MURLOCULTURA n. 1/2010 | ||
---|---|---|
Realtà in via di
scomparsa Resti pericolanti della facciata dopo gli ultimi crolli di Luciano Scali |
||
|
Una foto con misteriosi marchingegni d’altri
tempi mi venne mostrata un giorno da un personaggio che andrebbe
definito come “il vero archivista d’immagini d’epoca del
territorio di Murlo”: Sandro Nocciolini.
La foto fu sufficiente a farmi aprire gli occhi
sopra un autentico rompicapo costituito dalle rovine, seppur ancora
convenientemente leggibili, del locale ove erano istallati gli argani
del pozzo del Cerrone. A
dire il vero non si trattava proprio di un ambiente antichissimo poiché
risaliva agli anni ’20, alla “gestione della miniera da parte della Società
Ansaldo” allorquando fu proceduto alla
ristrutturazione e riqualificazione del pozzo del Cerrone adeguandolo
ai più aggiornati sistemi di coltivazione in sotterraneo. La costruzione della centrale
termica sulle vestigia dell’antico mulino per cemento,
apriva nuovi orizzonti sulle tecniche di l’estrazione della lignite e
in special modo sul controllo centralizzato della distribuzione di
energia presso i vari punti di utenza nel villaggio. Accantonate le obsolete caldaie a vapore accoppiate
a montacarichi, elevatori e mulini, il loro compito venne trasferito a
motori elettrici, più affidabili e meno bisognosi di costante
manutenzione. Il
complesso del Cerrone fu completamente rinnovato, scomparve la torretta
in muratura del
montacarichi assieme al locale ove alloggiava la caldaia. Al suo posto
fu messo in opera un traliccio metallico fissato alla sommità del
pozzo e stabilizzato da un puntone dello stesso materiale ancorato al
terreno da una solida base di cemento, mentre il complesso di
funzionamento del montacarichi fu alloggiato sul retro della struttura
all’interno di un capannone realizzato per tale scopo.
La costruzione della ferrovia Siena – Grosseto,
impostata sopra il tracciato della
preesistente carbonifera, segnò per la Società
Ansaldo la fine della sua avventura
nella terra di Murlo. Gli impianti rimasero inattivi
fino allo scoppio della seconda guerra mondiale allorché anche un
combustibile povero come la lignite divenne importante e per circa quattro anni
lo fu davvero. Poi alla fine della guerra, dopo la riparazione dei
danni che la stessa aveva causati, la definitiva cessazione
dell’attività mineraria e quindi l’abbandono. Alcuni privati
acquistarono quanto restava delle costruzioni del villaggio
recuperandone alcune con interventi
sulle strutture allo scopo di trasformarle in unità abitative e
lasciando andare in rovina le altre.
La fornace continua per la produzione di calce e il
complesso del Cerrone furono tra queste per il motivo che i proprietari
non hanno mai saputo cosa farsene. Sarebbe però opportuno che si
rendessero conto dello stato in cui versano e della pericolosità che
rappresentano per affrettarsi a metterle in sicurezza senza stare a
pensarci troppo su prima di trovarsi in guai seri.
Il locale degli argani nel settembre 2007 (a sinistra) e nell'aprile 2010 (a destra). Particolare dell'ingresso del locale degli argani nel settembre 2007 (a sinistra) e nell'aprile 2010 (a destra). Ebbene, non è che voglia approfittare di questo articolo per fare la Cassandra, il mio scopo aveva altri intenti, più romantici forse, ma visto che mi trovo in argomento lascio anche a coloro che non hanno nozioni di muratura ma solamente gli occhi, il compito di giudicare se sia normale lasciare strutture così pericolanti alla portata del pubblico! Chiudo subito la parentesi aperta poiché il mio intento era quello di attirare l’attenzione sul rapido degradarsi di strutture che un tempo furono fonte di risorse e di speranze per una generazione troppo bistrattata da eventi molto più grandi di lei e dei quali non portava alcuna responsabilità. Allego a tale scopo alcune foto che mostrano l’avvenuto degrado, con un senso d’impotenza e frustrazione per non essere riuscito a farmi capire ed ascoltare ma solo limitato a testimoniarne in tal modo la decadenza. Un tocco poetico nella vicenda è rappresentato dal gancio ancora presente sulla porzione traballante di muro tra la porta d’ingresso e quella che fu la finestra. Vi era appeso l’orologio che s’intravede nella foto all’inizio, quando l’argano era operativo. Il gancio dell'orologio del locale degli argani. Niente di speciale, solo
una presenza persistente malgrado le vicissitudini passate. Strano a
dirsi ma possiede ancora la capacità di riportare ad un epoca che resta
ormai nella memoria di pochi. Tra
non molto anche quel gancio farà la fine di tutto il resto, ma la foto
rimarrà nell’archivio di Sandro al quale non mancherò di farla
pervenire affinché la ponga laddove la sua sensibilità vorrà
suggerirgli di conservarla. |
|
Torna su |