MURLOCULTURA n. 4/2010
Mutare per sopravvivere

Ancora a proposito dei "piccoli Comuni"

di Camillo Zangrandi
(vedi Murlo Cultura 5/2009)
Associazione Culturale di Murlo
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Torniamo sull’argomento già trattato in numeri precedenti perché sembra che abbiano interessato diverse persone di Murlo ed anche perché nelle ultime settimane il problema della struttura organizzativa del nostro stato e dei suoi costi è tornato prepotentemente alla ribalta, sia pure nel solito modo confuso e approssimativo. Almeno come sembra da quanto appare sui giornali.
Alcuni hanno chiesto maggiori informazioni, altri hanno mostrato grande scetticismo e perplessità, qualcuno preoccupazione nel caso che si avverassero alcune delle ipotesi adombrate.
L’aspetto indubbiamente più rilevante di tutto questo è la manifestazione di un’aumentata consapevolezza dei problemi trattati. Si tratta sempre di una piccola minoranza dell’intera popolazione, ma -mentre prima era una specie di argomento che non interessava nessuno- cominciano ad “esistere” cittadini che desiderano avere uno scambio di opinione su questa materia. Anche a livello del Consiglio Comunale, in buona parte dei Consiglieri, ho potuto constatare recentemente, confrontando gli atteggiamenti e prese di posizione attuali con quelle anche di un recente passato, la consapevolezza dell’importanza e ineludibilità del problema: forse non ancora della sua urgenza...
Per dare delle risposte complessive alle singole domande che sono state fatte, cercheremo di riassumere sinteticamente quanto sino a qui è stato detto ed ampliare il discorso iniziato.
Partendo dalla premessa che leggi nazionali e regionali, volte a favorire la riduzione dell’abnorme numero di piccoli comuni esistenti in Italia, sono in vigore da oltre un decennio. L’obiettivo di queste leggi è di ridisegnare il territorio nazionale con comuni più grandi che, attraverso una struttura adeguata (territorio, abitanti, massa critica economico-finanziaria, macchina organizzativa) siano in grado di gestire con efficienza (minori costi) ed efficacia (soluzione dei problemi e raggiungimento degli obiettivi) i sempre crescenti bisogni dei cittadini (1).
Sono previste due soluzioni: l’unione di comuni (come è la nostra tra Murlo e gli altri quattro comuni della Val di Merse) e la fusione di più comuni in un solo comune più grande. A nostro avviso, l’unione di comuni può avere solo senso come passaggio transitorio per arrivare alla soluzione definitiva: la fusione tra comuni. Per fare ciò e per usufruire dei vantaggi economici che derivano dalle fusioni previsti dalle leggi statali e regionali, non servono autorizzazioni dello stato o della regione. E’ semplicemente necessaria la volontà/decisione della comunità di base: almeno fino a che sarà possibile. Avevamo infatti manifestato, in precedenti articoli, la possibilità che, in mancanza di una iniziativa da parte dei comuni di procedere nella direzione suggerita dalle leggi ormai decennali –come successo in quasi tutte le regioni italiane- vi potessero essere degli interventi legislativi cogenti per i comuni. Cosa che si sta puntualmente verificando con l’introduzione della “gestione associata obbligatoria” delle funzioni fondamentali, per i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, introdotta con la finanziaria 2010 (2).
Si diceva dell’urgenza all’inizio: perché è sempre meglio fare le cose per scelta e con la necessaria programmazione piuttosto che in base una disposizione cogente per contenuti e tempi.
Cosa può significare “fusione di comuni” nella nostra area ?
Una strada semplice, ma possibile, è quella di fare diventare un solo grande comune (di nome “Merse”?) l’attuale “Unione dei Comuni della Val di Merse” (Murlo, Chiusdino, Monticiano, Sovicille e Radicondoli), con un solo Sindaco, una sola Giunta, un solo Consiglio Comunale.
Soluzione semplice, ma che ci sembra troppo semplicistica in quanto, da un lato, Radicondoli non ha ragione di stare, come non è, nel comune “Merse”, dall’altro perché si perderebbe l’occasione storica di rivedere gli attuali “medievali” confini dei vari comuni e di rendere il territorio del nuovo comune più omogeneo e gestibile in tutti i suoi aspetti.
Una soluzione che tenga conto anche di questa necessità non può che prevedere la divisione del nostro comune con l’assegnazione del territorio ad ovest del Rospatoio al nuovo comune “Merse” e il restante al nuovo comune “Arbia”. Nascerebbero, con questa duplice fusione, due comuni abbastanza grandi che, a titolo di esempio, abbiamo chiamato "Arbia" comprendente Buonconvento, Monteroni, Murlo est con una popolazione intorno a 15.000 abitanti e "Merse" comprendente Murlo ovest, Chiusdino, Monticiano, Sovicille con circa 18.000 abitanti. Si tratta di territori sufficientemente omogenei nei quali poter realizzare una coerente politica per il territorio (uso ed urbanizzazione, ambiente) e per i cittadini (viabilità e trasporti pubblici, scuola, sociale) (3).
Tra le osservazioni fatte ai precedenti articoli, ci ha colpito il fatto che qualcuno ha definito il contenuto degli articoli e l’approccio alla materia “un po’ troppo manageriale”, evidentemente dando un senso “negativo” a questa definizione. Pensiamo, al contrario, che l’approccio e il tentativo di risolvere questi problemi debba essere necessariamente “manageriale” per non cadere nelle abituali “grida manzoniane” tipo “Aboliamo le Province” senza un piano o ai recenti approcci dilettanteschi “eliminiamo le Province con meno di 260.000 abitanti” (perché non 275.000 ?, no meglio con meno di 200.000…. eccetera).
Crediamo invece che l’approccio debba essere “più manageriale”, che non significa non tenere conto della “Politica”. E’ essenziale un piano pluriennale, a nostro avviso più o meno una legislatura, per affrontare e risolvere efficacemente la completa riorganizzazione delle strutture territoriali. Un percorso possibile è quello di prevedere due direttrici, da attuarsi contemporaneamente: una dal centro e dall’alto, l’altra dalla periferia e dal basso. In concreto, a livello centrale, nel Parlamento, si avviano i processi legislativi per l’abolizione delle Province così come sono (4), a livello territoriale (comuni/province/regione) si avviano i processi di accorpamento dei comuni mediante fusione (confini, suddivisione competenze regione/comuni). Per quest'ultima attività non sono necessari interventi legislativi speciali in quanto esistono le norme sia a livello nazionale che regionale in grado di governare il processo.
La nuova norma della “gestione associata obbligata” peraltro rischia di imporre tempi troppo stretti per procedere in modo razionale e programmato e, a nostro avviso, pone la questione della fusione dei comuni in modo quasi ineludibile, se non si vuole passare attraverso una complessa ed onerosa attività di coordinamento delle attività comunali, che comunque lascerà un'autonomia limitata al singolo Comune. Non è una decisione semplice, ma ci auguriamo che i nostri amministratori sappiano coraggiosamente affrontare in via definitiva l'unica scelta possibile.


