MURLOCULTURA
n. 4/2008 |
|||
---|---|---|---|
Come ci si divertiva noi vecchi quando "s'era piccini" I giochi dei nostri tempi 3a puntata |
|||
|
Oltre
al gioco dei barberi, c’era quello più interessante delle figurine che
prendeva molto di più del nostro tempo coinvolgendoci in giochi da
potersi fare al coperto senza bisogno di grandi spazi. Le figurine oggi
sono in disuso dopo il boom delle collezioni Panini con raccoglitore,
soppiantate da giochi elettronici più moderni che, pur trattandosi di
miracoli della tecnica, lasciano poco spazio alla creatività ed alla
fantasia di chi li usa. Fig. 1 - La Regina Taitù Durante la campagna d’Africa, quella del 1936, uscì una bellissima serie di figurine in bianco e nero che la illustrava. Oltre a mostrare scene di battaglia nelle quali logicamente risultavamo vincitori, proponeva una interessante quantità di costumi, armi e personaggi abissini che costituivano l’attualità del momento. Tra questi la regina Taitù (fig.1) moglie dell’imperatore Menelik, figurina introvabile, l’unica che mancasse alla mia collezione costituita da circa trecento pezzi. Quando scoprii che il mio amico Agenore ne possedeva una tentai in ogni modo di convincerlo a cedermela, ma non ci fu nulla da fare, malgrado lo avessi sottoposto per più giorni ad allettanti richieste. Esasperato dal mio comportamento preferì strapparmela in faccia anziché accontentarmi. Fu così che la mia collezione rimase incompiuta. Ma veniamo ai giochi. Fig. 2 - Il gioco del murino Il
gioco consisteva nell’appoggiare al muro, una alla volta, le figurine
ad un’altezza a piacere e poi lasciarle andare sfarfallando prima di
depositarsi a terra. Si continuava così a lanciare figurine fintanto
che non si riusciva a farle sovrapporne ad una già giocata. L’abilità
consisteva nel saper calcolare la traiettoria della figurina affinché
arrivasse a coprire una di quelle a terra e l’altezza da cui si
lasciava cadere era proporzionale alla distanza che si voleva
raggiungere. All’inizio del gioco ci si accordava su come considerare
vincente la partita, vale a dire stabilire in che misura dovesse
ritenersi sovrapposta una figurina a un’altra. Di solito si ricorreva
alla formula: “ai pinzi e ai peli”
ovverosia all’essere sufficiente che una figurina toccasse in maniera
seppur minima, un’altra qualsiasi a terra per poter vincere tutto.
Anche per questo gioco si cominciava dall’alto a far volare la figurina
lontano affinché fosse difficile per l’avversario coprirla subito. Così
facendo il numero delle figurine a terra aumentava e, magari ricordando
l’altezza da dove era stata tirata la figurina più vicina alla base del
muro e cercando di ripeterla, si aumentavano le possibilità di poter
vincere. Fig. 3 - Il gioco dello scaloncino Ci
si metteva a sedere sul gradino della scala dopo aver fatto la conta
per scegliere il posto dal momento che uno dei due avrebbe dovuto usare
la sinistra anziché la desta e partire così svantaggiato. Si poneva
alternativamente una figurina alla volta sul gradino e, facendovela
strusciare sopra la si lanciava lontano. Chi riusciva a coprirne anche
parzialmente una vinceva poiché era sempre valida la legge “dei pinzi e dei peli”.
Le cartucce sparate che oggi si trovano a bizzeffe dappertutto, ai miei
tempi erano introvabili poiché i cacciatori di allora (domandatelo a
qualcuno rimasto) dopo aver sparato, recuperavano il bossolo (che era
di cartoncino e non di plastica) per ricaricarselo da soli. Per chi
aveva il babbo cacciatore era possibile trovarle e con esse organizzare
un gioco. Fig. 4 - Il diecione Dalle nostre parti si chiamava diecione la moneta da dieci centesimi di Vittorio Emanuele secondo o Umberto primo conosciuta dal popolino dell’epoca anche come palancone o soldone. Era in lega al 96% di rame e 4% di stagno, aveva un diametro di trenta millimetri e pesava dieci grammi. L’accenno al peso è importante e serve a giustificare il comportamento dei giocatori esperti del gioco di lussino o pamela. Il gioco veniva fatto sul duro (mattoni o piastrelle) e il diecione durante il tiro tendeva a rimbalzare perdendo stabilità, cosicché deviava dalla traiettoria impressagli mancando il bersaglio. Per ovviare a questo inconveniente, si andava dallo stagnino e gli si faceva colare sopra una delle due facce un’altra decina di grammi di piombo o di stagno per appesantirlo rendendolo così più stabile. Fig. 5 - Il gioco del lussino o "lusse" A lussino, (fig.5),
gioco semplice ma difficile, si poteva giocare in diversi e le regole
per effettuare il tiro non differivano dal gioco del pio: una
riga che indicava gli alisi, e poi dopo la conta, il tiro per
stabilire, a seconda della lontananza, chi avrebbe tirato per primo.
Iniziava quello più lontano. Il bersaglio era rappresentato da una
cartuccia sopra la quale ognuno metteva la quota stabilita di figurine
da giocare. Vinceva, prendendosi tutto, colui che colpiva la cartuccia
facendola cadere. Fig. 6 - Il gioco della Pamela (continua nei prossimi numeri) |
||
Torna su |