Ciò
che da sempre affascina della Villa di Suvignano è l’atmosfera
austera, sognante, misteriosa. Quasi un luogo inquietante, con la sua
forte presenza sopra la collina che delimita il confine tra Murlo e
Monteroni. Le sue vaste finestre ad arco si accendono, con un sistema
elettronico, al tramonto per spegnersi all’alba, anche se qui ora
non vive nessuno. La villa ottocentesca si staglia dietro trine di
alberi scuri, circondata da grandi estensioni di terreno, presso
l’antichissima piccola chiesa, dedicata a S. Stefano e già
documentata nel 1100. E’ proprio la villa padronale ad attrarre chi
transita nella strada bordata di cipressi che poi si apre su colli di
straordinaria bellezza: un luogo perfetto, questo, per ambientare un
racconto giallo, magari un thriller, o solo una storia d’amore
d’altri tempi. Del resto il suo giallo ce l’ha avuto e lo sto
ancora vivendo, Suvignano: è infatti la più grande proprietà del
nord e centro Italia confiscata alla mafia definitivamente
nell’aprile 2007, dopo essere per anni appartenuta, con i suoi 713
ettari e 13 coloniche, due agriturismi e la villa padronale, a un
costruttore siciliano che si dichiarava nullatenente. Negli anni ‘80
se n’era occupato anche Giovanni Falcone, e da tre anni anche il
Comune di Monteroni sta lottando per evitare la messa all’asta di
questo straordinario patrimonio.
STORIA
E VITALITA’DI SUVIGNANO
La
realtà di cui parliamo ha tante sfaccettature che ne fanno un luogo
unico, che solo sporadicamente appare nei documenti degli ultimi
secoli.
L’attuale
tenuta di Suvignano conta circa duemila ovini di razza sarda e
duecento suini di cinta senese, cinque ettari di oliveto, un’azienda
faunistica di 260 ettari, tre centri zootecnici, due agriturismi con
piscina. Ma quello che attrae e che ci incuriosisce è la villa
padronale, la “casa di caccia” costruita dall’arch. Marri
Mignanelli ai primi del 1800 per ospitare gli invitati alle battute
nella propria riserva. Si erge su pianta squadrata, ha tre loggiati
sovrapposti, che presentano deliziosi archi, e poi un grande
cornicione sotto il quale si trovano medaglioni e finestrelle con
griglie in cotto traforato, tutte differenti. Un disegno del
Romagnoli di metà’800 mostra al secondo piano soltanto un
mezzanino sottotetto, quindi qualcuno dopo ha deciso di crearvi un
terzo piano. Caratteristico poi il fienile di fronte alla villa, che
presenta archi traforati a motivi diversi sulle quattro pareti. La
storia di Suvignano copre molti secoli: infatti si trova già abitato
nel 1235, nel Diplomatico Riformagioni del 1234, e circa vent’anni
dopo come comunità autonoma, dove viene nominato un procuratore per
le cause con Siena. Sempre secondo i documenti, il Comune di
Suvignano viene aggregato al vicariato di Lucignano e incaricato
della custodia del castello di questo villaggio, che si trova a poche
centinaia di metri in linea d’aria, sulla strada che oggi unisce
Murlo a Monteroni. Inoltre l’estimo registra qui anche un toponimo
di cui non esiste più traccia, un luogo chiamato Castelletto.