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(1) Il fatto, a volte utilizzato da chi è contrario a questa finalità, che anche in altri paesi europei esiste una similare presenza di piccoli comuni , non è rilevante, in quanto ben diversi sono i compiti e i poteri - largamente superiori- dei comuni italiani. Il potere che hanno progressivamente acquisito, in termini legislativi, i Comuni italiani non trova riscontro in nessuno stato europeo, questo indipendentemente che si tratti di grandi comuni o di piccoli, in quanto la legge non fa differenze di poteri sotto questo aspetto. Ma nella pratica le capacità e le competenze organizzative reperibili in un grande comune, non le capacità dei singoli individui, sono ben diverse da quelle in un piccolo comune.

(2) Anche il nostro comune è toccato da questa norma, in quanto l’attuale processo di “unione” non arriva alla gestione associata di amministrazione, gestione e controllo, istruzione pubblica, viabilità e trasporti, territorio e ambiente, settore sociale, come previsto dalle nuove norme (decreto legge 78/ 2010 del 04/ 06/ 2010).

(3) La verifica di confini ancora più razionali necessita di uno studio più approfondito che tenga conto di parametri precisi: vie di comunicazione, centro di attrazione dell’area interessata (lavoro, tempo libero), consuetudini codificate ecc.

(4) Ci si dimentica che per l’abolizione delle Province è necessaria una modifica della legge costituzionale, con tempi lunghi e con maggioranze qualificate; un secondo aspetto è che le Province sono “persone giuridiche” titolari di un’infinità di rapporti giuridici che fanno capo a loro: occorre prevedere - per la loro liquidazione - un considerevole numero di anni per trasferirli e/o chiuderli tutti.



 


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