MURLOCULTURA n. 4/2009 | ||
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Un
articolo di approfondimento di Barbara Anselmi, Riccardo Ferrari e Giovanni Mastrandrea |
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La
vicenda dei pini di Murlo, ben illustrata da Luciano Scali in prima
pagina, ci ha dato l’idea per questo articolo, sperando che, al di là
delle polemiche che ci sono state, quanto è accaduto serva a imparare
qualcosa e a saper agire meglio in futuro. La
cura degli alberi in ambiente urbano è una disciplina che negli ultimi
anni ha visto una notevole crescita e innovazione, sia dal punto di
vista teorico che pratico. Per capirci qualcosa di più abbiamo scelto
di parlarne con due professionisti del settore, il dottore forestale
Giovanni Mastrandrea, professionista specializzato in arboricoltura
urbana, e il treeclimber
Riccardo Ferrari, che opera in Toscana come arboricoltore
“particolare”, in quanto gran parte del suo lavoro si svolge a diretto
contatto con la chioma degli alberi, grazie ad una attrezzatura di
corde e imbracatura che ricorda un po’ quella degli alpinisti. Ai due
abbiamo fatto alcune domande.
Come si cura un albero in ambiente urbano? Gli
alberi nei centri urbani svolgono un ruolo fondamentale per tutta la
collettività: oltre all’indubbia funzione estetica, aiutano a mitigare
gli inquinanti e i rumori, creano un microclima migliore e portano un
frammento di natura fra il cemento. In
città però l’albero non ha quasi mai possibilità di svilupparsi
in modo completamente autonomo e naturale
sia perché mancano le condizioni ecologiche ottimali, sia perché
costretto tra infrastrutture sopra e sotto il suolo; in tal modo si
possono creare situazioni in cui l’albero, se non correttamente
gestito, può diventare un pericolo per cose o persone. A
proposito di potature, è necessaria la potatura, più o meno drastica,
che vediamo spesso fare da chi gestisce il verde nelle nostre città? La
potatura fatta correttamente è quella che non si vede, quella cioè che
mantiene il portamento e la forma naturali dell’albero. Le potature
drastiche non sono altro che estremi rimedi a grossi problemi
dell’albero, derivati spesso da mancate cure o precedenti potature
sbagliate.
La
capitozzatura dei tigli in via Martiri di Rigosecco a Vescovado di
Murlo (2008) Cos’è il treeclimbing? Il
treeclimbing,
parola inglese che significa “arrampicarsi sugli alberi”, è una nuova
tecnica per fare arboricoltura che parte dal presupposto che
l’operatore deve “entrare dentro all’albero” per poter raggiungere
tutte le parti della pianta necessarie, cosa impossibile con altre
tecniche. Il treeclimber
usa tecniche di arrampicata e di intervento sugli alberi fondate su
questi due principi: la tutela costante della propria sicurezza e di
quella dei colleghi ed il pieno rispetto della pianta in ogni fase del
lavoro. L’attrezzatura è specifica per gli alberi e consiste in
imbracatura, casco, corda e connettori.
Treeclimbers
all'opera su grandi alberi
Come si diventa treeclimber? E’
necessario seguire corsi di formazione specifici in arboricoltura e in
tecniche di treeclimbing.
I corsi e l’attestato che viene conseguito assicurano che
l’attrezzatura e i metodi rispettino le norme sulla sicurezza sul
lavoro. Senza questo attestato non si può operare sugli alberi. Oltre a
questo è possibile acquisire certificazioni riconosciute a livello
internazionale come quella della ISA (International Society of
Arboriculture) e della EAC (European Arboricultural Council). In
ogni caso chi fa questo mestiere deve prima di tutto conoscere bene le
tecniche dell’arboricoltura e la fisiologia degli alberi, vale a dire
il loro funzionamento, per poter fare interventi efficaci e corretti in
ogni situazione. Oggi anche l’Università permette
di approfondire queste discipline con le specializzazioni in
arboricoltura e, più recentemente, anche con un corso di laurea
specifico in gestione e dell’ambiente urbano. Queste discipline
hanno assunto molta importanza
e si sono evolute tantissimo a partire dalle idee di Alex Shigo, autore
del libro “Tocca gli alberi” e padre fondatore dell’arboricoltura
moderna. Shigo
sosteneva che gli alberi possono essere aiutati aiutando le persone che
lavorano su di essi, facendo loro programmi educazionali basati sulla
ricerca sperimentale. Come
si valuta la propensione al cedimento di un albero o di un ramo? Ci
sono professionisti specializzati che lo fanno, seguendo procedimenti e
protocolli specifici, da adattare di volta in volta al caso singolo. Tra i vari
metodi i più noti sono VTA (Visual
Tree Assessment), SIA (Static Integrated Assessment), SIM (Static
