MURLOCULTURA n. 1/2013 | ||
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IL MURATORE di Luciano Scali ventinovesima puntata |
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Nelle
due edizioni precedenti si trattava delle “catene” impiegate
nelle costruzioni quando doveva farsi ricorso a particolari artifizi
per neutralizzare sollecitazioni che la muratura non era in
condizione di sopportare. Come più volte accennato, la muratura può
lavorare in sicurezza solo se sollecitata a pressione da carichi non
soggetti a variazione di stato. Ciò non significa che sulla muratura
non possano gravare carichi di altra natura, ma per farlo debbono
essere messi in condizione di “trasformare” le proprie
sollecitazioni in carichi statici. Questo vuol dire trovare soluzioni
che siano capaci di riuscirvi. Fig. 1. Nella foto sopra, l’edificio di Vallerano con la sequenza di catene inserite sulle travi. A sinistra, ricostruzione della struttura (con A e B sono indicate le chiavi terminali della trave-catena).
Una di queste (fig. 1), rilevata a Vallerano, mostra come il muratore dell’epoca sia riuscito a consolidare la parete esterna del fabbricato rivolta verso la vallata, facendo lavorare come catene le travi portanti del suo piano rialzato. Alle estremità di ognuna di esse aveva applicata una forcella che terminando con una chiave esterna faceva presa sopra una larga superficie di muro. Eseguita tale operazione non aveva bisogno di agire in altro modo sulla trave come occorreva fare con la catena metallica scaldandola per metterla in tensione agendo sull’apposito morsetto, ma lasciando che fosse il carico a cui era sottoposta ad assumersene il compito (fig. 2). Infatti il carico gravante sulla trave la fa flettere mettendola in tensione, contrastando così la tendenza della parete ove appoggia, di ruotare verso l’esterno.
Fig.
2. Schema dell’armatura della trave usata come catena di
contenimento delle murature esterne. A destra, dettaglio della
forcella porta chiave. L’applicazione della chiave della catena sulla parete, aveva lo scopo di coinvolgerne una determinata porzione che era inversamente proporzionale alla consistenza del muro: più questi era compatto e minor superficie d’ancoraggio era necessaria. Attraversando i nostri paesi col “naso in aria” e facendo attenzione a questi accessori che compaiono ovunque sarà facile notare come possano differire tra loro in forma e dimensione col ricorso talvolta, a soluzioni estetiche inconsuete ma anche di gradevole aspetto (fig. 3). Fig.
3. Particolare di una chiave su un edificio presso Montisi.
Osservandole più da vicino, e lasciando da parte l’estetica, è possibile scoprire piccoli segreti d’ordine pratico che sfuggono all’osservazione distratta del passante. La parte più appariscente della catena, ovvero il braccio che fa presa sulla parete, non si presenta in posizione verticale o orizzontale, ma obliqua e orientato indifferentemente verso destra o sinistra di chi guarda. Tale posizione non è scelta a caso ma è conseguente ad una considerazione che vuole interessata una maggior porzione di parete all’azione di contenimento della catena (fig. 4). Le varianti che è facile riscontrare nell’aspetto delle parti visibili delle catene sparse ovunque, si possono attribuire non solo alle disponibilità economiche del proprietario ma anche alla volontà di coniugare al risultato pratico ottenuto un possibile effetto estetico che non guasta mai. Il mutamento avvenuto nella tecnica delle costruzioni con l’avvento del cemento armato, ha fatto venire meno l’impiego delle catene nelle costruzioni, tranne nei casi in cui sia necessario intervenire su edifici notificati dove non sono consentite modifiche o integrazioni di rilievo. La nostra zona e la Toscana in genere sono classificate ad alto rischio sismico e proprio il terremoto è la bestia nera delle costruzioni che trovano nella staticità e nel peso la garanzia della loro stabilità. Le onde elastiche generate dal sisma, con l’alternarsi delle spinte verso l’alto e verso il basso, hanno la capacità d’invertire in rapida successione le condizioni di staticità della muratura, generando nella stessa sollecitazioni alle quali non può resistere. La compattezza viene meno, il legante si sbriciola, si creano lesioni nei punti di minor resistenza e maggior sollecitazione specie in corrispondenza di archi e volte, laddove nella muratura sussistono particolari equilibri. Se il sisma perdura avvengono lesioni irreversibili o sopraggiunge addirittura il collasso. Le catene delle quali è stato fatto largo uso nel passato, venivano poste in opera proprio dopo terremoti di una certa entità come quello avvenuto nel nostro comprensorio nel 1909. Le catene che oggi vediamo furono impiegate per tenere ancora assieme quanto restava e nell’intento di evitare che i danni sopravvenuti potessero aggravarsi col trascorrere del tempo. Fig. 4. La chiave veniva posta in posizione obliqua per coprire una maggiore superficie della muratura. (continua)
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