MURLOCULTURA n. 3/2005
La breve storia del percorso didattico dal villaggio minerario alla Befa
La vecchia ferrovia della Miniera

di Barbara Anselmi e Luciano Scali
Associazione Culturale di Murlo
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Trascorsi ormai quasi sessant’anni dalla chiusura definitiva della Miniera di Murlo molte cose sono cambiate. Adesso il villaggio sta assumendo una caratteristica propria adattando le antiche strutture alle esigenze del vivere attuale. Si tratta di un’operazione ambiziosa, da pionieri quasi ma nel complesso meritoria allorquando il rispetto verso le antiche strutture non si lascia sopraffare dalla presunzione di apportare mutamenti che mal si legano all’identità del luogo. Nel passato, ed anche più volte direi, questo spirito ha prevalso e, purtroppo i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma non è nostra intenzione polemizzare specie quando la lettura di ciò che resta è possibile e così facendo si perpetua la memoria di un’attività che ebbe il merito di portare nell’era moderna un territorio rimasto fermo al medioevo.
Volevamo, invece, richiamare l’attenzione sulla vecchia ferrovia realizzata tra le prime in Italia per collegarsi alla rete nazionale in via di compimento. Un’opera privata costruita tra mille difficoltà e impedimenti, utilizzando solo risorse proprie attraverso terreni selvaggi e instabili il cui percorso è in massima parte utilizzato ancora oggi dalla linea Siena Grosseto. Dal ricordo della sua funzione nel contesto della storia di Murlo, circa nove anni fa venne approntato un progetto per il recupero di quanto rimasto con lo scopo di evidenziarne l’aspetto culturale. Infatti l’ex tracciato ferroviario poteva riassumere nel suo contesto molteplici caratteristiche a partire da quella naturalistica per giungere, attraverso i vari aspetti della sua evoluzione storica ai giorni d’oggi; a quello che avrebbe potuto rappresentare quale testimone del più importante avvenimento dell’età moderna. A suo tempo, l’Associazione Culturale collaborò con il Comune al progetto di realizzazione del Sentiero didattico (costato oltre 300 milioni di  vecchie lire e finanziato in gran parte con fondi europei), facendo gli opportuni studi e ricerche, preparando i testi dei pannelli informativi lungo il sentiero, dei quali, fin da adesso vorremmo approfondire i contenuti . La scelta non è casuale ma piuttosto la conseguenza di un irrispettoso taglio boschivo avvenuto all’inizio dell’anno. Buona parte del sentiero è stata trasformata in pista di smacchio del legname, con allargamenti per consentire il passaggio di mezzi meccanici pesanti senza nessuna considerazione dei gravi danni alle sue caratteristiche didattiche. Ci auguriamo che l’approfondimento delle conoscenze di questa parte del nostro territorio sensibilizzi l’animo di chi lo percorre in misura maggiore di quanto accaduto fino ad oggi e, soprattutto induca chi di dovere, a tenere nel giusto conto i valori, sia culturali che economici, appartenenti a tutta la comunità.

La Geologia del sentiero della Ferrovia

Proviamo un po’ a percorrere il sentiero della vecchia ferrovia soffermandoci, di volta in volta, ad osservare meglio le realtà incontrate a cominciare dal suo aspetto naturalistico geologico.
Il tracciato ferroviario della miniera taglia corpi rocciosi che per circa 100 milioni di anni hanno costituito il fondale di un tratto dell’antico oceano chiamato "Tetide".  Questi si formò circa 200 milioni di anni fa, durante il Triassico, quando un'intensa attività vulcanica smembrò le terre emerse allontanando fra di loro quei blocchi continentali che poi divennero le attuali Europa e Africa. La lava, che fuoriusciva da lunghe fratture (dorsali oceaniche), si solidificò formando un nuovo fondo oceanico sul quale si depositarono grandi quantità di sedimenti di mare profondo. Il processo di espansione oceanica si arrestò circa 140 milioni di anni fa, quando iniziarono i movimenti compressivi che ebbero come conseguenza la formazione delle Alpi e dell'Appennino. Nel corso di questi eventi l'oceano Tetide fu cancellato e frammenti del suo fondale furono sollevati e traslati sulla terraferma, piegati e scompaginati. Tutto il Comune di Murlo è un territorio privilegiato per studiare e osservare da vicino questo vecchissimo fondale marino e i fenomeni geologici che l’hanno interessato. Fra Casciano e Vallerano, ad esempio, affiorano serpentiniti, gabbri e basalti, rocce derivate dalla solidificazione del magma prodotto dalle dorsali oceaniche. Al ponte di Crevole, proprio lungo la strada, si possono vedere i “basalti a cuscini”, corpi rocciosi rotondeggianti che si formarono con il veloce raffreddamento del magma a contatto con l’acqua di mare. Sul sentiero della Miniera predominano invece le rocce sedimentarie che si depositarono sopra la crosta oceanica appena formata: abbiamo infatti i diaspri, le Marne di Murlo, il Calcare Balzano e le Argille con Calcari Palombini. La parte magmatica del fondale qui è rappresentata dal solo gabbro.