UNA
STORIA MILLENARIA
Di
Suvignano però, a guardare bene, secondo il Merlotti (nelle sue
Memorie Storiche delle parrocchie suburbane della Diocesi di Siena)
si parla addirittura già nel XII sec: infatti “in questo luogo
esisteva fino dai tempi remotissimi un popolato casale, o Borgo di
qualche rinomanza: e fino dall’anno 1171 riscontrasi che ci
tenevano alcuni possessi i Canonici del Duomo di Siena”, scrive
Merlotti. “Ed invero in quell’anno Ser Lamberto Arciprete, Loto,
Domenico, Azzone, Giovanni, Ranieri ed Indebrando canonici della
stessa Cattedrale, venderono a Pietro di Ciarlo ed a Cristoforo di
Martino la quarta parte di un tenimento di terreno posto in contrada
di Sovignano in luogo detto Palombaia”. Suvignano, o Sovignano, poi
torna di nuovo in un atto di donazione, del 9 maggio 1265, che un
certo Bonizzo del fu Uguccione della Villa al Pino donò all’Ospedale
di Siena: si trattava di due appezzamenti di terra, uno ubicato alla
‘Costa del Saragio di Pietro’, l’altro in un posto chiamato Val
di Ruffredi. Nel secolo successivo, e poi nel 1400, spesso Suvignano,
con la bella chiesetta intitolata a S. Stefano, si troverà legato al
territorio di Murlo: infatti, dopo la peste del 1348, la parrocchia
di Suvignano risulta decimata e ridotta a sole quattro famiglie e
viene quindi unita a quella di S. Lucia in Villa di Pompeggiano e
poi, insieme a San Lazzerello, aggregate alla Parrocchia di San
Michele Arcangelo presso Montepertuso (Murlo). Solo nel 1609 si
ritiene la popolazione di Sovignano sufficiente a "meritare"
una parrocchia, erigendo a chiesa parrocchiale proprio S. Stefano
che, con la chiesa menzionata di Santa Lucia in Villa, è governata
dal parroco di Suvignano. Ma le rendite della parrocchia non bastano
a mantenere il parroco, e nel 1676 la Curia arcivescovile bandisce un
concorso, e un secondo nel 1678, col quale la parrocchia è affidata
al rev. Diacono Bernardino Ercolani di Vescovado di Murlo. Ma sia la
chiesa che la canonica sono ormai edifici cadenti, qui vivono solo
poveri agricoltori: l'intervento di un nobile, "il zelantissimo
Signore Francesco de' Piccolomini, e quindi poi (.) il Nobil Signor
Comandante Muzio suo figlio e ricco possidente di questo luogo al
pari che pietoso cittadino senese" la salva. Per 50 anni la
parrocchia è sede della pia confraternita del Ss. Sacramento (dal
1729 al 1785), è istituita la festa del Corpus Domini, e secondo i
documenti la popolazione di Suvignano è composta di dieci coloni.
Finalmente, dopo varie traversie, la chiesa viene riaperta al
pubblico nell'anno 1871, come scrive il Merlotti citando l'archivio
parrocchiale.
FASCINO
E SEGRETI
Da
cosa nasce il fascino della villa di Suvignano? Dal fatto che non se
ne sa quasi niente. I documenti parlano ampiamente della chiesa e del
villaggio circostante (in Località il Pino c’era un paese che
secondo l’estimo del 1318 aveva ben 14 case),ma poco esiste sulla
ottocentesca “casa di caccia”, e solo l’aiuto del fattore G. G.
Bonomi ha potuto farci ripercorrere le fasi della sua storia. Bonomi
ha rintracciato pochissimi documenti –pare che infatti tutte le
carte relative a Suvignano siano state portate da uno degli ex
proprietari in Umbria – due lapidi e un “Libro Grasce” del
1844. Già allora la tenuta, di proprietà del “nobil sig.
Bartolomeo Mignanelli”, produceva molti cereali, teneva ovini e
bovini di razza chianina premiati negli anni 20 e 30. Negli anni ’30
la villa fu di proprietà dell’editore Garzanti. Fu quello forse il
periodo più importante: a Suvignano lavoravano 250 persone, c’erano
chiesa, cimitero, scuole elementari, fornace di mattoni. Negli anni
‘70 Suvignano fu proprietà di Freato Sereno, segretario
particolare dell’on. Aldo Moro, fino al 1979, ma dopo altri
proprietari, fu acquistata nel 1983 da un signore poi messo in
custodia cautelare nel 1994. Dalla gestione successiva, a cui
collaborano l’Amministratore Giudiziario e l’attuale direttore
tecnico dell’azienda Suvignano, nacque una nuova sfida. Oggi
Suvignano produce grano tenero per biscotti (Oasi Plasmon), 13 mila
kg di carne ovina, 10 mila di carne suina, olio DOP, 8 mila quintali
di cereali a paglia… Una fattoria della legalità che ha fatto
notizia e che rimane tra le più belle, sconosciute realtà della
provincia di Siena.
Grazie
a:
Giovanni
Giuseppe Bonomi, Gino Civitelli, M. Angela Moscadelli.
Bibliografia
G.
Merlotti, Memorie storiche delle parrocchie suburbane della
Provincia di Siena, Siena, Cantagalli 1995.
R.
Guerrini, Monteroni, arte, storia, territorio, Ed. Alsaba,
1990.
Giovanni
Giuseppe Bonomi, Az. Agr. Suvignano, Cenni storici (dispensa).
Immagine
tratta da:
E.
Romagnoli, Vedute dei contorni di Siena, Biblioteca Comunale
di Siena, ms. C. II. 4 (fine XVIII sec.).