MURLOCULTURA n. 4/2005
2 giugno 1946, il primo voto per le donne.

di Lalla di Trulla
Associazione Culturale di Murlo
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Il   primo febbraio 1945, sessanta anni fa, mese più, mese meno, veniva pubblicato il decreto che concedeva per la prima volta il diritto di voto alle donne. Per qualcuno di noi, non molto in là con gli anni, potrebbe essere una notizia nuova, perché credere che in Italia il diritto di voto per l’altra metà del cielo fosse una realtà già prima del 1945 sarebbe fondato se consideriamo che i movimenti femministi per il diritto di voto alle donne hanno iniziato a svilupparsi intorno alla metà dell’Ottocento. Ma è vero che gli attuali programmi scolastici non aiutano molto a conoscere questo argomento, a ciò si aggiunga che in Italia vi è stato un vero oblio, se non dire addirittura una censura, di quel movimento che gia negli anni intorno alla Prima Guerra Mondiale avevano fatto conquistare alla donna il diritto di voto nella maggior parte dei paesi democratici d’Europa e negli Stati Uniti. Questa carenza culturale ha forse indotto molte donne a perdere il significato di una conquista del genere, fino a obliare il valore dell’istituto del diritto di voto, che è fonte di democrazia e consente di tutelare un proprio interesse ogni volta che lo si esercita! Cerchiamo allora di ricostruire brevemente le tappe che hanno portato le Sorelle d’Italia a “contare” per il legislatore quanto i Fratelli. Bisogna tenere conto del fatto che l’Italia era divisa in due, che c’era una guerra in corso, che i territori del Nord erano ancora occupati dai Tedeschi e dalla Repubblica Sociale Italiana. Nell’autunno del 1944, nella parte liberata, alcuni dei grandi partiti di massa, in tutto erano solo 4 dei 6 partiti che componevano il Comitato di Liberazione Nazionale, avevano visto i dirigenti pronunciarsi a favore del diritto di voto delle donne. Una volta tradotta questa volontà nel testo di un Decreto Legislativo, questo, fu promulgato con Decreto Luogoteneziale dal secondo Governo Bonomi. Non c’era nessuna assemblea che potesse discutere la legge, non esisteva ancora la Consulta, quella nominata e non eletta, nacque più tardi, né tanto meno esisteva un Parlamento reduce dagli stravolgimenti costituzionali del periodo fascista. Quindi non ci fu nessun iter legislativo: si tratto di un Decreto scheletrico, approvato il 31 gennaio e pubblicato il primo febbraio sulla Gazzetta Ufficiale. Questo Decreto, tra l’altro, si dimenticò di rendere eleggibili le donne, cioè le rese titolari di un diritto di voto attivo ma non passivo; la cosa fu corretta con un Decreto del 10 marzo 1946. Per non rischiare di parlare della cosa come di un diritto concesso da una classe politica maschile, bisognerebbe rifarsi ai movimenti femministi che, come dicevo, sono esistiti anche in Italia prima del fascismo, ma quella coscienza femminile di “essere titolare di diritti” era stata cancellata, come del resto si era voluto fare! Il vero femminismo di quel momento ha preso coscienza dal protagonismo sociale delle donne durante la guerra. Le donne durante la Seconda Guerra Mondiale sono al centro della sopravvivenza delle loro famiglie e anche della comunità.
La presenza femminile nella guerra di Liberazione non ha precedenti storici: non si tratta solo di partecipazione ad un movimento degli uomini.
Come ogni guerra di popolo, senza le donne e il loro appoggio ai Partigiani, la Resistenza non sarebbe stata possibile. La presenza femminile nelle formazioni fu una presenza consapevole, non era solo frutto di scelte sentimentali, magari perché era caduto un fidanzato o un padre, o un fratello. Alcune donne prendevano le armi, ma quelle che non le prendevano avevano il ruolo di “staffetta” e correvano esattamente gli stessi rischi di chi combatteva: il rischio della vita, il rischio della tortura. Ricordiamoci anche che dopo l’8 settembre 1943 gli uomini avevano l’obbligo di scegliere, o la Repubblica Sociale o la Resistenza, le donne no, non avevano alcun obbligo: la scelta della Resistenza per le donne è stata individuale. Tutto questo ebbe indiscutibilmente un bel peso sulle scelte dei dirigenti dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale. La società italiana e l’opinione pubblica non ebbero veramente modo di esprimersi o discutere sulla questione, i giornali e la stampa dettero pochissimo risalto al Decreto. Con il Referendum/Elezioni del 2 giugno del 1946 vennero elette solo 21 donne cioè il 3,7% dei costituenti, ma se si vanno a veder i numeri si scopre che i partiti avevano candidato solo il 6,5% delle donne, per cui erano state elette più della metà delle candidate. Nonostante questo i pregiudizi nei confronti delle donne elettrici continuarono, anche a sinistra che a lungo disse che la vittoria della DC nel 1946 e nel 1948 era da attribuire alle donne, che erano conservatrici e seguivano i consigli dei preti! Quello che è certo è che la percentuale di votanti al femminile fu pari a quella maschile, smentendo l’idea che il voto alle donne non interessava poi così tanto. La prima volta al voto fu vissuta con una forte emozione dalle donne, anche dalla classe popolare e non ne mancano delle testimonianze anche nel nostro Comune, basta avere la pazienza di farsele raccontare! Le donne vissero un’emozione straordinaria, quella di sentirsi per la prima volta cittadine, con una responsabilità precisa nella sfera pubblica e le donne della Costituente lavorarono con molto impegno, al di là delle divisioni di partito, come rappresentanti di tutte le donne, per tutti gli articoli della Costituzione in cui vengono garantiti i diritti delle donne. Come riflessione personale mi sento di dire che, non solo operarono delle conquiste, ma posero le basi perché noi, loro eredi, potessimo continuare a conquistare. È ovvio affermare che dopo il 2 giugno 1946 ogni strumento di democrazia resta mutilato se non c’è una partecipazione al voto, perché con quella data la base elettorale è completa (salvo considerare per il futuro i diritti di voto degli stranieri che lavorano in Italia). Duole dover constatare, oggettivamente e da freddi dati statistici, che le donne si sono dimenticate del loro diritto di voto come mezzo per affermare i propri interessi al femminile e conquistare il loro diritto alla libertà e alla salute!
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