MURLOCULTURA n. 3/2005
Mestieri e personaggi del passato
La Fornace di “Nicche”
di Luciano Scali
Associazione Culturale di Murlo
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Si parla sempre della “Fornace di Nicche” scoprendo alla fine che i personaggi erano tre. Non ho avuto il piacere di conoscerli anche se ormai sono più di quattro lustri che mi sono stabilito a Murlo, poiché qualcuno è arrivato prima di me a portarseli via. Si trattava, senza meno di grandi lavoratori di cui ormai se n’è perduto lo stampo e che, nella loro semplicità, erano dotati di una buona dose d’intraprendenza. Più volte nelle pagine del nostro quaderno abbiamo fatto cenno al lavoro del fornaciaio sottolineandone il sacrificio e cercando di attrarre l’attenzione verso un mestiere ingrato che non ammetteva distrazioni di sorta concedendo appena il tempo per riposare. Ho visitato più volte il luogo dove la fornace si trova, anche se i meglio informati assicurano di esservene un’altra più recente nei paraggi ma che ancora non sono riuscito a localizzare. Adesso la macchia la nasconde quasi per intero ed il volerla visionare più da vicino diventa una impresa non facile. I pozzi della fornace sono due, ubicati alla quota del piazzale antistante la cava di calcare.  Bisogna riconoscere che la disposizione del cantiere era oltremodo felice e razionale con l’assicurare il minimo dispendio di energie nel trasporto della pietra da cuocere. Una strada di servizio scendeva al livello delle bocchette di carica per poi risalire al piazzale della cava circondando il complesso che, tra l’altro, si avvaleva della variante innovatrice costituita dalle porte di scarico del prodotto finito poste al lato di quelle d’imbocco.

Fornace di Nicche 

Durante il carico della pietra e la fase di cottura della calce, venivano murate per poi riaprirsi lasciando passare il fornaciaio con la sua carretta. Un piccolo capanno per gli attrezzi, ed anche per riposare, si trovava poco lontano completando il cantiere. Poche centinaia di metri lo dividevano dalla strada di Pompana, attraverso la quale il prodotto finito poteva essere avviato ai luoghi di utilizzazione. Cambiati i tempi anche il mestiere del fornaciaio si avviò verso la fine, assieme a quello del cavatore e del produttore di fastella. Il superstite della “famiglia Nicche”, Beppe Soldati, venne così a trovarsi nella necessità di procurarsi un altro lavoro. Pratico com’era non si perse d’animo decidendo di andare addirittura a Firenze a fare il ristoratore. A chi gli domandava se fosse in condizione di riuscirvi era uso rispondere: “Figurati! Cocevo i sassi, vuoi che non sia capace a cuocere le bistecche?”
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