MURLOCULTURA n. 1/2010 | ||
---|---|---|
Una frazione ai
limiti del mondo di Luciano Scali |
||
|
Il viaggiatore
interessato che spinto dalla curiosità si troverà a percorrere la
strada per il
villaggio della Befa , sarà attratto dalla vista di un gruppo di case
appollaiate lassù in alto a destra sulla collina con la mole bianca di
Montepertuso a farle da sfondo. Si tratta dell’antico villaggio di
Pompana il cui toponimo tradisce origini etrusche. Viene subito fatto
di domandarsi sul modo per poterci arrivare poiché di strade dirette
non se ne vede nemmeno l’ombra. Infatti il collegamento con la Befa era
assicurato da un sentiero ripido e malagevole con un pregio però: di
essere corto e poco frequentato e considerato, in tempi lontani, come
una vera e propria via. Quando il villaggio, nel dopoguerra cominciò a
ripopolarsi, anziché ripristinare l’unica via carrabile proveniente dal
Bagnolo e da Arniano che manteneva un andamento piuttosto regolare, si
preferì allargare e far proseguire uno stradello che portava nei pressi
del fosso Rigagliano e dopo averci gettato attraverso un ponticello di
ripiego, collegarsi alla strada della Befa. Da qualche settimana “la
strada maestra” è stata riaperta seppure in forma provvisoria con
l’intenzione di renderla agibile in breve tempo e questo fa ben sperare
per il futuro della frazione di Pompana. Il villaggio, in origine assai
povero e fuori mano, sta vivendo adesso un clima di ammodernamento e di
rinnovo anche se, strada facendo, perde molto della sua vera identità.
La collina di Pompana degradante verso l’Ombrone è caratterizzata da
profili ripidi e ricoperti da bosco mentre i due fossi che la
delimitano: il Rigagliano ed il fosso della Chiesa, mostrano
caratteristiche diametralmente opposte. Il primo segna il confine con
la comunità di Buonconvento e parte dai campi sotto Giulianella,
Bagnolo e il Caggio per gettarsi dopo un percorso piuttosto breve
nell’Ombrone, mentre l’altro che prende il nome dalla chiesa scomparsa
di Santa Margherita nei pressi di Montorgialino, ha un andamento
tormentato e selvaggio e dopo avere attraversato rocce antiche
risalenti al Giurassico ed al Cretacico, va ad alimentare il Rigagliano
nei pressi della Befa. Lungo il corso del fosso della Chiesa furono
aperte nel secolo scorso cave di manganese ancora identificabili dai
cumuli di materiale lasciati in loco al momento dell’abbandono. Dal
punto di vista naturalistico la zona presenta aspetti di notevole
interesse con ritrovamenti di rocce ove fossili guida del tipo: Litodomus litophagus
hanno lasciato la traccia del “loro soggiorno” oltre a copiosi
esemplari di Ostraea lamellosa a
dimostrazione del “periodo lagunare” della zona. I banchi di calcare
balzano presenti tra i diaspri furono interessati in epoche abbastanza
recenti alla produzione di calce aerea con le fornaci ancora visibili
sulla via per Quato e nei pressi di Arniano. A queste scarne
informazioni di carattere generale sarà difficile che possano
aggiungersi altre per la scomparsa della popolazione indigena e per il
lungo periodo d’abbandono.
