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Chi mai era questo santo? Risulta che si sia
trattato di un martire ma a scorrere il martirologio di Wikipedia si
scopre che di martiri “fortunati” ce ne fu una lunga lista. Quello capitato a Murlo
può chiamarsi fortunato davvero perché a girare tutto il mondo di posti
come questo non è che se trovino molti.
Forse questo santo non sarà stato proprio di qui
altrimenti si sarebbe risaputo ma può darsi ci sia finito perché a
Murlo ci sta tutta brava gente anche se con la vocazione di diventare
santi non ne conosco proprio. Comunque
che la chiesa sia dedicata a San Fortunato mi pare sia scritto anche
nella campana, in quella più grossa che si trova sul fornice sinistro
della veletta posta sul retro della chiesa e che riuscii a fotografare
non troppo bene nel 2004 durante i lavori di rifacimento del tetto.
Murlo è davvero un luogo speciale dove il tempo scorre lento e dove ci
si può vivere bene allorquando si è in pace con il prossimo e con se
stessi. I murlesi
vengono chiamati “baciullai” a causa dei corbezzoli che arricchiscono i
boschi del circondario ma vi aggiungerei anche l’aggettivo “fortunati”
per il privilegio di abitare nel castello e nei dintorni. La nostra chiesa, mi si
permetta di chiamarla così, non è una chiesa comune, risale al XII
secolo e per il solo fatto che vi officiasse il vescovo vanta
addirittura l’appellativo di “cattedrale” suscitando nei turisti, in cerca di chissà
cosa, sorriseti tra il sardonico ed il compatimento. Forse non troverebbero molto da ridire se
paragonassero la nostra cattedrale alle minuscole pievi del Casalino o
di Resi ove per ospitarvi temporaneamente il morto per le esequie,
dovevano lasciare aperta la porta perché la bara non vi entrava per
intero! A Murlo, grazie al vescovo, di spazio in chiesa ce n’era sempre
stato a sufficienza anche quando la sua popolazione residente sfiorava
le cento anime. Oggi
poi con il benessere diffuso, la gente non sente più questo bisogno
impellente di raccomandarsi al Signore come quando la miseria imperava;
oggi la gente cerca altrove, magari nei soldi il conforto alle proprie
ambasce, al vero linguaggio universale inteso benissimo da tutti,
vecchi o giovani che siano. Ma, contrariamente alle apparenze il mio
discorso voleva essere serio per domandarsi come fosse stato il
primitivo aspetto della chiesa quando ancora non era stata ancora
sottoposta alle modifiche di cui se ne intravedono le tracce in
facciata. I
materiali impiegati a suo tempo “fanno la spia” e l’impressione che se ne riporta farebbe
pensare ad una volumetria più contenuta ampliatasi in seguito a causa
di eventi straordinari come “la guerra di Siena” e l’avvenuta
pacificazione in Toscana con la nascita del Granducato.
A quel periodo (1586/89) risale la riqualificazione e l’ampliamento della chiesa
con la costruzione del transetto e della parte absidale. Furono anche
inseriti gli altari laterali a stucco e successivamente le tele di
Astolfo Petrazzi e Dionisio Montorselli. La facciata rappresenta comunque un autentico
rompicapo poiché fa supporre il totale rialzamento del tetto al livello
del culmine del timpano senza dare apparenti informazioni se la chiesa
primitiva avesse o meno la veletta campanile in facciata come, ad
esempio quella di San Bartolomeo a Pentolina oppure quelle
rappresentate dal Romagnoli come Sant’Ansano a Dofana, o San Tommaso
Apostolo a Val di Pugna.
Dalle
tracce ancora visibili, il tetto appariva ad un livello più basso
correndo dietro al timpano di cui oggi è difficile immaginare
l’aspetto. Il rosone posto al centro dell’attuale facciata fu voluto in
epoca recente da Don Mauro Taccetti che me ne parlò un giorno incontrando la mia disapprovazione.
Oggi m’interrogo sul perché lo feci senza riuscire a darmi risposta
poiché sarebbe stato molto meglio chiedere notizie dell’aspetto
precedente della facciata e sui perché gli fosse balenata l’idea di
aprivi un rosone. Forse oggi saremmo più informati ed io avrei un
rimorso in meno per averlo amareggiato con un troppo affrettato
giudizio. Ma tornando al timpano, le due spallette asimmetriche
rispetto all’asse della facciata considerato al centro dell’ingresso,
difficilmente, con il loro stacco, farebbero immaginare il limite di
posa delle falde del tetto; poiché se queste avessero avuta una
pendenza di trenta gradi come di norma, il tetto sarebbe risultato
troppo basso rispetto alla chiave dell’arco della porta e tutta
l’impostazione della chiesa sarebbe risultata fuori proporzione.
Osservando bene il tutto e facendo un confronto con la facciata della
chiesa di Pentolina si potrebbe supporre che le falde del tetto fossero
impostate non alla base del timpano, ma un po’ più in alto salvando così le
proporzioni della chiesa. Interessante è notare come antiche pievi
disegnate dal Romagnoli si avvicinassero a quello che poteva essere
l’aspetto della chiesa di san Fortunato.
Non è certo facile ricavarne qualche certezza, resta
solo da immaginare che possa essere
esistito un
certo nesso con l’aspetto di alcune delle pievi suburbane coeve. Semmai
c’è ancora da domandarsi dove finissero le corde delle campane quando
la veletta campanaria stava sopra la porta d’ingresso, ma la risposta è
abbastanza facile perché, in quel caso esisteva sempre una specie di
soppalco sul quale saliva l’incaricato per suonarle. Nessun ostacolo
intralciava il percorso dei fedeli che entravano in chiesa e il
campanaro poteva anche suonare poi l’organo se la chiesa era abbastanza
importante da possederlo, come la nostra “cattedrale” ad esempio!

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