MURLOCULTURA n. 4/2005
Strade antiche destinate a scomparire
"Vieni... c'è una strada nel bosco..."

di Luciano Scali
Associazione Culturale di Murlo
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Più o meno così diceva una bella canzone dei miei tempi capace di farci sognare poiché allora, il bosco aveva un fascino particolare con i suoi sentieri ombrosi dai bordi fioriti e le macchie bene ordinate.  Vi si andava di nascosto, mano nella mano per passeggiate romantiche col pensiero fisso di doversi prima o poi dichiarare ma non riuscendoci quasi mai. Alla fine, un bigliettino portato da un’amica compiacente compiva il miracolo e se in tutta la passeggiata si riusciva a rubare un bacio a fior di labbra era un successo da segnare nel calendario. Oggi nei boschi i giovani non ci vanno più… ci sono le macchine che possono portare lontano verso luoghi meno romantici ma più confortevoli ove nessuno li conosce e non s’interessa a loro. Il bosco è mutato, si è fatto più fitto dando ricetta ad una fauna più eterogenea e numerosa dopo aver perduto la sua peculiare prerogativa consistente nell’assicurare il lavoro continuativo al boscaiolo. Il bosco si è allargato riappropriandosi di zone coltivabili abbandonate e conservando al suo interno molti segni dell’uomo: le sue strade, appunto. Tracciati aperti da tempi immemorabili, transitati per generazioni che ne curavano l’agibilità, restando marcati fra le piante e la macchia invadente e mantenuti fino a qualche decennio fa da persone interessate per andare a funghi o a caccia. Strade importanti anche, accuratamente registrate nelle cartografie antiche e fissate con pignoleria in una delle più grandi realizzazioni dell’era moderna: il Catasto Leopoldino. Privo delle più importanti strade costruite di recente, il territorio di Murlo presentava una fitta ragnatela di percorsi adatti ai mezzi dell’epoca alcuni dei quali ancora in uso, altri divenuti anonimi e raramente frequentati senza conoscerne la storia e la perduta importanza. Ebbene: questo tessuto giunto pressoché integro fino ai nostri giorni, va rapidamente scomparendo mentre ben pochi se ne rendono conto. Le operazioni di taglio del bosco non avvengono più con i mezzi tradizionali, ma servendosi di moderne  attrezzature capaci di consentire tempi rapidi per effettuarle con notevole risparmio di mano d’opera e di energia. Nulla da eccepire in tutto questo, il progresso non si arresta, tanto più se permette di migliorare le condizioni di lavoro per chi deve eseguirlo. I metodi messi in campo dai novelli boscaioli e le leggi varate ad hoc per regolarne i comportamenti, pur tenendo in debito conto la salvaguardia del bosco e la sua sopravvivenza, trascurano in maniera assoluta la conservazione dei “segni dell’uomo” ai quali accennavo sopra. Un tempo il sottobosco costituiva una risorsa, oggi è un impiccio. A nessuno servono più le “fastella”, i piccoli rami ed il fogliame; non si fa più il carbone o la “brusta” e quando si fanno si usano luoghi aperti, ben accessibili e vicino a vie di comunicazione. Giustissimo! I tempi sono cambiati ma le ramaglie ci sono ancora, e allora? Allora è stato pensato di lasciarle nel bosco come una fitta coltre destinata a trasformarsi lentamente in humus. Giusto anche questo? Direi di sì poiché rigenerare lo strato di humus evita il depauperamento del bosco, ma occorrerebbe anche tenere  conto del tempo impiegato dai rami e dal fogliame a trasformarsi. Dei vecchi sentieri, dopo essere rimasti coperti per cinque o sei anni, non resta nemmeno il ricordo. Tutto questo nella più rosea delle ipotesi. Oggi nel bosco si entra con mezzi meccanici di grandi dimensioni ai quali occorrono strade adeguate alle loro caratteristiche per muoversi. Figuriamoci se verrà usato un occhio di riguardo per la preesistente viabilità di solito sconosciuta ai più, anche perché la mano d’opera impiegata nelle operazioni di taglio del bosco, proviene quasi sempre da lontano e, magari vi giunge per la prima volta. Casi senza soluzione? Mio padre con la saggezza dovuta a “non aver studiato” era uso dire che: “Non esistono problemi ma solo soluzioni” quando c’è la volontà di venirne a capo. La domanda che mi pongo è questa: “I profitti che si ottengono dal taglio del bosco effettuato in una certa maniera, compensano l’azzeramento di questi segni del passato così come sta accadendo? Non varrebbe forse la pena di riconsiderare il caso proponendo di segnare i percorsi più significativi prima di iniziare le operazioni di taglio e di pretenderne poi il rispetto?”.
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