MURLOCULTURA n. 3/2008 |
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Il
trenta giugno 1944, Murlo veniva liberato da reparti dell’esercito
francese. Purtroppo fra le truppe accolte con calore dalla popolazione,
vennero a trovarsi elementi che dettero luogo a episodi di violenza che
qualcuno ancora ricorda. CADUTI A LUPOMPESI NEL 1944 di Annalisa Coppolaro |
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C'è
un dramma di guerra ancora scritto nella memoria popolare, un dramma
che coinvolse due famiglie note di Murlo e che resta tra gli episodi
più drammatici di una guerra lunghissima e spietata. Era
un caldo giorno di luglio del 1943: il giorno rimasto nella memoria di
tutti a Murlo, e soprattutto a Lupompesi, quello in cui persero la vita
due giovani partigiani per mano di un soldato marocchino ai comandi
dell’esercito francese. I due uomini si chiamavano Bruno Bellini e Agostino Lorenzetti, ed in pochi istanti, per mano di un soldato forse in stato di ebbrezza, rimasero uccisi da colpi di fucile
nella Piazza del Pozzo, davanti agli occhi inorriditi della gente del
paese. Insieme a loro, a terra, anche la moglie di Agostino Lorenzetti:
Vittoria Cortonesi, che sopravviverà all’episodio ma
conserverà quei drammatici momenti nella memoria per sempre. Probabilmente
scoppiò un diverbio tra Bruno Bellini, Agostino Lorenzetti ed il
soldato in piazza, quel lontano giorno di luglio: bastava poco a volte
per irritare un esercito eterogeneo come quello francese che era
stazionato a Vescovado, mandato in zona per scacciare
via del tutto i tedeschi ancora presenti. I francesi al comando di De
Gaulle avevano arruolato soldati di vari paesi delle loro colonie, e i
soldati del Marocco erano tra i più temuti. Nonostante
teoricamente non fossero tra i nostri nemici, questi soldati perdevano
spesso il loro sangue freddo ed eseguivano atrocità che la gente
ricorda molto bene: stupri e violenze erano all’ordine del
giorno, e le donne in questa zona si nascondevano dal pericolo di
questi soldati in ogni modo possibile. Anche bambine molto piccole,
come mia madre Tosca, erano tenute nascoste dalla famiglia nelle
soffitte o nei
capanni per il timore di poter esser trovate da questi soldati
violenti. Figlie, madri, nonne erano tutte nel mirino di questa follia
di guerra, di soldati che probabilmente non capivano neppure come mai
stringessero quei fucili e dovessero andare in giro per le campagne a
seminare terrore in una guerra di cui anche loro erano vittime. Quanto
accadde nel luglio del ’43 provò di nuovo
l’inutilità crudele della guerra: bastò il
diverbio, o forse una semplice parola di troppo non compresa dal
soldato, e questi mise mano al fucile e sparò. L’orrore di
quel momento, il rumore degli spari, le urla strazianti, rimangono come
impresse nelle mura del paese, che non aveva mai visto una scena del
genere. L’esecutore materiale di quel gesto fu a sua volta fucilato nei pressi per mano francese, presso il luogo dove oggi sorge il deposito dell’acqua di Vescovado. I
genitori di Bruno, Artemisia e Salvatore Bellini, l’allora
fidanzata di Bruno, Flora Angelini, la famiglia di Agostino Lorenzetti
e della moglie Vittoria, e tutti coloro che amavano e conoscevano le
vittime non si sarebbero più tolti dagli occhi e dal cuore quel
momento straziante, rimasto nella storia del nostro territorio a
ricordarci, ancora e per sempre, l’assurdità di tutte le
guerre in ogni angolo del mondo. “Perchè, come diceva mia nonna, quando si passa attraverso una guerra si spera solo che non ne vengano fatte altre; non c’è niente di peggio della sensazione di essere sospesi a un filo ed in balìa di folli con in mano un’arma da fuoco o di un aereo che rovescia bombe al suolo”. Proprio mia nonna ricordava le volte in cui andando a Vescovado a piedi per portare a macinare il grano suonavano le sirene dell’allarme e lei doveva nascondersi tra i rovi dei cespugli che costeggiavano la piaggia
del Leccino mentre il rumore degli aerei fischiava sinistro sopra la
sua testa. Tante volte si era fatta male con i rovi ed era tornata a
casa sanguinante. E non era un film di guerra, ma la vita di ogni
giorno, dove si lottava per sopravvivere, e si rischiava la pelle per
andare a macinare il grano per una povera pagnotta da cuocere nel forno
del paese. (Grazie a Radio Carli) |
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