sugli angoli della stanza. Le 11, 5 e 6 s’impostano ai lati delle aperture Nord e Sud; la 7 nei pressi del passaggio verso il piano superiore e le restanti sulle pareti ove le condizioni lo consentono tranne la 10 che s’imposta addirittura sull’arco dell’ingresso Sud senza poter rispettare la quota di partenza comune. Le diverse lunghezze fra le imposte delle nervature che generano il medesimo spicchio, sono la causa del difforme aspetto degli archi sulle pareti che va da quello a sesto ribassato fino a divenire  più o meno acuto col variare, appunto, della lunghezza delle “corde”. Saranno poi gli archi col loro aspetto a dare forme diverse agli spicchi costringendo il muratore a praticare tecniche adatte ad ognuno di essi per realizzarli.
Per sorreggere le undici nervature di supporto alle velette della volta, dovette essere posta in opera un’armatura che creò senz’altro un notevole impedimento ai numerosi muratori costretti a lavorare dal sotto. Da non dimenticare che con l’avanzare dell’opera gli spicchi divenivano sempre più stretti e gli spazi per gli esecutori sempre più angusti. Per almeno tre quarti della sua realizzazione quest’opera dovette avanzare di pari passo in ogni settore al fine di consentire i mutui contrasti. Coll’avanzare della costruzione della volta si procedeva immediatamente al suo rinfianco.
Negli spicchi S2, S5, S7 e S10, ad un terzo circa dalla chiave della volta, laddove questa tende quasi ad assumere un andamento orizzontale, sono piazzati altrettanti anelli con funzione tutt’altro che decorativa, ma con l’intento di potervi appendere pesi per caricare la volta durante le operazioni di chiusura contrastandone la tendenza ad aprirsi verso l’alto. A chiusura avvenuta la volta sarebbe poi stata caricata dal di sopra con caldana inerte per poi apporvi il pavimento e da quell’istante gli anelli avrebbero perduto la loro momentanea funzione per divenire oggetto puramente decorativo.
Per concludere si può affermare con sufficiente certezza che la volta a ombrello di Cuna non deve il suo aspetto così singolare ad un progetto finalizzato per ottenerlo, ma piuttosto considerarla come la conseguenza di scelte obbligate per risolvere questioni di ordine pratico (Fig. 8).


Il Muratore fig. 8 - disegno di Luciano Scali

Fig. 8

L’avvento della volta con nervature provocò una visibile modifica nei pilastri che andavano a supportarla. Se nella volta a crociera la nervatura poteva ritenersi virtuale poiché derivata dal contrasto tra i settori incrociatisi, in quelle appena descritte le nervature risultavano ben visibili ed abbisognavano di un’imposta adeguata a loro supporto.  Ebbe così origine un pilastro d’appropriata sezione in condizione di garantire il sostegno alle nuove strutture. Pilastri con tali caratteristiche potrebbero dirsi “con nervature” viste le nuove funzioni che erano chiamati a svolgere (Figg. 1 e 4). Le modifiche apportate nelle volte e nei pilastri per esigenze di natura strutturale, dettero luogo ad un nuovo modo di edificare grazie anche alle numerose varianti suggerite da necessità costruttive per realizzazioni particolari e dall’apporto di materiali diversi che costituirono poi le caratteristiche peculiari dello stile gotico a varie latitudini. Interessante è soffermarsi sulla evoluzione del pilastro a partire da quello incontrato a supporto delle volte a crociera per arrivare poi al pilastro con nervature atto a supportare le più complesse volte a vela. Nelle volte a crociera il pilastro presentava una sezione quadrata sui cui lati s’impostavano gli archi periferici mentre per le volte a vela con nervature la sezione del pilastro si allargava secondo un semplice schema pratico che vale la pena di essere illustrato mostrandone uno dei tanti sistemi per ottenerlo (Fig. 9).

Il Muratore fig. 9  - disegno di Luciano Scali

Fig. 9

Stabilita in ab la larghezza dell’intradosso dell’arco, a partire dalle sue estremità, si tracciano due linee ad essa inclinate di 45° fino ad incontrare l’asse verticale y- y nel punto O.  Definito con S lo spessore della spalletta del pilastro, si traccia una seconda linea a’ b’ parallela ad ab del valore di ab+2S con i punti a’ b’ coincidenti coi prolungamenti delle linee Oa e Ob. Si traccia quindi una terza linea a” b” parallela alle precedenti del valore di ab+4S con i punti a” b” coincidenti coi prolungamenti delle linee Oa e Ob. I punti a” e b” rappresenteranno uno degli estremi delle spallette laterali del pilastro. Da detti punti si tracciano due linee parallele all’asse y- y per a”- a”’ e b”- b”’ uguali alla lunghezza a- b. Dalla mezzeria delle spallette passerà l’asse orizzontale x- x che verrà incontrato dalle linee oblique Oa e Ob nei punti V e V’. Partendo da detti punti e ripetendo all’inverso l’operazione sopradescritta, si delineeranno le dimensioni dell’intero pilastro con nervature.
Resta inteso che si tratta di uno dei “tanti principi pratici” per ottenere le dimensioni di un pilastro di determinate caratteristiche ma soggetto a variazioni nei suoi valori col mutare dei parametri di volta in volta stabiliti a seconda delle esigenze costruttive (larghezza dell’intradosso dell’arco, spessore della spalletta, delle dimensioni e del numero delle nervature.)

            (continua nei prossimi numeri)


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