Il cambio di destinazione che ha trasformato case del borgo da modesti ripari per contadini a qualificate abitazioni munite di ogni confort, ha operato senz’altro cambiamenti sostanziali al suo aspetto originale facendone nel contempo il luogo ideale per trascorrervi periodi nel più completo relax. Del villaggio di Pompana le notizie sono scarne e quanto giunto a nostra conoscenza proviene dal lavoro di Giuseppe Merlotti: “Memorie storiche delle Parrocchie suburbane delle Diocesi di Siena” dove si parla di un Oratorio che apparteneva alla famiglia Turbanti, originaria dello stesso villaggio e fatta edificare in proprio dal sacerdote Girolamo Turbanti nell’anno 1602. Di questo edificio sacro del quale restano oggi ruderi informi e la sola cantonata destra della facciata, siamo in grado di presentare solo due brutte foto con la chiesa già in rovina che riesce però a darne un aspetto un po’ più leggibile (Fig. 1 e 2). Venne dedicato a San Gerolamo forse in memoria del sacerdote che l’aveva edificato. Fig. 1 Quell’Oratorio fu oggetto di visite pastorali da parte dell’arcivescovo Borghesi nel maggio 1755 e dello Zondadari nel 1802 ed in entrambe la chiesa risultava dedicata a San Gerolamo mentre in quella effettuata nel 1833 dall’arcivescovo Mancini viene ricordata come cappella di San Francesco. Anche nell’ “Inventario degli oggetti d’arte della provincia di Siena”- 1862- 1865, l’ispettore dell’Accademia Provinciale di Belle Arti F. Brogi la ricorda come Cappella di San Francesco a Pompana. In merito all’effige ubicata a quel tempo sull’altare l’ispettore si espresse così: “La Madonna tiene seduto sul braccio sinistro Gesù Bambino il quale ha nella destra una rondine legata per i piedi con un piccolo nastro del quale tiene l’altra estremità con la sinistra. Mezza figura di grandezza naturale dipinta a tempera e fondeggiata in oro. Tavola rettangolare con arco inscritto nel lato superiore, alta 0,76 larga 0,55- Sec. XIV. Maniera di Ambrogio Lorenzetti - Scuola senese”. Riguardo
allo
stato di conservazione il predetto riportava: “Restaurata da poco tempo ma adesso minaccia in molti luoghi di scrostarsi nuovamente.” Fig. 2 In occasione della mostra dedicata a Icilio Federico Joni dal 18 Giugno 2004 - 09 Gennaio 2005 presso l’ex ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, si racconta che il celebre “produttore di quadri antichi” si servisse delle collaborazione di falegnami, intagliatori e doratori provenienti dall’istituto senese di Belle Arti come riportato nei taccuini dell’antiquario Giuseppe Mazzoni raccolti sotto il titolo“Giornale dell’antiquario” (1). Uno fra questi, certo Ferruccio Vannoni, appare da protagonista in un racconto quale esecutore del rifacimento dei fondi in oro di vari quadri conservati in musei statunitensi fra cui la Madonna con il Bambino, attribuita ad Ambrogio Lorenzetti, proveniente dalla cappella di S. Francesco a Pompana. Fig. 3 La tavola era
compresa in un consistente lascito di opere d’arte effettuato in favore
del Metropolitan Museum of Art di New York da George Blumenthal ex
presidente di quell’Istituto a partire dal 1934 fino al 1941 anno della
sua morte. Ciò significa che prima di prendere la via degli Stati
Uniti, la tavola venne ulteriormente restaurata con adeguata perizia
date le capacità possedute da artigiani abituati a ricreare opere
difficilmente riconosciute come apocrife (fig.
3). Dai pressi di Pompana proviene anche un interessante reperto di
epoca etrusca conservato oggi nell’Antiquarium di Poggio Civitate a
Murlo. La Soprintendenza ritiene che si tratti di un cippo del V–VI
secolo a.C. realizzato in pietra fetida ubicato in origine sulla
sommità di un tumulo con funzione di segnacolo tombale. Il rinvenimento
avvenne negli anni 1960 “nel cosiddetto campone presso di Pompana e del
podere di Arniano”, come recita la scritta riportata attorno alla
foto che riproduciamo e che accompagnava il reperto in questione. Si
dice che il ritrovamento fosse avvenuto nei pressi del fosso della
Chiesa, non molto distante da un luogo dove, ancora oggi, fanno capo
diversi sentieri e dove, in passato era in atto una intensa viabilità.
Sorge spontaneo il sospetto che il cippo possa avere avuto una funzione
diversa da quella attribuitagli e che si fosse trattato invece di un
segnavia posto nei pressi di un importante incrocio di strade. A meno che il reperto non
sia ruzzolato così in basso o scaricato a bella posta nel luogo di
ritrovamento, resta difficile immaginare che un tumulo così importante
da potersi permettere un cippo del genere, fosse ubicato nel campone
fra Pompana e Arniano. Dopo il ritrovamento il cippo rimase per un
periodo di tempo accantonato nei pressi e subì l’attenzione interessata
di un personaggio di cui non si conosce l’identità ma solo il giudizio
di colui che resosi conto dei danni recati al reperto ebbe a scrivere
sempre a margine della foto ciò che vale la pena di trascrivere: “Un imbecille presso il quale [il cippo] si trovava, ebbe la bella idea di spaccarlo, forse pensando di trovarvi un tesoro all’interno…” Infatti il reperto presenta tutte le facce ubicate ai quattro angoli rovinate da colpi di martello con l’intento di scoprire se il massiccio reperto nascondesse un qualche segreto. In un certo senso aveva ragione anche lui poiché il reperto continuerà a restare muto e non sarà certo qualche martellata in più a convincerlo a raccontare la sua vera storia. |
|
Torna su |