MURLOCULTURA n. 4/2008

Come ci si divertiva noi vecchi quando "s'era piccini"

I giochi dei nostri tempi

 
di Luciano Scali

3a puntata

Associazione Culturale di Murlo
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Oltre al gioco dei barberi, c’era quello più interessante delle figurine che prendeva molto di più del nostro tempo coinvolgendoci in giochi da potersi fare al coperto senza bisogno di grandi spazi. Le figurine oggi sono in disuso dopo il boom delle collezioni Panini con raccoglitore, soppiantate da giochi elettronici più moderni che, pur trattandosi di miracoli della tecnica, lasciano poco spazio alla creatività ed alla fantasia di chi li usa.
“Le figurine invece, ci riuscivano?” In certi casi direi proprio di si poiché “quel poco più di niente” che il ragazzo si ritrovava tra le mani, ne spremeva le meningi spingendolo a escogitare gli espedienti più strani per trovare il modo di giocarci a differenza di oggi che tutto si trova già predisposto. Le figurine erano costituite da un rettangolino di carta (di solito tre centimetri e mezzo per cinque e mezzo c.a.) ove venivano riprodotti: una scena, un personaggio importante, un costume o qualsiasi altro soggetto che le rendeva ricercate e interessanti.
Di solito venivano messe in commercio in pacchetti da dieci figurine che facevano parte di serie tematiche come nel caso di campioni dello sport o attori del cinema, oppure con scene di guerra o costumi tipici di popoli diversi. Le figurine venivano collezionate, e talvolta ne esistevano di rare che acquistavano un alto valore di scambio. Ricordo bene di averne sborsate addirittura cinquanta per ottenere quella di un maggiore bulgaro per completare finalmente la mia raccolta. Ogni collezione costituiva un piccolo tesoro ed oltre a rendere orgogliosi di possederla, stimolava ad imparare a riconoscere personaggi, uniformi, scene e avvenimenti e spingere a saperne di più sul loro conto per fare sfoggio di cultura con i coetanei. A tale proposito non mi sono mai dato pace per un piccolo episodio in cui rimasi coinvolto, ed ancora oggi ripensandoci provo un qualcosa che non riesco a descrivere.

La Regina TaituFig. 1 - La Regina Taitù

Durante la campagna d’Africa, quella del 1936, uscì una bellissima serie di figurine in bianco e nero che la illustrava. Oltre a mostrare scene di battaglia nelle quali logicamente risultavamo vincitori, proponeva una interessante quantità di costumi, armi e personaggi abissini che costituivano l’attualità del momento.  Tra questi la regina Taitù (fig.1) moglie dell’imperatore Menelik, figurina introvabile, l’unica che mancasse alla mia collezione costituita da circa trecento pezzi. Quando scoprii che il mio amico Agenore ne possedeva una tentai in ogni modo di convincerlo a cedermela, ma non ci fu nulla da fare, malgrado lo avessi sottoposto per più giorni ad allettanti richieste. Esasperato dal mio comportamento preferì strapparmela in faccia anziché accontentarmi. Fu così che la mia collezione rimase incompiuta.

Ma veniamo ai giochi.
Con le figurine si giocava a: murino, scaloncino, a lussino o a pamela. Bastava poco per i primi due: il gradino di una scala oppure una parete; mentre per gli altri era necessario disporre da una a quattro cartucce vuote ed un diecione per effettuare il tiro. A murino si giocava in due (fig.2), ma si poteva farlo anche in tre.

Murino - disegno di Luciano ScaliFig. 2 - Il gioco del murino

Il gioco consisteva nell’appoggiare al muro, una alla volta, le figurine ad un’altezza a piacere e poi lasciarle andare sfarfallando prima di depositarsi a terra. Si continuava così a lanciare figurine fintanto che non si riusciva a farle sovrapporne ad una già giocata. L’abilità consisteva nel saper calcolare la traiettoria della figurina affinché arrivasse a coprire una di quelle a terra e l’altezza da cui si lasciava cadere era proporzionale alla distanza che si voleva raggiungere. All’inizio del gioco ci si accordava su come considerare vincente la partita, vale a dire stabilire in che misura dovesse ritenersi sovrapposta una figurina a un’altra. Di solito si ricorreva alla formula: “ai pinzi e ai peli” ovverosia all’essere sufficiente che una figurina toccasse in maniera seppur minima, un’altra qualsiasi a terra per poter vincere tutto. Anche per questo gioco si cominciava dall’alto a far volare la figurina lontano affinché fosse difficile per l’avversario coprirla subito. Così facendo il numero delle figurine a terra aumentava e, magari ricordando l’altezza da dove era stata tirata la figurina più vicina alla base del muro e cercando di ripeterla, si aumentavano le possibilità di poter vincere.
Il gioco dello scaloncino (fig.3) era più difficile poiché la figurina era lanciata davvero e non fatta cadere e pertanto occorreva saper calibrare la forza di lancio per andare a coprire una delle tante altre che magari si trovavano sul terreno.

