MURLOCULTURA n. 1/2012

Carrellata sui mestieri in mutazione

IL MURATORE

di Luciano Scali

Ventiseiesima puntata


Associazione Culturale di Murlo
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Il curiosare nel sottotetto di una casa antica riserva di solito interessanti sorprese poiché permette di rendersi conto degli accorgimenti messi in atto per risolvere con razionalità e fantasia alcune particolari situazioni con le quali il mastro muratore doveva fare i conti. Il piccolo imprenditore, spesso improvvisato e di limitate risorse economiche, era costretto ad affinare le proprie conoscenze professionali per riuscire ad impiegare al meglio quanto disponeva o poteva facilmente procurare. Ricorreva così ad artifizi costruttivi capaci di sopperire con la tecnica alla carenza di materiali più adatti allo scopo ma troppo costosi e quindi al di fuori delle proprie possibilità. Il ricorso ai materiali più abbondanti e a portata di mano poteva condizionare l’aspetto dell’opera finita ma non la sostanza; importante era il raggiungimento dello scopo prefissato anche a discapito, appunto, del fattore estetico.
L’impiego oculato di muratura e di legname riusciva a risolvere quelli che potevano apparire come problemi ma che invece erano soltanto limitazioni di disponibilità.

La copertura di luci importanti poteva avvenire in più modi ed è interessante prendere in esame alcuni esempi disponibili nel nostro territorio di cui è stato fatto cenno a più riprese proprio su queste pagine.

Nella figura 1 è rappresentato il sottotetto della chiesa dei santi Pietro e Paolo a Montepescini sorretto da capriate le cui estremità poggiano sui muri laterali della costruzione. Sulla capriata insistono la trave di colmo e i due arcarecci che a loro volta supportano i travicelli ove poggiare mezzane e tegole.

Il sottotetto della chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Montepescini

Fig. 1 - Il sottotetto della chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Montepescini


Osservando l’orditura del tetto si notano tredici file di mezzane per ogni passinata, vale a dire che è stato fatto uso di travicelli di circa due metri di lunghezza. Tenuto conto della loro inclinazione e delle passinate in numero di quattro, si può dedurre che la larghezza della chiesa si aggiri sui sette metri. Con lo stesso criterio si può stimare l’interasse delle capriate visto che in senso longitudinale il numero delle passinate assomma a dodici e quindi porta a ritenerlo di circa quattro metri. Una copertura del genere presuppone il facile reperimento di legname in una certa quantità e dimensione, visto che la lunghezza della corda della capriata misura all’incirca otto metri.
La chiesa di Santa Maria Assunta a Pianta Sala (fig. 2), con una larghezza e orditura del tetto similare a quella di Montepescini, presenta soluzioni diverse dove la funzione delle capriate è stata affidata alla muratura costituita da spallette laterali a sostegno di un arco a tre centri con sesto ribassato e catena di contenimento.

La chiesa di S. Maria Assunta a Piantasala (Casciano di Murlo)

Fig. 2 - La chiesa di S. Maria Assunta a Piantasala (Casciano di Murlo)



L’uso del legno con muratura venne adottato per riutilizzare le strutture esistenti nei successivi ampliamenti della chiesa, dimostrando come sia possibile risolvere particolari situazioni ricorrendo a tecniche diverse di costruzione.
Un altro caso è rappresentato dalla copertura della diruta chiesa dell’eremo di Montespecchio (fig. 3) che poggiava per intero sopra una volta a botte senza l’ausilio alcuno di legname. Sia la chiesa che il convento erano ricoperti in siffatta maniera per precisa scelta suggerita dalla necessità di evitare il ricorso a materiali deperibili, di difficile approvvigionamento e sostituzione data la particolare ubicazione dell’eremo.

La chiesa dell’eremo di Montespecchio

Fig. 3 - La chiesa dell’eremo di Montespecchio


Questi alcuni esempi di coperture alle quali venne fatto ricorso per coprire spazi di ampia superficie.
Per le case di civile abitazione, che ospitavano un solo nucleo familiare, o al massimo due, e dove la destinazione degli ambienti era molto diversificata, il ricorso all’approvvigionamento dei materiali necessari a realizzarla si mostrava meno arduo poiché si limitava all’uso di quelli più agevoli a reperirsi nel circondario. L’osservazione ravvicinata di questi manufatti rivela l’esistenza di un denominatore comune sul quale, all’occorrenza, apportare le dovute varianti. Le costruzioni rurali del passato erano riconducibili a due solidi geometrici semplici: un parallelepipedo disposto orizzontalmente e un prisma triangolare (fig. 4).

Schema di costruzione del tetto

Fig. 4 - Schema di costruzione del tetto

La sezione di questi due solidi sovrapposti indica, appunto, la figura di una casa. Risulta così agevole rendersi conto di come sia stato possibile effettuare scelte operative coerenti con le risorse disponibili sul posto. La soluzione tecnica del problema della copertura, risultava essere legata alla larghezza della superficie da proteggere tenendo conto delle dimensioni standard dei travicelli da impiegare. Dallo schema di detta sezione, si evidenziano i punti di appoggio della struttura portante, consistenti nei muri laterali e nella trave di colmo. Con l'utilizzo dei soli tre punti indicati e dei travicelli per orditura, la larghezza della costruzione superava di poco i tre metri, tenuto conto della loro inclinazione e della sporgenza in gronda (fig. 5).

Schema della porzione del tetto

Fig. 5 - Schema della porzione del tetto coperta in funzione dell’angolo d’inclinazione,con impiego di travicello standard.



Col ricorso all'impiego di una o più travi disposte nel senso della lunghezza (arcarecci) era possibile ampliare la larghezza della zona da coprire (vedi figg. 1 e 2) anche se un secondo limite, nel senso della lunghezza, veniva rappresentato dalla disponibilità di travi ed arcarecci. Sempre riferendosi alle figure indicate, per creare un secondo appoggio alle travi, era necessario fare ricorso all'uso di capriate o muri cosiddetti di spina (1), ortogonali a quelli laterali, ed anche al muro maestro che correndo parallelo agli esterni soppiantava la trave di colmo. In effetti la maggior parte dei poderi, i cui ruderi ancora leggibili si possono osservare nel circondario (fig. 6), mostravano due ranghi di "passinate" portando così la larghezza delle stanze di poco al di sopra dei tre metri e cinquanta.

L'interno del tetto del Podere Cucculeggia

Fig. 6 - La foto mostra un interessante scorcio d’interno del diruto podere di Cucculeggia ove sono evidenziati i resti delle strutture portanti dei due solai e l’orditura del tetto con le due passinate di correnti in entrambe le falde di copertura.


(continua)


Note

(1) Di spina perché fanno ricordare la lisca di pesce.




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