MURLOCULTURA n. 3/2011 | ||
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Il linguaggio delle pietre di Murlo nelle opere in mostra presso l’Antiquarium di Poggio Civitate I mosaici plastici di Livia Livi di Maria Paola Angelini |
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L'Antiquarium
di Poggio Civitate ospita quest’estate la mostra di una delle
artiste più conosciute e stimate del nostro territorio: Livia Livi,
che per molto tempo (e felicemente, come ama spesso ricordare) ha
abitato proprio alle Miniere di Murlo. Livia conduce la sua ricerca
artistica da autodidatta, ma anche a tutto tondo; i mezzi espressivi
che utilizza sono, infatti, i più svariati. Fin dagli anni Sessanta
la sua attenzione si rivolge verso la pittura ad olio, poi ancora
all’acquarello, scultura e grafica a puntinismo. È proprio grazie
ad una evoluzione di quest’ultimo mezzo che l’artista giunge a
creare qualcosa di totalmente innovativo ed inaspettato: il così
detto “mosaico livico”, termine coniato da Mary Feroci
Manescalchi. Si tratta certamente della forma interpretativa più
nota di Livia, stiamo parlando dei suoi famosi dipinti realizzati con
le pietre. In queste opere, che si snodano lungo tutte le sale del
primo piano del museo, i colori diventano tangibili, i frammenti di
roccia vanno a comporre in modo minuzioso e articolato le sfumature
di tono delle forme rappresentate. Quello che porta Livia a
realizzare una singola opera è un lavoro lungo e articolato, che
necessita di diversi anni di paziente applicazione. In concreto
l’artista, partendo da un soggetto dipinto ad olio, ne realizza un
calco delle campiture cromatiche che trasferirà su un nuovo
supporto. Questo, di solito compensato, accoglierà le pietre che
proprio grazie alle loro cromie naturali andranno a sostituire i
colori del modello originario. Ciò che lo spettatore può osservare
è dunque un mosaico di frammenti ottenuti sminuzzando le pietre che
Livia ha raccolto principalmente lungo il corso del nostro torrente
Crevole. Tra le caratteristiche che più ci impressionano delle sue
opere c’è sicuramente la resa volumetrica dei soggetti
raffigurati: non è solo la pietra che riesce a dare questo effetto
proprio grazie alle innumerevoli forme poligonali che assume, ma è
l’artista stessa che colloca i frammenti su piani diversi, ora
alzando, ora abbassando il livello della materia. Ne è un esempio il
ritratto della signora dai vistosi capelli rossi, esposto a confronto
proprio con l’originale ad olio. Qui ogni singolo dettaglio
dell’abbigliamento è ricreato con estrema cura, ma non traspare
solo l’aspetto formale, forse ancora di più lo spettatore può
cogliere il carattere eclettico e particolarissimo della ritratta, un
soggetto indimenticabile. Più bassi sono i toni cromatici di un
altro ritratto ancora, quello del ragazzo con gli occhiali, amico di
Livia che con lei ha condiviso esperienze artistiche. Il soggetto
sembra guardarci, pronto da un momento all’altro a intraprendere
con noi una conversazione ricca di riflessioni interessanti, il suo
abbigliamento è quello tipico di un giovane degli anni Settanta,
modellato sul Che Guevara. Il “mosaico livico” non è però solo
ritratto; esso si traduce anche in scene con più figure, come quella
dove uno sportivo porge la mano all’avversario per aiutarlo a
rialzarsi dopo una caduta. Qui l’artista ha voluto esprimere
fortemente una emozione e il concetto di solidarietà; come un flash
questo mosaico ci colpisce direttamente e ci passa veramente senza
filtri la sensazione che l’artista voleva immortalare. Si giunge
poi al paesaggio. Una bella veduta di Murlo colpisce l’occhio per
la complessità di realizzazione della vegetazione, dei colori dei
campi, delle colline e del cielo, ma è proprio questo continuo
alternarsi di colori che ce lo rende brulicante di vita. L’artista,
come abbiamo già detto, utilizza le pietre che raccoglie sul
territorio e che hanno per loro stessa caratteristica la varietà di
colore e sfumature che si rivela ancora più nelle venature che si
hanno una volta frantumate. Il sasso da elemento comune diventa uno
strumento versatile e potente per poter esprimere al meglio le
emozioni che Livia vuol passare all’osservatore, la sensazione di
gioia che si prova quando si realizza un’opera e che è poi in
definitiva l’arte stessa. La pietra ha un’essenza, un nocciolo
puro che è proprio come i soggetti rappresentati, ovvero colti al di
là di quelle che sembrano le apparenze.
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