MURLOCULTURA n. 4/2007

Alla scoperta delle origini di una strada

La Via di Siena
Ovvero la voglia di percorrelra almeno una volta ad occhi aperti

di Luciano Scali
ultima puntata
Associazione Culturale di Murlo
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Della Via di Siena abbiamo iniziato a parlarne fin dal lontano aprile del 2005 cercando di riempire questo stupendo tratto di strada di alcune notizie che, se memorizzate almeno in parte, potrebbero farla apparire ancora più interessante di quello che è. E pensare che la vera via era senz'altro un'altra, con brevi tratti facilmente percorribili che, di solito, conducevano ai mulini oppure al castello o alla chiesa, e con tutta probabilità erano collegati fra loro da sentieri impervi resi inagibili durante la cattiva stagione. La gente trascorreva la propria vita in un fazzoletto di terra e non aveva necessità di spostarsi  troppo. Ricordo ancora quell'espressione colorita sentita spesso dai vecchi durante la mia giovinezza e che parlava di “Mondo piccino”, quello in cui vivevamo e che si poteva vedere senza spostarsi troppo, rappresentato magari dalle mura della città o del paese e da quel poco di terra che lo circondava. Del mondo vero, quello grande, si aveva cognizione solo andando a fare il soldato, e rappresentava il ricordo più eclatante di tutta la vita. Delle strade come le vediamo ora non ve n’era troppo bisogno, anzi potevano rappresentare un autentico pericolo poiché consentivano ai malintenzionati di presentarsi in forze sui luoghi che volevano saccheggiare. Dalle osservazioni sulla via di nostro interesse, e sulla base dei frammenti documentari tratti dai Costituti del 1262 e del 1309/10 della città Siena, ci saremmo fatta una certa idea del suo percorso primitivo tenendo conto delle indicazioni “lette tra le righe”. Abbiamo pensato anche di leggerle assieme riducendo la vista totale della via e dintorni, in brevi tratti dove il presunto percorso originale potesse apparire più visibile. Ma quali erano i “tratti illuminanti” capaci d’indicare percorsi di cui si è perduta ogni traccia? Li abbiamo altre volte menzionati ma oggi riteniamo possibile dare loro un senso concreto aiutandoci con i frammenti della nostra cartina. Iniziamo il percorso al contrario, da dove la strada si stacca dalla Cassia nei pressi di Malamerenda, scendendo verso il torrente Tressa.
Il Costituto del 1262 (Distinctio III - CCXXXIII) riporta:
“...ordiniamo che la via che conduce al mulino di Francesco di Bonaventura, che fu di Bonfiglio Gallerani a partire dal ponte della Tressa ed anche fino al villaggio della Troiola sia riparata e rifatta, non vi sia terra nella pubblica via, che sia rialzata e che non vi ristagni acqua, che non sia distrutta o sciupata durante la cattiva stagione (che s’ impedisca) ad alcuno di poter venire alla città... e le spese siano a carico di coloro ai quali è utile detta via" (1).
Ed il Costituto del 1309:
212. Che la fonte, la quale è nella contrada de la Troiuola allato a Tressa, si debba racconciare. "Anco, statuimo e ordiniamo che la fonte, la quale si dice al Pogiuolo, allato a Tressa, ne la contrada de la Troiuola, si debia acconciare et rifare, si per inundatione de l'aqua de la Tressa dal loto rempire non si possa. Et le predette cose fare si debiano a l'expese de li uomini de la contrada, a’ quali è utile. Et le predette cose sia tenuta la podestà far fare per li uomini de la detta contrada, a petitione dé cittadini di Siena, e’ quali ànno a fare ne la detta contrada.”
Le notizie sono frammentarie ma sufficienti a ricavare utili informazioni capaci di confermare l’esistenza di una strada pubblica piuttosto utile per i cittadini locali che dovessero recarsi in città, tale da essere menzionata nel Costituto del 1262.
Si ordinava di effettuarvi le occorrenti riparazioni a spese di coloro che la usavano, in modo da consentire il transito a persone e bestie con soma e senza soma.
In effetti, più che una vera strada intesa in senso attuale, doveva trattarsi di mulattiera poiché si parla soltanto di homines, bestie e salmis senza accenno alcuno a carriaggi in genere. Le riparazioni da effettuare si riferivano ai danni arrecati a seguito di inondazioni, su quei tratti in cui la via si trovava in prossimità di corsi d'acqua, tanto da suggerire di elevarne il livello per preservarla dalle piene dei torrenti e dei fossi.
Il riferimento alla fonte del Poggiolo, anch’essa tendente a riempirsi di fango a causa delle inondazioni, rappresenta un ulteriore test dell’esistenza di una via. Con tutta probabilità questa sorgente doveva trovarsi poco distante dall’abitato della Troiola, ai piedi del poggio dov’è edificata e nei pressi del torrente. Fin dai tempi più remoti, i passaggi naturali aperti dai corsi d’acqua nei millenni vennero usati come varchi per spostarsi nel territorio e le fasi iniziali di ogni sentiero hanno sempre avuto un avvio simile.
Ma vediamo meglio in dettaglio. La via di Siena, nel partire dal ponte sul Tressa, immaginato nella posizione attuale anziché sopra un più breve tracciato dalla Chiesa di Malamerenda, doveva trovarsi abbastanza vicino al torrente ov’era ubicato il mulino di Francesco di Bonaventura (1). Il punto esatto, trascorsi otto secoli è impossibile da stabilire, ma ai fini della nostra ricerca non è poi rilevante. La strada saliva il colle verso l’abitato della Troiola dopo aver incontrata la sorgente detta del Poggiolo il cui toponimo la vorrebbe indicare nei pressi di un luogo leggermente elevato ma non tanto da sfuggire alle inondazioni del Tressa. Oltrepassato l’antico Comunello, aggirava il poggio ove attualmente si trova l’agriturismo di Belvedere per spostarsi sulla sponda sinistra dell’attuale fosso Brigantino (Bracantini) (Fig. 1).

