MURLOCULTURA n. 3/2009 | ||
---|---|---|
Una mappa di settant’anni fa svela un progetto avveniristico mai realizzato a causa della guerra marne cementizie di Luciano Scali |
||
|
La seconda guerra mondiale era iniziata da circa otto mesi e prometteva di durare ancora per lungo tempo e, indipendentemente dal suo esito, doveva essere presa in considerazione la necessità di riparare i danni provocati dal conflitto e assicurare la continuità delle attività del villaggio minerario. La sola escavazione della lignite di scarsa qualità che si stava estraendo, difficilmente avrebbe potuto, a guerra finita, sostenere la concorrenza di carboni più pregiati provenienti anche dall’estero, mentre sarebbe servita egregiamente per alimentare in loco le fornaci tradizionali ma ormai obsolete e meglio ancora: forni rotativi moderni di grande produzione. L’andamento delle zone a calcare balzano e quella a marne da cemento era facilmente riconoscibile nel bosco soprattutto per la presenza di “fornaci arcaiche a buca” situate nelle vicinanze di fossi e presso cave in miniatura capaci di fornire ottimo materiale laddove non facevano difetto il sottobosco ed il combustibile necessario per la cottura. L’ampia cava alle spalle del villaggio e sulle propaggini del poggio del Farneto poteva fornire ambedue i materiali mostrandone la linea di contatto. Dopo aver superato il torrente Crevole, proseguiva obliquamente sul poggio della Fornace e dopo attraversata la via per Montepertuso, andava ad esaurirsi sulla via di Arniano per Pompana. Anche Poggio Civitate ed il Poggione venivano interessati da queste lingue di calcari e marne prima di essere contenute di nuovo da diaspri e gabbri. In seguito gli eventi presero andamenti diversi: la guerra non andava bene per la nostra parte ed ogni richiesta avanzata presso i competenti ministeri per l’assegnazione di attrezzature e materiali contingentati rimase senza risposta. Da prove effettuate su campioni, il cemento e la calce risultarono di ottima qualità ma impossibilitati di essere prodotti. Oltre trenta fornaci per calce, tuttora riconoscibili, ed a quel tempo in condizioni di operare, erano distribuite nell’immediato circondario della miniera e quindi capaci di fornire gran copia di prodotto finito, mentre l’auspicato impianto per la preparazione del cemento non sarebbe mai stato nemmeno iniziato. Anche l’ammodernamento della ferrovia col ritorno allo scartamento normale adeguato all’impresa e collegata direttamente alla stazione della Befa, rimase lettera morta mettendo così la parola fine non soltanto ad un progetto di sicuro avvenire, ma a creare in maniera irreversibile i presupposti per la chiusura dell’attività mineraria a Murlo.
|
|
Torna su |