Integrated Method) ed altre analisi integrate. Nel metodo VTA,
al momento il più diffuso, la valutazione si fa in fasi successive: 1. analisi
VTA (valutazione visiva dell’albero):
indagini visive specializzate consentono di cogliere la presenza di
difetti di varia natura e vario tipo e correlarli alle cause che li
hanno prodotti. Se i risultati di questa fase di analisi non sono
pienamente esaustivi, si possono utilizzare indagini strumentali; 2. analisi
penetrometriche o ultrasoniche sulla parte aerea della pianta per valutare le
caratteristiche interne del legno e correlarle a possibili cedimenti; 3. valutazione
finale:
alla pianta viene associata una classe di
propensione al rischio, vale a dire un grado di possibilità che allo
stato attuale possano verificarsi cedimenti della pianta o di sue
parti. Quindi vengono prescritti gli interventi di messa in sicurezza e
di monitoraggio nel tempo. Ad
esempio si può ricorrere, a seconda dei casi, ad una potatura di
alleggerimento, ad un consolidamento con tiranti o, come rimedio
estremo, anche all’eliminazione dell’albero o dei rami, se non ci sono
proprio possibilità di recupero. Questa analisi deve essere indicata in
una documentazione, datata, firmata e timbrata dal professionista
abilitato (dottore forestale o dottore agronomo). Si
ricorda che il proprietario o il gestore è responsabile per i danni a
terzi o cose di terzi cagionati dai beni in custodia (ad esempio un
albero) secondo i dettami dell’art. 2051 del Codice Civile (Ciascuno
è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo
che provi il caso fortuito), a meno che non
provi il caso fortuito. Quindi
sarà cura del proprietario dimostrare la non prevedibilità del danno e
l’evento eccezionale. Le analisi citate ed il rilascio della
documentazione costituiscono ad oggi il massimo livello di cura della
pianta ed escludono di fatto la negligenza dell’azione di custodia. Prevenire il
danno significa attuare tutti gli interventi disponibili, che oggi sul
mercato gli specialisti offrono. In
un caso come quello dei pini di Murlo, come avreste agito? Il problema
principale è
stata la mancanza di una valutazione corretta dello stato di stabilità
e di salute dei pini, ancor più necessaria viste le numerose
interferenze che i pini hanno subito negli ultimi anni per i lavori
eseguiti sulla strada e sul parcheggio. L’intervento
di un professionista
avrebbe permesso di pianificare gli interventi necessari a gestire
correttamente entrambi i pini e a garantire nello stesso tempo la
sicurezza, salvo che la situazione non
fosse già troppo compromessa. Indizi del cedimento si vedevano già sul
tronco del pino più grande, che presentava alla base un grosso
rigonfiamento con il quale la pianta cercava di reagire da anni
all’aumento della pendenza. Gli interventi possibili potevano essere un
alleggerimento e una riforma della chioma, per controbilanciare il
cedimento, ed un eventuale consolidamento con tiranti. Il consolidamento con tiranti è ormai una tecnica molto usata, anche in edifici “sensibili” come scuole o altri edifici pubblici, e permette di ridurre al minimo il rischio di danni, correggendo buona parte delle condizioni di rischio valutabile.
I pini di Murlo al tramonto Quale può essere il costo di queste operazioni? L’intervento
di potatura e/o di consolidamento su un grande albero può venire a
costare meno dell’abbattimento, del successivo
smaltimento del materiale e dell’eventuale sostituzione dell’albero. In
più dobbiamo considerare il valore monetario della pianta. Gli stessi
professionisti adottano vari modelli e procedure per quantificare il
valore economico di una pianta, considerandone parametri diretti e
indiretti. A questo va poi aggiunto il valore storico, affettivo,
paesaggistico, sanitario, sociale ed ecologico dell’albero. In alcuni
Comuni, che non sono in grado di sostenere per intero i costi della
gestione del verde pubblico per motivi di bilancio, gli alberi sono
stati “adottati” dai cittadini e da sponsor privati, che concorrono
alle spese della manutenzione periodica fatta da
professionisti. I pini di Murlo negli anni ‘50, quando si
trovavano più in alto rispetto alla strada, prima che l’asfaltatura e
la sistemazione
Per chi volesse approfondire
l’argomento: Scheda di approfondimento sulla capitozzatura Link utili: - ISA -
International Society of Arboriculture: www.isa-arbor.com Per maggiori informazioni e per
consulenze ed interventi : L’ARBONAUTA
I disegni
utilizzati sono tratti dal sito web della SIA. La foto dei treeclimbers proviene dal
sito www.treeclimbing.it |
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