MURLOCULTURA n. 1/2009 | ||
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Il Muratore di Luciano Scali Quindicesima puntata
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In
questi ultimi tempi è accaduto un fatto curioso caratterizzato da
numerose e reiterate richieste pervenute alla nostra redazione, per
avere qualche notizia sui muri di sostegno nelle costruzioni stradali.
Questi utili manufatti si sono resi necessari fin dai tempi antichi
allorché l’uomo spostandosi da un posto all’altro, dovette allargare i
sentieri ove di solito transitava per poterlo anche fare con carri
trainati da animali all’uopo addestrati. Non sempre fu possibile
adattarsi alla morfologia del terreno seguendone l’andamento ma, in
certi casi fu necessario intervenire
per creare passaggi in trincea o in rilevato.
In ambo i casi dovette inventarsi e realizzare
strutture che contrastassero la spinta delle terre laddove ne aveva
mutato l’equilibrio, ed anche dove aveva create le condizioni che
queste spinte avvenissero. Nacquero così i muri di sostegno, ovverosia
appropriati manufatti destinati ad evitare il collasso di terrapieni
naturali o artificiali. Dai tempi della scuola e delle giovanili
esperienze di cantiere, mi par di ricordare che i muri di sostegno si
classificassero a seconda degli scopi per i quali dovevano essere
impiegati. In
altri termini così: · Muri di sostegno in generale o propriamente
detti; · Muri di ripa o di sottoscarpa; · Muri di scarpa, di paramento o di controripa. Di solito i muri di sostegno (o a retta) propriamente detti sono quelli che hanno all’incirca la medesima altezza del terrapieno (Fig. 1) e differiscono da quelli di sottoscarpa che hanno la propria altezza inferiore a quella del terrapieno da contenere (Fig. 2). Fig. 1
Fig. 2
I muri di paramento invece, servono di solito per contenere una spinta limitata del terreno allorché questi ha tendenza a scivolare verso il basso (smottare) a causa della propria natura poco compatta, oppure per la presenza di uno strato impermeabile sottostante (liscione), sul quale slittare in caso di pioggia (Fig. 3). Fig. 3 Le
tecniche moderne di costruzione fanno sempre più ricorso all’impiego del cemento armato per
risolvere problemi connessi alla stabilità dei terreni usando a tal
proposito anche manufatti prefabbricati di facile e rapido impiego. Una
simile tendenza, finalizzata alla riduzione dei tempi d’impiego e dei
costi, viene a scontrarsi con i sistemi consolidati del passato legati principalmente all’utilizzo dei
materiali in loco. Proprio dalla
disponibilità di differenti risorse, avevano preso campo tecniche di
costruzione diverse che in alcuni casi costituivano una caratteristica
peculiare del luogo ove erano impiegate. Nell’attitudine ad uniformare
le tecniche costruttive, le ragioni per le quali determinati manufatti
assumevano particolari caratteristiche sono venute meno e quindi non
deve meravigliare troppo il constatare la progressiva rarefazione di
artigiani capaci di adattarsi a situazioni insolite risolvendone i
problemi annessi, aiutandosi con gli strumenti arcaici impiegati dai
loro padri. Di solito i muri di sostegno venivano realizzati con: · Pietrame a secco; · Pietrame murato con calce idraulica o calce
aerea e cemento; · Pietrami e ricorsi di mattoni murati come sopra; · Mattoni e calce idraulica. In ambienti come il nostro dove non fa difetto la pietra di qualità, l’impiego dei muri a secco venne largamente usato sia per il contenimento delle scarpate a monte delle sedi stradali, che nella costituzione di terrazzamenti nei terreni in declivio (fig 4). Basta riferirsi ai cosiddetti muri del Governi sulla via per la miniera, a quelli della Misericordia nei campi fra S. Biagio e la scomparsa chiesa di S. Margherita a Montorgialino o a quelli di Belvedere di fronte al villaggio di Crevole per averne un campionario da manuale. Manufatti del genere, con esclusivo impiego di pietre non conciate si sono mostrati particolarmente adatti per mantenere asciutto il terreno da contenere. A tale proposito se osserviamo bene i muri ai quali mi riferivo prima e soprattutto nei punti ove presentano lesioni con principio di cedimento, potremo renderci conto della cura con la quale gli esecutori venivano a colmare il vuoto tra il manufatto e la terra. Le pietre più piccole e gli scarti di lavorazione, servivano egregiamente ad aiutare col loro peso la stabilità del muro, a contenere la spinta del terrapieno aumentando l’attrito con gli strati sottostanti e nel contempo facilitare il deflusso delle acque d’infiltrazione. Fig. 4 Nella costruzione di muri di sostegno a mattoni o pietra squadrata, con i filari uniti tra loro da leganti idraulici, veniva usato particolare riguardo verso le opere di fondazione curando che poggiassero su terreno solido evitando la vicinanza di banchi impermeabili che ne facilitassero lo slittamento compromettendone la stabilità (fig 5). Fig. 5 La
medesima cura veniva posta nelle giunzioni fra i ricorsi affinché non
slittassero gli uni sugli altri. Una particolare attenzione veniva
riservata allo smaltimento delle acque d’infiltrazione provenienti dal
terrapieno ponendo appropriati drenaggi fra la terra e il muro e
praticando una serie di feritoie per facilitare l’operazione. Fig. 6 Le
sezioni dei muri di sostegno si presentano in varie
aspetti funzionali al compito che debbono svolgere.
