MURLOCULTURA
n. 5/2005 |
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Riflessioni di fine anno
di Luciano Scali |
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Anche il 2005 se n’è andato portando con se cose belle e brutte, come tutti gli anni del resto, lasciandoci sulle spalle un po’ di vecchiaia in più. Forse è proprio per questo che l’uomo ha cercato di riempire la fine dell’anno con un sacco di feste nell’intento di scacciare la brutta sensazione di vedere assottigliarsi il periodo di permanenza sulla terra. Fintanto che uno è giovane difficilmente pensa al “suo tempo residuo” anzi lo considera come una cosa remotissima da non affrontare mai anche se tutte le sue facoltà sono tese al futuro, ad accumulare i soldi ed a raggiungere la pensione. Proprio a quel traguardo fanno riferimento i discorsi che si sentono in giro come se, ottenutala, si aprisse un mondo nuovo, un periodo infinito di benessere e riposo. La realtà invece risulta di tutt’altro genere ed il mondo sognato si mostra, ben presto, sotto una veste del tutto diversa. L’individuo, trascorsi i primi attimi di euforia, si ritrova preso in una situazione impensata fatta di tanto tempo disponibile ma di poche idee sul modo per impiegarlo. Scopre come “il fare nulla” possa stancare più dell’essere responsabilizzati e la cessata attività sia difficilmente rimpiazzabile con altre da individuare. Ecco allora la necessità di operare una scelta: “Trovare il modo di stimolare una nuova iniziativa oppure attendere passivamente il giorno che si presenterà da sola” senza sollecitazione alcuna. Eppure questi “residui di vita” rappresentano un potenziale incredibile di risorse che, se convenientemente utilizzate, potrebbero cambiare l’aspetto di realtà fino ad oggi ritenute immutabili. La persona anziana, spesso considerata come peso per la società, vive il suo stato ai limiti dell’emarginazione e la sua forzata inattività come una colpa. Il degrado fisico ha un grosso peso in tutto questo ma è nulla in confronto del disagio morale che lo accompagna. Persone intraprendenti e di successo, ammirate ed anche temute, scoprono d’improvviso d’aver perduto il loro “carisma” per il semplice fatto di non essere più in condizioni di esercitare la propria autorità e di necessitare, sempre più spesso di qualche sostegno. Sono crisi che prima o poi capitano a tutti e coloro che non riescono a superarle rapidamente vanno incontro ad un futuro pieno di problemi. Alcune “Società Civili” hanno affrontato e affrontano da tempo il fenomeno della senilità con grande attenzione cercando di calarsi in una realtà che prima o poi toccherà tutti. Non sempre la profusione di grandi risorse raggiunge lo scopo di “ricondurre al gusto della vita” coloro che sono decisamente avviati sul viale del tramonto, ma ci riesce molto di più chi sa comprenderne il dramma e lo esorcizza demandandone la soluzione ai diretti interessati. | Ma come? In primo luogo a
non farli sentire relitti, poi nel convincerli di essere ancora utili e
infine dimostrando loro che l’esperienza acquisita durante la lunga
esistenza possa essere tuttora sfruttata in molte occasioni. Oggi
l’assistenza alle persone anziane tende, in primo luogo, a sollevarne i
fabbisogni fisici specie in casi di palese indigenza familiare,
relegando in secondo piano il recupero morale ed emotivo. In altri
termini: chi è autosufficiente viene lasciato a se stesso fintanto che
il suo stato non rientrerà nella categoria degli indigenti e degli
incapaci ad accudirsi da soli. Perché aspettare che ciò avvenga
relegando la persona in una sala di attesa virtuale della quale il solo
naturale sbocco è rappresentato dalla totale dipendenza altrui o dalla
morte? Recenti esperienze hanno dimostrato come l’apporto di persone
anziane nei laboratori scolastici possa essere positivo specie per
quanto concerne la didattica, la memoria storica del luogo,
l’illustrazione di antichi mestieri, di fatti di costume o di folk.
Tutti ingredienti presenti nel culto delle arti del passato,
dell’artigianato e della novellistica e tuttora vivi e ricercati da
coloro che visitano i nostri luoghi magari attratti da pubblicità
costruite che poi, alla prova dei fatti si rivelano per quello che
sono: vuote di contenuti. Per questo i luoghi di
ritrovo di persone anziane non dovrebbero essere solamente i Circoli o
la cosiddetta Commenda, preposti solo per “passare in qualche modo il
tempo”, ma ambienti ove fosse possibile impegnarsi in qualche manualità
oppure adoperarsi a trasmettere ai più giovani, o a coloro che ne
facessero richiesta, le proprie esperienze nei campi ove a suo tempo le
avevano acquisite. Potrebbero collaborare a pubblicazioni, fare teatro
popolare o d’elite, organizzare con i più intraprendenti e l’ausilio
dell’elettronica, convegni e dibattiti i cui temi spaziassero
nell’agricoltura, nei lavori del bosco, nella caccia e pesca e… chi più
ne ha più ne metta. La quarta età non deve apparire “come il miglio
verde” dell’omonimo film bensì trasformarsi nel luogo della speranza
ove colui che lo sta attraversando possa sentirsi utile fino in fondo.
Mio padre diceva sempre: “Ricordati… la morte ti deve trovare vivo!”
vale a dire ancora in attività, magari nella convinzione di essere
indispensabile. Un bel concetto davvero, ma anche il migliore auspicio
per l’anno in arrivo. |
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