MURLOCULTURA n. 3/2010 | ||
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Realtà nascoste nel nostro territorio La Fonte dei Canapai di Luciano Scali |
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Quante
siano le fonti che si trovano nel territorio di Murlo non è dato di
sapere con esattezza poiché con l’esodo dalle campagne avvenuto
nel dopoguerra, molte di esse sono state dimenticate. La natura ha
ben presto preso il sopravvento su zone coltivate inglobando colture
un tempo rigogliose ricoprendole di macchia e avviluppando piante da
frutto in un intrico di edera, vitalbe e strappaborse. Non è raro
imbattersi in piante domestiche nel bosco più fitto richiamando il
pensiero alla presenza dell’acqua sotto forma di piccole vene ormai
interratesi per mancata manutenzione. Anche i ruderi sparsi di poderi
abbandonati fanno pensare al prezioso liquido senza il quale era
impossibile creare un insediamento permanente di uomini e animali.
Ebbene molte di queste fonti, in strutture piuttosto stabili, si
trovano oggi in luoghi abbastanza ritirati e selvaggi e, strano a
dirsi, svolgendo un ruolo essenziale ancora oggi seppure di natura
diversa da quello per il quale erano nate. Una tra queste è la fonte
detta dei Canapai ubicata nei pressi del torrente Crevolone e del
tracciato di un’antica strada ormai snaturata dall’abbandono e da
una cessa tagliafuoco costruitavi sopra. Il catasto Leopoldino la
identifica come la strada di Canneta proveniente da quella delle
Macchie che, dopo aver aggirato il poggio Serpentaio e la frazione
dell’Olivello scendeva il poggio Degano per dirigersi verso monte
Moro e la strada di San Giusto. Il suo toponimo la dice lunga
sull’uso delle sue acque e delle colture a suo tempo praticate
nell’ampio piano alluvionale del Crevolone. La coltura della canapa
forniva fino ad epoca recente preziose fibre per realizzare tessuti
di grande robustezza e resistenza e la sua coltivazione rappresentava
un apporto indispensabile all’economia delle famiglie dedite
all’agricoltura ed alle attività boschive. Il piano naturale si
adattava molto bene all’uso anche perché, oltre all’apporto
delle acque sorgive della fonte poteva contare su quelle del torrente
e del vicino fosso dell’Ebreo.
Il poggio Degano, alla cui base si trova la fonte, è costituito da un possente deposito di diaspro dal quale filtra un acqua perenne fresca e piuttosto abbondante. In tempi lontani sotto la sorgente venne ricavata una vasca di raccolta a sua volta circoscritta da una robusta muratura protettiva, quindi sulla parete frontale fu aperta una finestrella di aerazione e d’ispezione e nella parte sottostante praticato un foro sul quale fu inserito, dapprima un “doccio di terracotta” quindi un tubo più piccolo di “terra invetriata” per la fuoriuscita dell’acqua. In origine l’apertura doveva essere protetta da uno sportello di chiusura ma ora è possibile gettare uno sguardo all’interno e notare come la vasca di raccolta sia piena di sassi e ghiaia che assicurano un’ottima filtrazione dell’acqua sorgiva. Oggi quell’acqua, che si raccoglieva in una pila più ampia da usarsi per innaffiare, esce libera e va a raccogliersi in una grande pozza tra gli alberi andando a formare un insoglio naturale per la delizia dei cinghiali che se ne servono ampiamente durante i mesi di calura. La loro presenza è testimoniata dalle tracce lasciate sulle cortecce ruvide degli alberi ove gradiscono grattarsi, e dalle buche scavate col grifo alla ricerca di radici tenere. Una sorgente antichissima menzionata dal Mengozzi nella pubblicazione Il Feudo del Vescovado di Siena per definire i confini della Corte di Resi: “… et dinde torna a la fonte al Campaio per lo Valloncello in fino alla Creule di Montespecchio…” A chi attraversa il territorio con gli occhi aperti e col desiderio di apprendere, la fonte dei Canapai è una delle tante sorprese sulle quali imbattersi, e quando ciò accade non bisogna minimizzare l'incontro lasciandosi fuorviare dalla prima impressione dettata dal modesto aspetto della cosa, ma adoperarsi piuttosto per scoprire quanto nasconde. Difficilmente si resterà delusi. |
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