MURLOCULTURA n. 4/2005
Rassegna di Capolavori provenienti dal nostro territorio

Pietro Lorenzetti a Murlo

di Maria Paola Angelini

Associazione Culturale di Murlo
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Trittico Crevole di Pietro Lorenzetti
C
ontinuiamo a ripercorrere la storia del nostro comune attraverso le opere d’arte più importanti che in esso si trovavano, collocate nelle numerose chiese disseminate in tutto il territorio.
Ancora una volta ci occupiamo della pieve di Santa Cecilia, sicuro rifugio del vescovo nei momenti di alta tensione politica e sociale, nonché scrigno di bellissime opere, tra cui la Madonna di Duccio e alcune parti di un polittico di Pietro Lorenzetti.
Si tratta, infatti, di tre scomparti di polittico che si trovano oggi nella Pinacoteca Nazionale di Siena e alla cui collezione si aggiunsero nel 1894. Le tavole cuspidate raffigurano rispettivamente San Bartolomeo, Santa Cecilia e San Giovanni Battista; sopra ciascun santo, nella cuspide, appunto, trovano spazio Sant’Agnese, Santa Caterina e una santa anziana, forse Santa Elisabetta o Sant’Anna. I nomi dei Santi sono stati incisi nelle aureole, San Bartolomeo è rappresentato con un coltello in mano, simbolo del martirio, Santa Cecilia stringe una sottilissima croce e porta la corona, San Giovanni sorregge un cartiglio su cui è scritto: “Ecce Agnus ecce qui tollit peccata mundi…”.
Il santo, inoltre, è rappresentato nell’atto di indicare con la mano destra e anche lo sguardo di San Bartolomeo è rivolto nella stessa direzione. Questi due indizi ci fanno capire che i pannelli mancanti del polittico dovevano essere una Madonna col bambino al centro e, di lato, un altro santo, così da avere due raffigurazioni per parte, come nella tradizione di questo genere di tavole. Lo stile di Lorenzetti si evidenzia nel disegno del volto della Santa titolare della Chiesa, Cecilia, il cui ovale perfetto e dolcissimo risalta dall’interno del manto; l’espressività del pittore è rappresentata dallo sguardo intenso di San Giovanni. Ma c’è un’altra caratteristica che fa ricordare la più importante opera su tavola di Lorenzetti, ovvero il “Polittico del Carmine” (1329). Questa è la solennità e la saldezza con cui le figure si collocano nello spazio; nell’opera per i Carmelitani è evidente nei laterali con le Sante Agnese e Caterina D’Alessandria. Nel dipinto di Crevole, invece, è impressionante il volume del busto e del braccio avvolti dal mantello che San Bartolomeo tira a sé. Abbiamo lasciato per ultimo l’aspetto forse più interessante dell’intera opera, poiché esso costituisce per noi un piccolo giallo. Nella base della cornice corre una scritta (così come la interpreta Brandi): “Hoc opus fecit fieri Dominus Laurentius Plebanus Anno Domini MCCCXXXII hoc opus (Petrus Laurentii pinxit?)”. Oltre ad avere la datazione, quindi, sembriamo avere anche il committente, un tale Dominus Lorenzo, pievano di Santa Cecilia. Su quel periodo storico abbiamo delle notizie grazie al libro di Narciso Mengozzi: “Il feudo del Vescovado di Siena”, edito nel 1911 e la cui ristampa fu presentata da Mario Ascheri, proprio nelle nostre sale comunali il 28 Giugno 1980. Sotto l’allora vescovo Donusdeo Malavolti il territorio di Murlo si presentava diviso nelle varie località che erano come dei piccoli comuni a sé stanti, ognuno dei quali aveva organizzazione fiscale, giurisdizionale, viaria ecc. Questa che può sembrare una grande autonomia non era  realmente tale poiché si doveva sempre rispondere al Vescovo e le rivolte che via via scoppiavano per sfuggire alla sua podestà e cercare di entrare a far parte del contado senese non avevano mai buon esito. D’altro canto qualora i rappresentanti del ceto medio del territorio, ovvero consoli, camerlengo e consiglieri dei singoli comuni non avessero collaborato, il governo del vescovo sul territorio sarebbe risultato difficile se non compromesso. Di qui la maggiore tolleranza e benevolenza verso quelli che potevano essere gli abitanti più importanti del territorio. Non possiamo identificare con certezza il Dominus Lorenzo, ma possiamo aggiungere alle considerazioni appena fatte che la pieve di Santa Cecilia aveva, come ovvio, una certa importanza poiché la rocca di Crevole era spesso visitata dal vescovo. Ciò può forse spiegare in parte la natura della commissione a Lorenzetti di un’opera importante nata e destinata a questa stessa chiesa.

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