La Via di Siena, Fig. 1 - disegno di Luciano Scali
Figura 1

La decisione di scegliere il lato sinistro del fosso evitava di attraversare corsi d’acqua importanti anche dopo la sua immissione nel Sorra in località “Piano del Mulino”.
Si tratta di una zona alluvionale dall’andamento pressoché pianeggiante per buona parte del corso d’acqua e quindi adatto a edificarvi mulini e ad essere attraversato da strade più o meno importanti. Il Costituto del 1262 (III– CCXXIIII) sottolinea però le conseguenze derivate alle strada della loro vicinanza ai corsi d’acqua e lo fa ordinando di riattare con breccia (silicem) la via ubicata nel piano del castello di Radi di Creta: (che va) dalla fine del fosso Brigantino (pedem Bracantini) al nuovo ponte sul Sorra (factum de novo). (Fig. 2) (2).

La Via di Siena, Fig. 2 - disegno di Luciano Scali
Figura 2

Fortuna vuole che esista un altro riferimento nel Costituto del 1262 (III– CXXXVI) ove si delibera che venga posto un ponte in legname sul Sorra nella contrada di Radi (3). Che si tratti dello stesso manufatto è cosa evidente poiché tale delibera è precedente all’ordine di porre breccia sulla via (usque ad pontem factum de novo in Sorra). Dalle informazioni ricavate nel consultare i Costituti, ne deriva che sul tratto di strada da Malamerenda al piano di Radi esistevano due soli ponti: uno sul Tressa e l’altro sul Sorra. Ciò può significare non esservi state alternative al tracciato ipotizzato, sia per evitare guadi difficili a mantenersi a causa della natura argillosa del terreno e sia per collegarsi agevolmente ai mulini. Ma ritornando al Costituto del 1262 (III– CXXXVI), questi recita nella seconda parte: dal predetto ponte nuovo fatto sul Sorra fino a Fontanella, la strada sia riadattata e rifatta dove necessario e sia rialzata (colmata) affinché l’acqua piovana non vi formi pozze (ita quod aqua pluvia non iaceat in ea) (2).
Contrariamente alle altre volte, in questo caso si parla di acqua piovana anziché di acqua uscita da torrenti o fossi, segno inequivocabile che la strada iniziava a salire per giungere all’abitato di Fontanella, allontanandosi dai corsi d’acqua e lasciandosi alle spalle i terreni argillosi. Anche un’altra considerazione è possibile fare: il nuovo ponte dovette erigersi subito dopo che il fosso dello Zingaro aveva riversate le sue acque nel Sorra, ed all’incirca ove si trova oggi quello posto sulla via che conduce al podere di S. Niccolò.
Dopo il Sorra la strada iniziava a salire aggirando il poggio di Radi, senza attraversare il castello e, per un lungo tratto, senza più incontrare seri corsi d’acqua (Fig. 3).

La Via di Siena, Fig. 3 - disegno di Luciano Scali
Figura 3

Lasciati i terreni argillosi, la strada si inoltrava  in quelli più antichi e consistenti ai margini boscosi del poggio della Pigna laddove esisteva Fontanella (o Fontanelle): agglomerato di una decina di case, con una minuscola pieve dedicata a S. Donato e già nota fin dall’anno 1079. La strada doveva avere un aspetto modesto con dimensioni sufficienti al transito di uomini e muli con soma. Era volutamente lasciata angusta per prestarsi meglio alla difesa e non doveva attraversare il piccolo borgo. Infatti il sentiero che oggi lo tocca marginalmente per poi dirigersi verso sud, presenta la caratteristica specifica delle strade antiche in zona collinare: il mantenersi  per quanto possibile ad una quota costante. Poiché, fino a tempi non troppo lontani, le strade si percorrevano in prevalenza a piedi o a cavallo, c’era tendenza a prevederle con andamento costante pur privilegiando sempre i percorsi brevi in relazione alle basse velocità di percorrenza. Non bisogna dimenticare quale fosse il criterio prevalente nell’attuazione di percorsi stradali a partire dalla caduta dell’impero romano: privilegiare il percorso “più diretto e quindi più breve, indipendentemente dalla morfologia del territorio da attraversare”, in netto contrasto con la tecnica moderna di “adeguare la strada alle caratteristiche del mezzo”. Le colline oltre Radi di Creta, costituite da roccia cavernosa miocenica, garantivano alle vie che le attraversavano una sicura percorrenza con bassi oneri di manutenzione in relazione al traffico dell’epoca, cosicché il sentiero ancora agibile a cui accennavamo prima, non doveva discostarsi troppo da quello originale. Seguendone lo spostamento verso sud, in direzione del castello di Campriano giungeva nei pressi dell’antico romitorio di Ghirattoli, che avallerebbe la presenza di una strada per arrivarci (Fig. 4).

