MURLOCULTURA n. 3/2010 | ||
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Un noto capolavoro di Duccio di Buoninsegna del quale non tutti conoscono la storia La Madonna di Crevole di Maria Paola Angelini |
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La
Madonna col Bambino, opera di Duccio di Buoninsegna comunemente
chiamata “Madonna di Crevole”, deve il suo nome alla lunga
permanenza trascorsa in quel luogo, precisamente nella pieve di santa
Cecilia. In realtà questa fu solo l’ ultima tappa di un percorso o
“viaggio”, durato secoli, che il dipinto del celeberrimo pittore
senese affrontò, prima di giungere all’ attuale collocazione, il
museo dell’ Opera del Duomo di Siena.
Monsignor Vittorio Lusini nel 1913 pose l’attenzione su un documento d’archivio, un testamento dettato nel 1250 da tale Ramo di Paganello di Guido, il quale metteva a disposizione 50 soldi per far dipingere una tavola in onore della Madonna, da destinare alla chiesa dei santi Pietro e Paolo a Montepescini. Poiché tale cifra non era sufficiente per un dipinto del genere, Lusini pensa che questa fosse solo una prima parte del pagamento della tavola, dipinta perciò molti anni dopo, circa trenta come vedremo più avanti. Se la Madonna di Duccio corrisponde a quella voluta da Ramo di Paganello, dunque, essa dovette subire un primo spostamento da Montepescini all’eremo di Montespecchio. Questo si evince, infatti, da un’annotazione sul tergo del testamento, compilata nel Quattrocento da un monaco di Lecceto. Proprio lì si conservavano tutti i documenti relativi a Montepescini e non dobbiamo neanche trascurare il fatto che la congregazione di Lecceto aveva preso sotto di se il convento di Montespecchio nel 1433; questo accredita ancora di più ai nostri occhi la testimonianza lasciata dall’anonimo archivista leccetano. Ma la nostra tavola, ancora una volta, dovette patire le alterne vicende della chiesa che la accoglieva. Quando nel 1686 l’arcivescovo di Siena decise a favore di uno spostamento dei monaci di Montespecchio presso Santa Cecilia a Crevole, la Madonna di Duccio li seguì, così come una campana appartenuta all’eremo e che fu collocata nel campanile della pieve. Le condizioni del convento di Montespecchio, ormai caduto in rovina dopo molti anni di splendore, richiedevano una più degna e sicura sistemazione per i suoi abitanti e anche per la veneratissima Madonna. A Crevole il dipinto veniva festeggiato il Lunedì di Pasqua da moltissime persone e dalla compagnia laicale della Natività di Maria, così come ci attestano alcuni documenti d’archivio. Tra questi, quelli ricordati dall’erudito Spinelli che ci dice proprio come la Madonna conservata a Santa Cecilia avesse trovato ospitalità per molto tempo presso Montespecchio. Quando nel 2003 fu inaugurata a Siena la grande mostra dedicata a Duccio di Buoninsegna, la Madonna di Crevole veniva esposta accanto a quella detta “di Castelfiorentino”, opera di Cimabue con la partecipazione dello stesso Duccio. Tale scelta non fu casuale; entrambi i dipinti presentano notevoli affinità. Innanzi tutto tutti e due si ispirano ad una icona bizantina della Madonna “Odigitria”, cioè la Vergine raffigurata a mezzo busto che mostra allo spettatore il Bambino che tiene in braccio. Dalla tradizione orientale, poi, vengono mutuati la decorazione a filamenti d’oro che sottolinea le pieghe del mantello di Maria e l’ impiego dello stesso prezioso materiale per il fondo del dipinto. La posa del piccolo Gesù è la medesima nelle due pitture, dove con la mano egli sfiora il volto della madre. Poiché la forma a cuspide del dipinto di Cimabue è ovviamente frutto di un intervento successivo, è molto probabile che questo presentasse agli angoli due piccoli angeli, così come la pittura di Crevole, viste anche le dimensioni simili della tavola. Ma allora cosa differenzia queste due opere dove si confrontano più che mai le qualità pittoriche di due grandi artisti come Cimabue e Duccio? Quella del secondo offre allo spettatore e al fedele un ritratto di Maria colta in tutto lo strazio della rivelazione della necessaria morte del figlio, ma nonostante questo il suo volto è raffigurato con una grazia e una leggiadra eleganza di tratto che non hanno pari. La morbidezza della pelle del viso è la stessa che ritroviamo nelle guance di Gesù ed ancora la medesima che traspare dalla sua tunichetta. Da osservare con quale effetto il vestitino veli la gamba e il piccolo piede del Bambino, come se fossero lambiti da dei sottili, orizzontali filamenti serici. Per quello che riguarda il collocamento temporale di quest'opera nel percorso creativo di Duccio di Buoninsegna, Luciano Bellosi nella sua scheda del dipinto per il catalogo della mostra del 2003 propone, attraverso l'analisi dell'esecuzione pittorica e un confronto con la Madonna Rucellai del medesimo autore, una datazione poco anteriore al 1285. Di certo c'è che questa Madonna col Bambino ha rappresentato nei secoli passati una presenza fondamentale e carissima al territorio di Murlo, vista la devozione, la cura e l'attenzione che l'hanno interessata.Tali sentimenti ancora oggi la investono ed una volta di più ci piace mettere l'accento sull'importanza di mantenere viva la memoria della storia di opere come queste, intimamente legate ad un comune ricco di tradizione e di testimonianze così attuali, come è quello di Murlo. La Madonna di Crevole torna a Murlo? In un certo senso si, anche se non si tratta proprio della tavola originale di Duccio che è possibile ammirare presso il Museo dell’Opera del Duomo, ma di una riproduzione eseguita dalla pittrice Francesca Capitini per assecondare il desiderio espresso da Viola Panichi Zalaffi durante la presentazione del suo libro a Murlo. Un gesto gentile, di rara sensibilità e di alto valore simbolico per ricordare le esperienze vissute in qualità di docente nelle scuole del Vescovado, e per dare un senso di continuità alla sua opera riannodando le fila di un discorso interrotto tanto tempo fa con i bambini ormai cresciuti che furono i suoi alunni. La vita della sacra immagine è stata caratterizzata da lunghi soggiorni trascorsi in luoghi che ben poco conservano dell’originale aspetto facendo addirittura dubitare che quanto accaduto sia successo davvero. L’immagine stessa della Madonna, passata indenne tra gli avvenimenti tragici dei secoli più bui, sembrerebbe confermarlo visto il suo straordinario stato di conservazione come se Duccio l’avesse dipinta solo ieri e non sette secoli e mezzo fa. L’autentico miracolo sta nel suo aspetto che la caducità delle cose non sembra avere nemmeno sfiorato come se un diretto intervento divino avesse guidato la mano dell’artista durante la realizzazione dell’opera. Sarà stato proprio cosi? Chi può dirlo, ma la vista dell’immagine che la signora Zalaffi ha voluto donare alla nostra comunità, sarà sempre tra noi a farlo ritenere possibile. |
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