MURLOCULTURA
n. 5/2005 |
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Alla scoperta delle origini di una strada
La Via di Siena Ovvero la voglia di percorrerla almeno una volta ad occhi aperti di Luciano Scali |
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Col
numero precedente ci siamo lasciati nei pressi dell’attuale
Piazza Umberto I .L’inventario delle Fabbriche Comunitative del
1844 riporta che accanto alla Fabbrica descritta nel precedente numero
e adibita a Tribunale, ne esisteva un’altra che il Catasto del
1821 riportava “come frantoio” ed era destinata “per
abitazione del Cursore e per le carceri nel tempo del Tribunale.
Attualmente è data a pigione dalla Comunità. Al pian
terreno di questa Fabbrica si riscontrano tre stanze, con un antica
carcere. La cucina è a questo piano. Al piano a palco sono tre
stanze a letto. La scala è di mattoni. Questa Fabbrica occupa
uno spazio di braccia 325 al Catasto. E' situata in Vescovado presso
l'antica Potesteria descritta precedentemente. Questa fabbrica
Comunitativa non è libera da terra a tetto, perché sulla
metà della cucina e sopra due stanze terrene vi corrisponde
porzione della casa di Antonio Angelini equalmente che sotto due camere
del piano a palco sopra la Carcere vi corrisponde la Loggia delle scale
Angelini di sopra. Questa casa non ha terreno sodivo, né orto
ancuno adiacente. Venduta ad Angelini Angelo.” Al centro dell’allora Piazza del mercato si trovava la: “Cisterna di Vescovato” adibita “Ad uso pubblico. In accollo pel suo mantenimento con scritta del I° Luglio 1840, a Andrea Luchini.” Il manufatto veniva così descritto: “Questa Cisterna è di forma cilindrica ed il collo di ugual figura. E’ coperta con una Torretta di muramento e grata di fil di ferro. E' alimentata dalle acque pluviali che si raccolgano dai tetti delle contigue Fabbriche. Due finestre con sportello, toppa e chiave, e collo di ferro con carrucola di ottone per ciascuna finestra. Torrette N° 3 che comunicano mediante opportuni condotti colla Cisterna. Le docce sono applicate alla casa di Antonio Angiolini, all'antica Potesteria, alla casa della Cancelleria, alla casa di Paolo Neri ed alla casa Martini. E’ situata nella pubblica Piazza di Vescovado come vedesi nell'unita pianta degli sviluppi. I confini di questa Cisterna sono il Terreno della Piazza dove venne costruita.” A questo punto occorre spendere due parole che riguardano la Chiesa di Vescovado. Ecco quanto riporta Mario Filippone nel suo libro: “Il Territorio di Murlo e le sue Chiese”. “La cappella (dell’Antica), già in cattivo stato alla metà del XIX secolo, fu sconsacrata e alienata ai primi del Novecento, e con il ricavato si contribuì alle spese per la costruzione di una chiesa più grande e più consona alle necessità religiose della popolazione del capoluogo. I lavori della nuova parrocchiale, iniziati nel 1909, per le molte interruzioni si protrassero per vent'anni. Fu infatti solo nel 1929 che l'Antica ormai fattasi tutt'uno con il villaggio di Tinoni e divenuta sede dell'Ammini-strazione Comunale, ebbe una sua chiesa sotto il titolo di San Pellegrino. Per portare a termine i lavori molto si adoprò il sacerdote don Legaluppi, il quale anche con un sostanzioso legato, permise la realizzazione del progetto. Tuttavia, l'edificio non resistette a lungo perché nel 1966, a seguito di una alluvione, rovinò parzialmente, per cui se ne decise il totale abbattimento. La chiesa attuale, progettata dall'architetto Bolognini, e anch'essa dedicata a San Pellegrino, fu aperta al culto nel 1974.” Una nota inedita: Secondo la testimonianza verbale della signora Armida Soldani, novantaseienne e tuttora lucidissima, durante la