MURLOCULTURA n. 4/2010 | ||
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di Maria Paola Angelini |
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Il
pittore senese Andrea di Niccolò (documentato tra il 1440 e il 1514)
è presente nel territorio di Murlo con alcune opere che destano la
nostra attenzione e ci invitano ad analizzare i tratti salienti della
sua arte. Il dipinto più famoso di Andrea gode già di per sé di
una devozione e di un interesse immutato nei secoli; stiamo parlando
del polittico della Pieve a Carli che, come noto, fu smembrato in tre
parti. Quella centrale, raffigurante la Madonna col Bambino è
conservata ancora oggi nella chiesa di san Fortunato a Vescovado; i
laterali con i santi Agostino e Giovanni Battista, Sebastiano e
Biagio entrarono a far parte di collezioni private. Il Pecci, erudito
settecentesco, data questa opera al 1508 e può essere agilmente
confrontata con un’altra tavola del pittore, questa volta firmata e
datata 1498. La tavola si trova presso il museo della Collegiata di
Casole d’Elsa e vede rappresentata tra due colonnette decorate
sormontate da capitelli dorati una Madonna in trono col Bambino con
ai lati i santi Bernardino, Pietro, Sebastiano e Sigismondo.
Diversamente dal dipinto della Pieve a Carli, qui il fondale è
dorato, come nella tradizione pittorica senese due- trecentesca. Il
trono su cui siede la Vergine, come abitualmente nelle
rappresentazioni di Andrea di Niccolò è in prezioso marmo, con un
basamento poligonale che in questo caso accoglie la firma del
pittore. Il pavimento sul quale poggiano le figure è anch’esso in
marmo, suddiviso da decorazioni geometriche. La tavola di Casole è
fornita anche di una predella dipinta e di una lunetta soprastante
dove è rappresentata una Strage degli Innocenti che evidenzia i
rapporti che legano il nostro pittore agli altri maestri suoi
contemporanei. La scena della Strage, infatti, risente notevolmente
dell’esempio di Matteo di Giovanni, pittore senese attivo dal 1452
al 1495, che realizzò questo medesimo soggetto per il pavimento del
Duomo di Siena nel 1481. Lo vediamo bene nella tragicità dei corpi
dei neonati uccisi e riversi in terra e nella patetica scena
centrale, dove un soldato trafigge il bambino che la madre tiene tra
le braccia, nel vano sforzo di sottrarlo alla morte. Simile alle due
opere citate è anche un’altra Madonna in trono e santi, conservata
presso la Pinacoteca Nazionale di Siena, firmata e datata 1500.
Questa opera non sembra mostrare particolari slanci compositivi e
anzi pare banalizzare e ripetere certi schemi figurativi e stilistici
quattrocenteschi. Enzo Carli, nel trattare del nostro pittore, mette
l’accento sull’accuratezza dell’esecuzione e la dolcezza un
po’visionaria che investe gli sfondi di certe sue opere. Per capire
il giudizio dello studioso basti soffermarsi sulla Crocifissione tra
i santi Benedetta e Scolastica, conservata presso la Pinacoteca
Nazionale di Siena. Qui alle spalle delle figure appare l’andata al
Calvario di Cristo con una processione di figure che esce da una
città turrita dagli edifici che si inerpicano gli uni sugli altri e
sullo sfondo strade, colline, montagnole isolate dove svettano
fortificazioni. Da notare il susseguirsi di piani che digradano sul
lato destro della composizione nella foce di un fiume con le acque
appena increspate da piccolissime imbarcazioni e ancora più in fondo
altre colline e terre lontane, che ormai hanno il colore del cielo
tra i bracci della Croce del Cristo. È questa veramente una
composizione che ci coinvolge in una visione fine e lenticolare del
paesaggio e che sembra quasi scalzare la scena principale. Lo stesso
vale per l’Adorazione dei pastori, opera giovanile ancora presso la
Pinacoteca la quale, oltre ad una morbidezza e scioltezza compositiva
e all’evidente influenza del suo probabile maestro il Vecchietta
(1410-1480) e del pittore Neroccio (1447-1500), presenta anche la
rarità dell’esecuzione su tela, insieme alla Madonna dell’Arte
dei Calzolari, che Andrea dipinse nel 1510. Oltre alla tavola della
Pieve a Carli Andrea di Niccolò dipinse anche un affresco per la
cappella di Piantasala a Casciano di Murlo, conservato oggi
presso la chiesa dei santi Giusto e Clemente sempre a Casciano.