La Via di Siena, Fig. 4 - disegno di Luciano Scali
Figura 4

Un affresco salvatosi dalla rovina dell’eremo,  raffigurante l’effige della Madonna col Bambino sulle ginocchia, divenne oggetto di grande devozione poiché ritenuto miracoloso, tanto da dedicarle nel 1620 una chiesa in onore del “Sacro nome di Maria Vergine” a Barottoli. Nella sua prosecuzione in direzione sud, il sentiero attraversava facilmente a guado il torrente Stile in quel punto povero d’acqua data la vicinanza alla sorgente. Tra oliveti e vigne sfiorava come adesso i bastioni del castello di Campriano dall’aspetto diverso da quello a cui siamo abituati, per dirigersi in località Montazzi fra terreni dall’andamento pianeggiante con brevi tratti ancora nascosti dalla vegetazione e campi coltivati risultanti dall’accetinatura (4) di porzione di bosco verso il torrente Stile. La strada doveva esaurire il suo “percorso solitario” immettendosi nell’attuale provinciale per Casciano quindi proseguire in quella Vescovina diretta verso Murlo (Fig. 5).

La Via di Siena, Fig. 5 - disegno di Luciano Scali
Figura 5

Ancora oggi la via di Siena è considerata la più breve per raggiungere il capoluogo anche se sono in pochi a percorrerla. Divenne quella che è, dopo la guerra di Siena quando il territorio risultò “pacificato” e non più luogo di briganti. La sede si allargò per consentire il passaggio di carriaggi  arrampicandosi sulle colline e, quando per necessità dovette ”correre in pianura”, lo fece tenendosi a debita distanza dai corsi d’acqua. La Via di Siena è ancora una strada d’altri tempi per non essersi del tutto adeguata alle caratteristiche dei mezzi moderni. Va percorsa senza fretta, attenti allo spettacolo che una natura ancora integra è capace di offrire in un mondo in continua mutazione.
Il ricordo della corriera è ancora vivo in qualcuno di noi e spesso, nell’afa delle giornate estive, sembra risentire il tintinnare dei “bubboli” attaccati ai finimenti dei cavalli e lo schioccare della frusta del postiglione assieme alle sue grida d’incitamento. La gente nuova vede con occhi diversi il mondo che fu e  nessuno potrà pronunciare parole come quelle di Federigo Tozzi nel Podere: “...le diligenze di Murlo e di Buonconvento arrivavano cariche di gente e di fagotti; e quelli dentro guardavano tutti insieme nella strada”… Scene mai viste, difficilmente potranno essere immaginate e descritte, ed anche a noi che ci siamo dati la pena di cercare le origini di una strada persesi nella notte dei tempi, accadrà la stessa cosa, con una certezza però: di poterla percorrere ogni volta ad occhi aperti.

La mappa dell'intero percorso della Via di Siena
disegnata da Luciano Scali


Note
(1) Distinctio III (CCXXXIII) De via a Molendino Franceschi Bonaventure.
Item statuimus et ordinamus quod via a molendino Francisci Boneventure, quod fuit Bonfili Gallerani, iuxta pontem de Tressa, ab inde usque ad villam de Troiola, actetur et aformetur undique, et prohiciatur terra in viam publicam, ita quod via elevetur, ne iaceat in ea aqua, cum dicta via sit adeo destructa et dissipata, quod tempore yemali nemo ad civitatem potest venire, et sit valde utilis civitati; expensisi illorum, quibus est utilis dicta via.
(2) Distinctio III (CCXXXIIII).
De actanda via de plano castri Radi de Greta, silicem ad pedem Bracantini per ipsun planum usque ad pontem factum de novo in Sorra e a dicto ponte usque ad Fontanellam, actetur et aformetur, ubi necesse est, et elevetur, ita quod aqua pluvia non iaceat in ea, ita quod homines possint comode transire,cum salmis et sine salmis, (et) venire ad civitatem per eam; expensis illorum, quibus est utilis dicta via.
(3) Distinctio III (CXXXVI) De ponte fiendo super Sorram in contrada de Radi.
Item statuimus et ordinamus quod in contrada de Radi super Sorra fiat pons in lignamine, ita quod homines et bestie possit inde comode transire. Et hec fiant expensis illorum, qui  utuntur via, ubi pons fiet.
(4) Da “Cetina”, luogo disboscato e ridotto a coltura.


La Diligenza di Radi - disegno di Luciano Scali


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