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Una
targa rettangolare in marmo bianco scolpita con uno stemma
nobiliare-prelatizio è murata sulla facciata, proprio sopra il portone
d’ingresso, di quella che una volta era la pieve di Santa Cecilia a
Crevole, oggi trasformata con l’annessa canonica in casa per vacanze.
La targa raffigura l’arme della famiglia Piccolomini (si blasona:
d’argento, alla croce d’azzurro, caricata di cinque crescenti montanti
d’oro) racchiusa entro uno scudo gotico timbrato dal cappello
(identifica cardinali e vescovi); lo scudo è accollato da una croce
astile e ornato ai lati da cordoni con nappe. Risale alla seconda metà
del Quattrocento come si deduce
dall’epigrafe sottostante che la riferisce al cardinale e arcivescovo
di Siena Francesco Todeschini-Piccolomini, nipote di papa Pio II (Enea
Silvio Piccolomini). La scritta, parzialmente rovinata ma ancora
decifrabile, recita infatti: F PICCOL CAR SEN / PII PP II NEPOS
(Francesco Piccolomini cardinale senese, nipote di papa Pio II). Francesco
Piccolomini, nato nel 1439 da Nanni Todeschini di Sarteano e Laudomia
Piccolomini, sorella di Pio II, era stato da quest’ultimo educato
nell’adolescenza e introdotto nella consorteria Piccolomini della quale
aveva quindi preso il cognome. Nel 1460, in occasione di una visita a
Siena di Pio II, il ventenne Francesco viene nominato arcivescovo della
città il 19 febbraio ed eletto cardinale il 6 marzo seguente.
Con
il nome di Pio III, assunto in onore dell’amato zio materno, diverrà
papa il 22 settembre 1503. Il 18 ottobre successivo però, dopo appena
26 giorni di pontificato, sarà colto dalla morte, sulla quale circolerà
il sospetto di avvelenamento da parte dei
sostenitori di Pandolfo Petrucci, signore di Siena, anche se, in
effetti, al momento della sua elevazione al soglio pontificio si
trovava già in precario stato di salute a causa di una avanzante
cancrena a una gamba. La collocazione della targa sulla facciata
della chiesa di Crevole parrebbe non originale anche se è plausibile
una sua provenienza da poco lontano: o da un’altra posizione
all’esterno o all’interno di quella pieve oppure, più probabilmente,
dalla vicina rocca, secolare proprietà e prestigiosa residenza
fortificata dei vescovi di Siena, sulle cui mura quest’ultimi non
mancarono certo di apporre durante il rispettivo episcopato i simboli
del proprio dominio sul circostante territorio di Murlo. Lo stemma fu
evidentemente commissionato dal Piccolomini dopo il 1460, anno in cui
diviene arcivescovo e cardinale, e forse prima del 1464, quando ad
Ancona muore lo zio, papa Pio II,
ricordato sulla targa. Lo stesso Enea Silvio Piccolomini era stato
vescovo di Siena dal 1449 al 1458, primo di una serie di quattro, tutti
appartenenti alla potente consorteria senese, che si protrarrà per
l’intera seconda metà del Quattrocento e i primi tre decenni del secolo
successivo (Antonio dal 1458 al 1460, Francesco dal 1460 al 1503,
Giovanni dal 1503 al 1529).

Nel
novero delle incalcolabili e più disparate vicende di cui narrano le
molteplici testimonianze che, sotto forma di targhe, stemmi, insegne,
madonnini, lastre, cartelli e così via, le strutture murarie portano
apposte da secoli, da decenni o anche solamente da anni, ve n’è una abbastanza singolare e di stretto ambito familiare, rievocata da una piccola tabella in marmo murata nell’intonaco
dell’androne che funge da ingresso all’edificio più grande
dell’agglomerato denominato La Palazzina, sulla provinciale di
collegamento fra Vescovado e Casciano. L’epigrafe sulla targhetta,
scolpita in bei caratteri capitali entro un elegante cartiglio, fa
riferimento a una fortunata giornata di caccia di fine Settecento,
durante la quale venne catturato un consistente numero di uccelletti: Il 14 ottobre 1791 si prese n.300 tutti fringuelli.
L’edificio
dove si trova la targa era la casa padronale cui faceva capo il podere
Belvedere ubicato negli immediati dintorni e venduto nel settembre 1691
da Iacomo Roselli del Vescovado al signor Iacomo Puccioni, abitante a
Siena e di professione maestro di ballo. All’epoca il suddetto podere
era provvisto della sola casa per il lavoratore e comprendeva otto
moggiate incirca di terre lavorative, vignate boschive sodive macchiose
e un campo con circa trenta pedoni d’olivo ed altre tante di querci...(1).
Poco dopo l’acquisto del podere, il Puccioni intraprende la costruzione
di una casa nei pressi del casolare del contadino (il mezzadro), da
utilizzare con la famiglia durante quelle “villeggiature” praticate
tanto dalla nobiltà senese dotata di ville e vasti possessi fondiari
nel contado quanto da quelle ricche famiglie borghesi o anche solo
benestanti che potevano godere di una più modesta dimora in campagna
con un po’ di terra intorno dove riposare per periodi più o meno lunghi
lontano dalla città e godersi la quiete del contatto stretto con la
natura. Il fabbricato della Palazzina, di aspetto sobrio ma signorile al
tempo stesso, viene probabilmente ultimato sul finire del Seicento o al
massimo nei primi anni del secolo successivo e nel 1730 gli viene
costruita vicino dagli eredi di Iacomo Puccioni una piccola cappella
intitolata a San Pietro d’Alcantara, così come si conveniva ed era di
utilità per una dignitosa residenza di campagna. Sul finire del
Settecento la proprietà passa dai Puccioni nelle mani del patrizio
senese Pietro Sani e sarà mantenuta dalla sua famiglia fino a metà
Ottocento. E’ facile che ai Sani vada ricondotta l’apposizione della
targhetta in questione, avvenuta evidentemente dopo uno di quei
soggiorni autunnali in cui
la pratica della caccia, spesso in compagnia di amici, diveniva la
principale attività di svago svolta dai signori proprietari nei loro
possedimenti rurali. Altrettanto probabile è il fatto che una così
proficua giornata di caccia sia da attribuire all’impiego di reti o
panie sistemate in boschetti appositamente potati, dove i piccoli
volatili venivano attirati con richiami, piuttosto che all’uso di armi
da fuoco, anche se già abbastanza diffuse nell’esercizio venatorio alla
fine del XVIII secolo. Una scritta incisa posteriormente in maniera
grossolana sulla piccola tabella ricorda l’altrettanto cospicua cattura
di 211 uccelli nel medesimo giorno dell’anno 1794.
Note
(1) Per notizie su La Palazzina e il podere Belvedere vedi: Murlo Cultura n.4/2006, pp.4-5 e n.5/2006, pp.14-15.
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