Scaloncino - disegno di Luciano ScaliFig. 3 - Il gioco dello scaloncino

Ci si metteva a sedere sul gradino della scala dopo aver fatto la conta per scegliere il posto dal momento che uno dei due avrebbe dovuto usare la sinistra anziché la desta e partire così svantaggiato. Si poneva alternativamente una figurina alla volta sul gradino e, facendovela strusciare sopra la si lanciava lontano. Chi riusciva a coprirne anche parzialmente una vinceva poiché era sempre valida la legge “dei pinzi e dei peli”. Le cartucce sparate che oggi si trovano a bizzeffe dappertutto, ai miei tempi erano introvabili poiché i cacciatori di allora (domandatelo a qualcuno rimasto) dopo aver sparato, recuperavano il bossolo (che era di cartoncino e non di plastica) per ricaricarselo da soli. Per chi aveva il babbo cacciatore era possibile trovarle e con esse organizzare un gioco.
Per giocare a lussino o a “lusse” bastava una cartuccia sola, un corridoio (o andito), oppure un ridotto meglio se a mattoni o piastrellati e un diecione per effettuare il tiro (fig. 4).

DiecioneFig. 4 - Il diecione

Dalle nostre parti si chiamava diecione la moneta da dieci centesimi di Vittorio Emanuele secondo o Umberto primo conosciuta dal popolino dell’epoca anche come palancone o soldone. Era in lega al 96% di rame e 4% di stagno, aveva un diametro di trenta millimetri e pesava dieci grammi. L’accenno al peso è importante e serve a giustificare il comportamento dei giocatori esperti del gioco di lussino o pamela. Il gioco veniva fatto sul duro (mattoni o piastrelle) e il diecione durante il tiro tendeva a rimbalzare perdendo stabilità, cosicché deviava dalla traiettoria impressagli mancando il bersaglio. Per ovviare a questo inconveniente, si andava dallo stagnino e gli si faceva colare sopra una delle due facce un’altra decina di grammi di piombo o di stagno per appesantirlo rendendolo così più stabile.

Lussino - disegno di Luciano ScaliFig. 5 - Il gioco del lussino o "lusse"

A lussino, (fig.5), gioco semplice ma difficile, si poteva giocare in diversi e le regole per effettuare il tiro non differivano dal gioco del pio: una riga che indicava gli alisi, e poi dopo la conta, il tiro per stabilire, a seconda della lontananza, chi avrebbe tirato per primo. Iniziava quello più lontano. Il bersaglio era rappresentato da una cartuccia sopra la quale ognuno metteva la quota stabilita di figurine da giocare. Vinceva, prendendosi tutto, colui che colpiva la cartuccia facendola cadere.
Per il gioco della pamela (fig.6), si usavano quattro cartucce disposte a losanga, con l’asse maggiore orientato sulla linea di tiro. Le due cartucce ubicate su tale asse distavano tra loro all’incirca trenta centimetri, mentre le altre due, poste sull’asse minore ortogonale al primo e chiamate pance, distavano circa quindici centimetri l’una dall’altra. Anche sopra queste si mettevano le figurine, ma non in eguale misura. Sull’ultima, ritenuta la più protetta se ne metteva la metà, sulla più avanzata se ne metteva un quarto e sulle pance, ritenute più esposte, un ottavo ciascuna. Il gioco era meno azzardato del lussino e poteva gratificare più di un giocatore a meno ché qualcuno non facesse sterna, buttando a terra tutte le cartucce e prendendosi l’intera posta in gioco. Singolare è l’assonanza di questa parola con la corrispondente inglese straight pronunciata nel bowling quando il giocatore, con un solo colpo, riesce a far cadere tutti i birilli.

La Pamela - disegno di Luciano ScaliLa Pamela - disegno di Luciano ScaliFig. 6 - Il gioco della Pamela

(continua nei prossimi numeri)

 


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