Sabato
17 settembre è stato presentato a Murlo il risultato di un
importante restauro promosso dalla Fondazione Monte dei Paschi di
Siena, dal nostro Comune e dalla Fondazione Musei Senesi. Tale
intervento è stato compiuto su un pezzo molto singolare, un bacile
bronzeo che, tra il 1970 e il 1971, fu recuperato insieme ad un altro
di foggia simile dall’archeologa Ingrid Edlund a Poggio Civitate,
precisamente nell’area Nord del Piano del Tesoro. La conferenza ha
visto l’intervento del presidente della Fondazione Musei Senesi
dott. Gianni Resti, che ha lanciato un accorato appello alla
partecipazione di tutti per la salvaguardia delle realtà che operano
nella cultura, proprio come il nostro museo e gli altri della rete
del senese; hanno poi partecipato per la Soprintendenza dei Beni
Archeologici la soprintendente dott.ssa Silvia Goggioli e la dott.ssa
Sorge, il direttore dell’Antiquarium dott. Filippo Cenni; per il
nostro Comune l’assessore Emilio Giuggioli e la vicesindaco Paola
Brocchi. Emilia Muzzi, competente restauratrice del nostro museo, ha
poi bene illustrato le fasi del recupero e del restauro del bacile,
che lei stessa ha operato. Il
manufatto, quando ancora era esposto nell’Antiquarum prima del
restauro, si presentava in parte pieno di terra, vi erano state
applicate delle garze per preservare alcune porzioni della superficie
ed era stato effettuato un saggio di pulitura. L’aspetto deformato
del lebete è sicuramente da imputare all'incendio che vide
coinvolto il palazzo arcaico di Poggio Civitate; qui si conservava il
bacile, insieme all'altro suo simile probabilmente in una stanza che
in termine tecnico viene definita "storage", ovvero un
luogo dove venivano conservate ed esposte le suppellettili. La
particolarità del nostro bacile sta ovviamente nel fatto che sia
realizzato in un materiale di pregio come il bronzo. Pochi oggetti di
queste dimensioni vengono rinvenuti, poiché spesso il bronzo e gli
altri metalli venivano rifusi per realizzare armi, ma singolari sono
anche le raffigurazioni con le quali possiamo paragonarlo. Nelle
lastre fittili decorate con la scena del banchetto e con la corsa dei
cavalli, conservate nel nostro Antiquarium, osserviamo come al centro
della prima vi sia rappresentato un calderone simile al nostro, che
serviva per mescere il vino, nella seconda il lebete è
sicuramente un premio da attribuirsi al vincitore della gara. Come
possiamo ben capire, allora, l’oggetto racchiude in sé un valore
simbolico, che evidenzia la ritualità e l’importanza del banchetto
nel mondo signorile etrusco, ma anche uno scopo pratico. Il restauro
ha visto una fase di pulitura meccanica a bisturi e microtrapano dei
depositi dovuti prevalentemente all’ossidazione, e una lunga fase
di ricerca e attacco dei numerosissimi frammenti. Sulla superficie
interna è stata rinvenuta una stupefacente riparazione antica
fissata con dodici chiodini ribattuti; ma questa non è stata l’unica
sorpresa... All’interno del bacile, infatti, sono stati recuperati
dei frammenti di ferro, ancorati al fondo per mezzo dei prodotti
della corrosione che, dopo la pulitura, la restauratrice ha capito
essere due parti di un’ascia. Questo oggetto non a caso è stato
rinvenuto dentro il lebete; esso veniva utilizzato durante il
banchetto per tagliare le carni. L'ascia presentava probabilmente una
impugnatura così detta a cartoccio, posizionata
perpendicolarmente. Il restauro ha dunque portato alla luce un nuovo,
unico reperto, ma ha anche permesso di ricostruire l'interessante
storia del nostro bacile e dell'altro, simile, ma di cui si erano
perse le tracce. Quest'ultimo è stato ritrovato nei depositi della
Soprintendenza di Firenze e siamo certi che seguirà al più presto
un percorso di restauro come il suo gemello.