Saranno le condizioni, dalla natura e l’assetto dei terreni a decidere,
di volta in volta, quale possa essere il più adatto. Per rendersene
conto, sarà utile servirsi di alcuni schizzi esplicativi di più facile
comprensione. a) Con paramento interno e esterno verticale (fig. 7); Fig. 7
b)
Con gradoni all’interno e l’esterno verticale
oppure a scarpa
la cui inclinazione, a seconda dei casi, può variare dal 10 al 40%. In
determinati casi possono essere eliminati i gradoni interni sostituiti
da un paramento a scarpa (fig. 8). Fig. 8
Muri di sottoscarpa o
ripa: c)
Con paramenti interno ed esterno inclinati:
il primo dal 10 al 30% e il secondo dal 10 al 40% oppure con paramento interno verticale e l’esterno a
scarpa con
inclinazione dal 10 al 30% (fig. 9). Fig. 9
Muri di controripa o di scarpa d)
Appoggiati al terrapieno e
con i paramenti interno ed esterno paralleli
inclinati nello stesso senso con
valori dal 10 al 40% (fig. 10). Fig. 10
Muri di sostegno a
profilo curvilineo: e) Appoggiati al terrapieno, con sezione a porzione di corona circolare e corda di circa 10% dell’altezza. Da impiegare per altezze superiori ai 7 metri (fig. 11). Fig. 11 Oltre a questi esistono altri vari tipi di muri di sostegno derivati dalla combinazione di particolari strutture dalle caratteristiche specifiche: i cosiddetti muri con contrafforti. Si tratta appunto di dotare i muri di sostegno con nervature poste a distanze più o meno ravvicinate tra loro per rinforzare la struttura senza allargarne troppo lo spessore per tutta la lunghezza. I contrafforti potranno essere esterni o interni. Questi ultimi saranno adottati nel caso vi sia carenza di spazio all’esterno o qualora se ne voglia salvaguardare le continuità (fig. 12). Fig. 12 Esistono anche versioni più complesse specie quando si debbono trovare adeguate soluzioni a situazioni particolari come accade nel campo delle costruzioni ferroviarie. Talvolta si tratta di realizzare passerelle pedonali accanto a sedi ferroviarie in rilevato (fig. 13) ove gli spazi fanno difetto e dove si ritenga necessario ricorrere ad artifizi inconsueti per raggiungere lo scopo. Fig. 13 Altro esempio degno di nota viene fornito da quei muri di sostegno ove non esistano problemi all’esterno e dove sia consentito realizzare massicci contrafforti a scarpa poggianti su robusti sottofondi e uniti tra di loro da pareti ad arco impostate sui contrafforti stessi. Questo sistema garantiva l’assoluta stabilità del manufatto e nel contempo consentiva di realizzare pareti di ridotto spessore (fig. 14). Fig. 14 Quanto
premesso riguarda esempi di soluzioni più idonee per risolvere
particolari situazioni ma il vero lavoro inizia molto prima e si
riferisce alle operazioni per determinare la natura e l’entità delle
spinte della terra che dovrà essere contenuta dal manufatto. Anzitutto
occorrerà riconoscere le caratteristiche delle terre le quali,
provenendo dalla disgregazione delle rocce, potranno suddividersi in terre coerenti o incoerenti a
seconda del legame esercitato tra loro dagli elementi che le
costituiscono. Concorrono a determinare tali caratteristiche tre
elementi essenziali: · Il peso specifico del materiale · L’angolo di attrito · Il coefficiente di coesione Senza
dilungarsi in dettagli, seppure d’indubbio fascino, sarà utile
comprenderne almeno il significato. Angolo di attrito. Il valore dell’angolo di attrito si determina ammucchiando sopra una superficie piana della terra incoerente avendo cura di non costiparla. Il mucchio assumerà naturalmente l’aspetto di un cono la cui ampiezza sarà proporzionale al grado di coesione della terra stessa. L’angolo che la superficie inclinata formerà con il piano prende il nome di “angolo di attrito” e varierà col variare del tipo di materiale (fig. 15). Fig. 15 Coefficiente di coesione. La
coesione è sinonimo, in ogni campo, di unità ovvero “l’attitudine a
stare assieme” e
nel caso specifico delle terre “la proprietà che alcune di esse hanno a
lasciarsi tagliare senza disgregarsi e franare”.
Tale affermazione vale anche per le terre incoerenti e può riassumersi
come “la forza che tiene unite le particelle dei
terreni opponendosi al loro distacco”. (continua) Nota: Per la realizzazione dell’articolo è stato
consultato il terzo volume di “Teoria e pratica nelle costruzioni” Ing.
Ormea. Ulrico Hoepli Editore– Milano, 1951. |
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