MURLOCULTURA
n. 3/2005 |
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Il bene pubblico è considerato ancora un patrimonio comune?
"Bene pubblico e interesse privato"
di Luciano Scali |
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Da
alcuni anni l’interesse del cittadino verso la cosa pubblica si va
progressivamente affievolendo, mentre di contro si rafforza in maniera
abnorme il suo spirito individualista. Ne consegue un preoccupante
indebolimento del tessuto consociativo a discapito della comunità, che
ne esce fortemente menomata nelle sue capacità propositive e di
crescita. Quasi in preda ad una sorta di preveggenza, il singolo individuo indirizza ogni facoltà e risorsa verso l’acquisizione di posizioni attraverso le quali raggiungere profitti personali di un certo rilievo. Sembra quasi che la società attuale abbia iniziato un nuovo ciclo nel quale riaffiori un concetto antico che, nei momenti di vera emergenza, si riassumeva nella frase “Ognuno per se” lasciando la soluzione dei restanti problemi alla bontà divina. I saggi del passato affermavano con forza che la vera chiave del successo comune, dovesse ricercarsi nell’unità e nella partecipazione di tutti. Questo pensiero è divenuto obsoleto da quando il cittadino ha cominciato a non sentirsi più interessato all’amministrazione della cosa pubblica ma di considerarla come trampolino di lancio in politica o per fare soldi. Anche piccole comunità come la nostra non si discostano di molto da questo “sentire comune” ed i risultati non tardano ad emergere in tutta la loro evidenza concretizzandosi in altrettanti problemi per gli amministratori di turno. Il disinteresse del cittadino che ragiona come se la cosa pubblica gli fosse estranea, non deve però trarre in inganno perché non lo esime dalla critica feroce se il metodo per affrontare un determinato problema che la riguarda, risulta difforme dai suoi punti di vista. Nella maggior parte dei casi la diffidenza nasce dal timore di trovarsi coinvolti, di doversi esporre in prima persona nel denunciare un abuso o una qualche stortura del sistema. Cosicché si preferisce chiudere un occhio su infrazioni che i soliti furbastri commettono contro la cosa pubblica, anziché testimoniare affinché l’abuso non si ripeta. Lo stesso dicasi per situazioni che possano rappresentare un pericolo per la pubblica incolumità o quanto meno preannunciarne il divenire. |
Di solito la giustificazione
viene trovata nell’insufficiente opera di controllo o di prevenzione da
parte degli organi preposti a farlo, senza considerare che sarebbe di
grande aiuto per gli stessi e per la comunità se, a conoscenza di fatti
insoliti, ci si adoperasse a renderli tempestivamente noti. |
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