Dell’affresco strappato si conserva ancora la sinopia, ovvero il
disegno di preparazione del dipinto murale, nel luogo originario.
Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una Sacra Conversazione,
ovvero una scena religiosa che vede al centro della rappresentazione
la Madonna seduta in trono con in braccio il Bambino ed intorno le
figure dei santi colti nel momento in cui sembrano dialogare con la
Vergine e il Figlio. L’opera risulta notevolmente alterata, ma nel
complesso è ancora possibile la lettura. Maria seduta su un trono
marmoreo sostiene il piccolo Gesù che, in piedi sulle ginocchia
della madre benedice con un gesto della mano. Alle loro spalle,
dietro il trono, vediamo due angeli in preghiera; alla destra di
Maria vi sono i santi Sigismondo e Agostino, mentre alla sinistra
riconosciamo san Sebastiano, morto martire trafitto dalle frecce, una
delle quali reca nella sua mano e l’altro santo è sicuramente san
Rocco, nonostante il pittore lo abbia raffigurato con i capelli
biondi e senza barba né baffi, come invece vorrebbe l’iconografia
tradizionale. Il santo è vestito con un lungo mantello che copre il
suo corpo quasi per intero, il così detto tabarro, degli alti
stivali e poggiato sulla schiena sembra portare qualcosa che
intravediamo come una macchia scura, ma è interpretabile come un
cappello. Da notare come appoggiato al trono della Vergine si veda un
lungo bastone che, insieme agli elementi descritti fino adesso,
costituisce l'abbigliamento da pellegrino. San Rocco di Montpellier,
infatti, nato in Francia e rimasto presto orfano si recò in
pellegrinaggio a Roma e durante le gravi pestilenze del 1348 prestò
soccorso ai malati. Si ammalò lui stesso di peste e a ricordarcelo
vediamo una ferita sulla sua gamba destra. Accanto al bastone da
pellegrino possiamo inoltre scorgere il muso di un cagnolino che reca
in bocca una pagnotta e sembra spuntare da dietro il trono della
Vergine. Questo animale accompagna sempre il santo; fu proprio un
cane a sfamare l'uomo di fede quando era moribondo per la peste. Tra
le mani il santo reca un piccolo rosario; non è un attributo sempre
presente nella sua raffigurazione, ma lo si può trovare comunque,
data la sua devozione verso la Madonna delle Tavole, ancora
venerata a Montpellier. Ci siamo dilungati sulla descrizione del
santo francese poiché a Casciano in passato egli veniva festeggiato
solennemente il 16 Agosto e tanta era la devozione popolare che lo
circondava, da essere raffigurato molto spesso, anche nell'affresco
di Piantasala. La scena sembra svolgersi all'aperto come nella tavola
della pieve a Carli, un muro fa da divisione tra le figure e il cielo
di sfondo; il pavimento su cui poggiano è a quadroni. Da notare
l'ingenuità dell'artista nel tentativo di collocare il piede destro
di san Rocco nella spazialità della rappresentazione; esso sembra
sparire dietro il basamento del trono della Vergine. Enzo Carli cita
anche un Cristo Morto nella predella di questo affresco, che
probabilmente si trova raffigurato nel medaglione centrale subito
sotto la sacra scena e ai lati altre due figure di santi entro
altrettanti medaglioni, dei quali però non riusciamo ad intuire
niente che possa portare ad una identificazione. Nel complesso il dipinto risulta molto accurato nella descrizione dei particolari dell’abbigliamento di sant’Agostino, per esempio, o di San Rocco. Molto bella anche l’attenzione che il pittore mette nel tratteggiare in maniera sottile e aggraziata i peli della zampa del cagnolino che accompagna il santo di Montpellier e i calzari del san Sigismondo. Come abbiamo detto questo interesse per i particolari permea molte opere dell’artista senese e anche nell’affresco di Casciano risulta evidente e colpisce molto piacevolmente chiunque osservi da vicino l’opera, poiché si possono scoprire sempre nuovi particolari interessanti. Gli schemi compositivi e spaziali risultano, invece, abbastanza semplificati e forse ripetitivi, tenendo conto delle altre sacre conversazioni dipinte da Andrea di Niccolò. Tuttavia in questa opera avvertiamo chiaramente un delicato, ma allo stesso tempo vivissimo sentimento religioso, che investe del resto tutta la produzione del nostro pittore e che ci fa apprezzare ancora di più il bel dipinto di Casciano. |
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