Crosta oceanica

Schema della crosta oceanica in corrispondenza di una dorsale oceanica 


Per conoscere un po’ meglio l’origine di queste rocce, immaginiamo di percorrere il sentiero partendo dalle Miniere di Murlo. I Diaspri (o Radiolariti) costituiscono il principale affioramento nella prima parte del percorso; sono facilmente riconoscibili per il loro colore rosso fegato e per la suddivisione in straterelli di pochi centimetri di spessore. Sono rocce sedimentarie costituite in prevalenza da resti di Radiolari, microrganismi marini a scheletro siliceo che vivevano galleggiando nella massa d'acqua. In quantità subordinata sono presenti anche ossidi di ferro, responsabili della colorazione rossa, ed ossidi di manganese, visibili come patine nere lucide, oggetto in passato di sfruttamento minerario. Il riconoscimento delle specie di Radiolari presenti nella roccia ha permesso di risalire al suo periodo di formazione: tra 160 e 140 milioni di anni fa (Giurassico superiore). La presenza dei Diaspri è la prova dell’elevata profondità oceanica e dell'intensa attività vulcanica sottomarina esistente nella Tetide in quel periodo. La pressione esercitata dall’acqua (si stima una profondità di almeno 2000-3000 metri) e l'anidride carbonica emessa in enormi quantità dalle dorsali sottomarine "sciolsero" infatti tutti i materiali calcarei che si depositavano sul fondo, mentre solo gli scheletri silicei dei radiolari poterono accumularsi e dare origine ai diaspri. Sul sentiero sono testimoniate anche le enormi forze alle quali furono sottoposte queste rocce durante la chiusura dell’oceano Tetide e il loro trasporto nella posizione attuale: fratture e pieghe, talvolta spettacolari, sono piuttosto frequenti e arricchiscono l’interesse del percorso. Poco dopo s’incontra il Gabbro, una roccia scura che come abbiamo visto ha origine vulcanica. Esso però, al contrario dei basalti, che solidificarono velocemente in superficie, si è formato con un lento raffreddamento del magma all’interno della crosta oceanica, per cui si definisce una roccia magmatica intrusiva. Le modalità di solidificazione si rispecchiano nell'aspetto della roccia: il lento raffreddamento in profondità ha permesso infatti la formazione di cristalli di notevole dimensione: sono visibili cristalli di pirosseno (in gran parte diallagio, di colore verde scuro) e di plagioclasio (bianco latte), i principali minerali del gabbro. Nella frattura fresca la roccia ha colore verde scuro con i singoli minerali ben distinguibili, mentre in diversi punti del sentiero, in corrispondenza di faglie o altri punti dove la roccia è stata sottoposta a stress, si riduce ad un detrito brecciato di colore giallastro nel quale sono visibili i cristalli di pirosseno in lamelle scure e lucide. Proseguendo ancora il cammino, s’incontrano le Marne di Murlo, che si presentano alterate e disgregate in sottili scagliette grigie a composizione prevalentemente argillosa; ad esse si intervallano affioramenti più compatti di una roccia bianca conosciuta come Calcare Balzano, un calcare marnoso nel quale, oltre a carbonato di calcio è contenuta una certa percentuale di argilla. La presenza del calcare segnala l’inizio della chiusura della Tetide, poiché indica che la profondità dell’oceano e anche la sua attività magmatica erano diminuite, permettendo appunto la deposizione del carbonato di calcio. Il Calcare Balzano è infatti formato dall’accumulo di scheletri e gusci di carbonato di calcio appartenenti a varie specie di microscopici organismi marini, in prevalenza Coccolitoforidi e Calpionelle. Dallo studio delle specie di microfossili , si è potuto risalire al periodo della sua formazione, avvenuta intorno ai 140 milioni di anni fa (Cretaceo inferiore).

In passato il Calcare Balzano venne largamente usato per produrre calce aerea da costruzione, pertanto attraversando il nostro territorio, anche sui poggi che sovrastano il sentiero della ferrovia, è facile imbattersi in rovine di fornaci da calce accanto a cave ormai abbandonate.
Avvicinandosi ormai alla Befa, nei pressi del Molino, si trovano le Argille con Calcari Palombini. Esse si presentano molto simili alle Marne di Murlo, apparendo nei pressi della confluenza tra Crevole e Crevolone in suggestive nude collinette formate da scaglie argillitiche nelle quali si intercalano strati di calcare grigio. Il curioso nome di queste rocce deriva proprio dal colore del calcare, dovuto all'elevato contenuto in silice: palumbus o columbus in latino significa, appunto, grigio. Anche questa formazione rocciosa, come dimostrerebbe il suo alternarsi di banchi di calcare e argilliti, è indice della chiusura in corso dell'oceano Tetide. Si ipotizza infatti che periodicamente, nel fondale oceanico in cui si depositavano le argille, sarebbero arrivate correnti sottomarine cariche di sedimenti calcarei provenienti da profondità minori, mobilizzati dai movimenti tettonici di chiusura della Tetide. I pochi microfossili contenuti nelle bancate calcaree hanno permesso di stabilire che le Argille con calcari palombini si sono formate intorno a130 milioni di anni fa (Cretaceo inferiore).

Con la fine del sentiero, alla Befa, termina anche questa breve e schematica panoramica sulle rocce del Sentiero della Ferrovia della Miniera. Nella prossima “puntata” ci occuperemo della vegetazione e poi della fauna.
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