Murlo Cultura n. 2 - 2004

I Percorsi della memoria

"La Via dei Termini"

di Luciano Scali

 

 

 

 

La buona stagione porta con se molti doni tra i quali il desiderio di camminare. Lo si fa volentieri ricavandone l'illusione di potersi inserire nella natura in maniera speciale quasi che tale privilegio ci venga riconosciuto per chissà quali meriti. Di tanto in tanto viene voglia di ripetere un percorso particolare ove sensazioni sempre nuove si manifestano specie nei momenti in cui le stagioni cambiano mutando le caratteristiche dei luoghi da attraversare. Il pregio maggiore di questi percorsi consiste nell'effettuarli "in solitario". Non accade quasi mai d'incontrare qualcuno sulla propria via e quando succede acquista un significato di eccezionalità poiché travalica dalla norma ormai consolidata che li vorrebbe sempre deserti. Non tutti conoscono la via per Resi anche per il semplice fatto d'ignorarne il nome pur trovandosi a percorrerla. Partiva da Murlo ma oggi inizia nei pressi del ponte della Miniera e si sviluppa sul lato sinistro del Crevole in un tunnel di vegetazione rigogliosa sui cui lati fioriscono i ciclamini e le orchidee. Solo l'occhio del camminatore abituale riesce a distinguere la traccia di vecchi sentieri verso insediamenti ormai scomparsi. Il pensiero conseguente induce emozioni struggenti capaci di popolarli ancora di ombre inquiete spinte da una forza arcana a ritornare sui luoghi ove vissero per trovarvi quella pace che nemmeno l'aldilà è riuscito a dare loro. Sembra di sentirsela addosso questa folla aliena che accompagnerà il viandante per tutto il suo cammino fino alle strade battute dalle quali i ricordi sono stati scacciati via dallo sviluppo invadente.
La strada, a suo tempo assai battuta, si trova oggi in condizioni precarie, vuoi per i numerosi smottamenti verso il Crevole, vuoi per il passaggio di qualche vettura o trattore che accentua il fenomeno specie nei pressi del "fosso della Spia" a pochi passi dall'inizio della "via dei Termini."
Due nomi e due argomenti sui quali riflettere. Quello del fosso induce al mistero, come il mestiere della spia del resto. Non è facile darsi una risposta all'interrogativo conseguente e se il desiderio spinge a saperne di più sarà opportuno ricorrere alla fantasia. Ne uscirà una storia poco veritiera, più vicina a quella desiderata che non alla realtà, ma altrettanto importante poiché capace di soddisfare la momentanea curiosità. Dell'altro nome: quello della via detta dei Termini, si sa invece tutto. Si chiamava così perché lungo il suo corso erano ubicati numerosi punti fissi ai quali fare riferimento per determinare le proprietà adiacenti che, nel 1821, appartenevano alla famiglia Massari ed ai marchesi Del Taja.

La zona era tutta a lecceta senza i "campi sodi" che s'incontrano salendo verso la via delle Fornaci.
Ma ritorniamo alla strada che, appena lasciata quella di Resi, s'impenna con pendenza impossibile per qualsiasi mezzo, attraversando una stratificazione di diaspri manganesiferi che poi lasciano posto ad un esteso banco di calcare balzano. L'aspetto del luogo diviene magico e se qualcuno ha la ventura di percorrerlo durante una notte di plenilunio, ha l'impressione di muoversi sopra un terreno fosforescente ove la luce sembra venire da sotto terra anziché riflettere quella lunare. In pieno sole si evidenziano i dettagli del percorso. La cava "dei Sassi Bianchi" che un tempo alimentava la piccola fornace di calce adesso quasi del tutto scomparsa, assomiglia più ad un moderno bassorilievo che ad una parete di roccia. Un tempo qualche anziano cacciatore, vi andava a "tirare ai colombacci" sapendo della loro frequentazione periodica della zona. Alla destra della strada si apre una forra profonda dove scorre il "Fosso della Buca Falsa", di difficile accesso anche partendo dal basso. Questi divide il bosco in due colline consentendo allo sguardo di spaziare sopra le piante e di godere del paesaggio apertosi d'improvviso in orizzonti più ampi. Quando la lecceta ha termine si presenta agli occhi un'ampia zona brulla ove campeggia una grande querce oltre la quale si aprono sul terreno calanchi in miniatura derivati dal ruscellamento delle acque trattenute a malapena dagli arbusti di ginestra che con la loro presenza limitano i danni delle piogge torrenziali. Lo spettacolo che si affronta al momento di lasciare il bosco è maestoso e affascinante. Attraversando la barriera delle ginestre fiorite ci si trova letteralmente avvolti dal loro profumo e dai voli di farfalle sbucate da ogni dove per curiosare attorno all'intruso. Sono solo pochi attimi intensi, durante i quali la natura si rivela per poi richiudersi rapidamente in se stessa lasciando nella mente il desiderio di riprovarli ancora. Difficile è pensare a qualcosa di diverso da quello che la natura offre e facendosi strada nell'erba alta con gl'insetti attorno attratti dal sudore, la mente rifiuta l'idea di doversene tornare alle quotidiane abitudini. Una strada antica, breve e dura, dagli scorci incredibili ma che vale la pena di fare almeno una volta per capire. Capire cosa? Quale sia la vera identità del nostro territorio, così piccolo ma incredibilmente sconosciuto.

 

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