prima guerra mondiale l’immobile in costruzione venne usato come magazzino dall’Autorità Militare. Solo al termine della guerra i lavori furono ripresi e la Chiesa, assieme al viale di accesso delimitato da cipressi venne dedicata al ricordo dei Caduti. Dopo oltrepassata la Villa di Belcano (o Beccano) s’incontra il Villaggio di Lupompesi a margine dell’Antica Via di Siena. Questa, fino alla fine del secolo XIX, passava accanto alla Cappella della Madonna del Carmine e faceva parte della ruotabile Casciano-Vescovado alla quale venne fatta descrivere una curva più ampia in quel punto. Una porzione della via rimase esclusa anche se fino a qualche anno fa, conservò il nome di “Via della Madonna” in ricordo della chiesa ormai declassata a civile abitazione, mutato poi in “Via delle Ginestre” a seguito del nuovo assetto stradario comunale computerizzato. La Cappella della Madonna del Carmine era compresa nell’elenco delle “Fabbriche Comunitative” e veniva descritta come segue: “E’ posseduta dalla Comunità e usata per alcune funzioni in servizio del popolo di Lupompesi. Ha la Tettoja a due pendenze sostenuta da un cavalletto di semplice forma. L'Altare è a Stucco; il pavimento è a mattoni con uno scalino che resta quasi nel mezzo. Due finestre ai lati della Porta con ferrata. Due Porte ai lati dell'Altare (le) quali mettono nella Sagrestia che fa l'Ufficio di Coro. Senza ornati. Una piletta di marmo bianco, antico lavoro con fogliami simile, ed un capitello. Al di fuori si vedono due rozzi sedili di muro. La Sagrestia è piccola, colla tettoja bassa a due pendenze, due finestrine, ed un campaniletto a vela con piccola Campana. Sul davanti della Cappella vi è un Selciato e si riscontra una fossa circondante la Cappella su due lati. Occupa una superficie di braccia 136. Trovasi questa sulla via che conduce a Lupompesi, ed in vicinanza della Strada Ruotabile di Siena.” Nella chiesa risiedeva la Compagnia laicale della "Madonna del Carmine" mentre la piccola comunità di Lupompesi provvedeva al mantenimento dell’edificio. Vi si faceva festa la terza domenica di luglio, e in quel giorno, fino al 1785, si correva un palio di cavalli. Il 2 gennaio veniva festeggiato anche San Macario, che era considerato il protettore di tutta la comunità. Alla fine del XIX secolo Francesco Brogi nel suo inventario sottolineò la fatiscenza dell'edificio dove egli vide due tele che giudicò di "nessun pregio" e, sopra la porta di ingresso, una lunetta affrescata. Dopo poche centinaia di metri in direzione di Crevole, la strada volge a destra in località conosciuta come ”Svolta carrozze” con chiaro riferimento alle diligenze che cambiavano direzione; aggira il “Poggio dell’Allodola” e, attraversando il “Bosco della Spina” scende ripidamente al ponte sul fosso omonimo. Lo Stradario del 1844, sbagliando, lo chiamava “Fosso dello Zingaro” confondendolo col fosso che s’incontra oltrepassato Radi. La strada prosegue con andamento lineare entrando in territorio di Monteroni dopo l’antico guado sul torrente Stile ove oggi esiste il ponte immortalato nel quadro del concittadino Dario Neri “Campriano d’inverno”. Il torrente Stile prende tale identità dopo la congiunzione di due fossi sotto Usannella provenienti: quello più a sud dai pressi del lago di Viamaggio e l’altro più a nord da Poggio Giugnolo. Descrive un lungo giro dirigendosi a est e poi a sud costituendo il confine del territorio di Murlo da quel lato. Finirà la sua corsa gettandosi nell’Ombrone nei pressi di Villa Castelrosi in comune di Buonconvento. La prima parte della Via di Siena, in un disegno di Luciano Scali
(continua nei prossimi numeri) |
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