MURLOCULTURA
n. 5/2006 |
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Indietro nel tempo alla riscoperta di luoghi perduti
La scomparsa cappella di San Pietro d'Alcantara di Giorgio Botarelli parte seconda
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Eretta
nel 1730 per volere della famiglia Puccioni di Siena, la cappella
intitolata a San Pietro d’Alcantara era ubicata nelle immediate
vicinanze della signorile casa padronale (1) cui faceva capo il podere in località Belvedere, sottostante la rocca e villaggio di Crevole in direzione Casciano. Nel settembre 1691, Iacomo Puccioni aveva acquistato da Iacomo Roselli, per 340 scudi, il suddetto podere, all’epoca provvisto della sola casa per il lavoratore e comprendente otto moggiate incirca di terre lavorative, vignate boschive sodive macchiose e un campo con circa trenta pedoni d’olivo ed altre tante di querci… (2). Quarant’anni più tardi, nell’aprile del 1730, gli eredi di Iacomo si rivolgono all’arcivescovo di Siena per domandare l’autorizzazione alla costruzione di un oratorio - com’era consuetudine tra le famiglie gentilizie nei possedimenti di campagna - vicino al fabbricato padronale che nel frattempo avevano edificato sul loro podere e che utilizzavano come residenza nei periodi di vacanza: Vincenzo e fratelli Puccioni di Siena sudditi umilissimi di V.S.Ill.ma e Rev.ma, reverenti l’espongono come possiedono nel Vescovado foraneo e nel Comune di Crevole, alcuni beni con casa ad uso di padrone, dove si portano ad abitare con tutta la fameglia in occasione delle villeggiature; ma poiché questa è distante dalla chiesa curata di Crevole circa due terzi di miglio, per la cattiva qualità della strada, per l’incostanza dei tempi, e per l’età grave di qualche persona della loro fameglia, ben spesso sono necessitati, almeno in parte perder la Messa nei giorni di festa. Perciò haverebbero pensato di fabbricare un oratorio vicino alla loro detta abitazzione per celebrarvi la S.Messa, la quale per altro non potrebbe servire che per la loro fameglia e de loro mezzaioli, già che l’altri hanno le case più vicine alla chiesa curata che al detto oratorio; perciò ricorrono umilmente a V.S.Ill.ma e Rev.ma, supplicandola a degnarsi far loro grazia che possino far fabbricare il detto oratorio per celebrarvi la S. Messa… Per timore di vedersi negare il permesso, causa l’opposizione del pievano di Crevole, che da ciò poteva ritenersi danneggiato, i Puccioni si offrono di versare al medesimo l’elemosine raccolte durante le funzioni :...e perché mai possa dubitarsi che siano con ciò ad apportar pregiudizio alla detta Cura di Crevole, si offeriscano pronti far questuare dalle loro genti e l’elemosine farle riporre in una cassetta da ritenersi in detto oratorio dal signor curato della detta chiesa di Crevole, rendendosi ancora pronti di sopire qualunque difficoltà che potesse nascere nel modo e forma che più piacerà a V.S.Ill.ma e Rev.ma... Con decreto del 17 aprile 1730, l’arcivescovo consente la costruzione dell’oratorio, che dovrà essere decorosamente corredato di tutti gli arredi appropriati e le suppellettili necessarie allo svolgimento delle sacre funzioni. E’ stabilito l’obbligo di tre messe in onore di San Pietro d’Alcantara da celebrarsi in un qualsiasi giorno festivo dell’anno mentre le elemosine raccolte dovranno andare a beneficio della parrocchia di Crevole; non vi dovranno essere costruiti sepolcri e detta messa per Pasqua, Pentecoste e Natale. Nell’arco di quattro mesi la cappella viene realizzata e nell’agosto dello stesso anno, il pievano di Casciano viene designato per la benedizione del nuovo luogo di culto, necessaria per potervi celebrare. Il 25 settembre 1730, don Bernardino Girolami, rettore pro tempore della pieve dei Santi Giusto e Clemente a Casciano, si reca a consacrare la cappella, che da quel giorno entra in normale officiatura (3). I Puccioni la mantengono per decenni in buone condizioni: il maggio 1775, l’arcivescovo Borghesi, nel corso della visita pastorale da lui indetta, trova la cappella bene ornata, e corredata di decenti utensili nell’altare. Rileva che non vi sono obblighi particolari in quanto vi si celebra la messa nel tempo che dimorano in campagna i signori Puccioni. Il calice, messale, pianete, camice, e l’altre biancherie sono pulite, e tutto in buono stato, come ancora sono tutti gl’altri arredi della detta cappella (4). |
Sul
finire del Settecento, la proprietà del podere Belvedere,
cappella compresa, passa nelle mani del patrizio senese Pietro Sani e,
da quel momento, si può dire che comincia la lenta decadenza
dell’edificio sacro. Già nel maggio 1802, durante la
visita pastorale dell’arcivescovo Zondadari, la cappella mostra i
primi segni di un graduale abbandono: sull’altare
c’è ancora la Croce, ci sono i candelieri e la tovaglia ed
è ornato da un quadro rappresentante San Pietro
d’Alcantara, sicuramente commissionato dai precedenti
proprietari; mancano invece il calice, il messale e la predella di
legno davanti all’altare, mentre risultano sconnessi il gradino e
i mattoni del presbiterio. La sagrestia poi è molto umida
perché rotti alcuni docci nel tetto. La famiglia Sani vi celebra
ancora una festa con quattro messe in un venerdì di aprile,
mentre i Puccioni la celebravano in ottobre (5).
Nel 1825 Pietro Sani, che si professa proprietario di una cappella pubblica che minaccia rovina, riferendosi a quella in questione, comunica all’arcivescovo che desidererebbe che fosse profanata, molto più che in Essa Chiesa non vi sono oblighi ne di messe, ne di feste, e che non fa neppur comodo attesa la vicinanza della Pieve. L’arcivescovo incarica allora il pievano di Murlo, Casimiro Fineschi, di andare sul posto e di riferire poi sulla situazione. Effettuata la ricognizione, in una lettera del 17 maggio il Fineschi afferma di aver trovato la cappella in non buone condizioni anche se non pericolante e asserisce che con poca spesa la si potrebbe risistemare. Osserva inoltre, che in caso di interdizione, rimarrebbero utili nella zona solo la pieve di Crevole e la cappella di Formignano, ma che dovendosi chiudere la pieve per causa di riattamenti, saranno costretti ad uffiziare a Formignano con grande scomodo del Pievano e del Popolo. Il 26 maggio 1825 l’arcivescovo Mancini decreta: non si accorda la domandata profanazione che anzi si raccomanda la pronta restaurazione (6). Il restauro però non avverrà mai e la chiesetta, lasciata a se stessa, andrà in rovina; in una nota redatta dal pievano Fineschi in data 25 settembre 1840, riguardante le cappelle esistenti nella Vicheria di Murlo, è ancora riportata una cappella a Crevole del Nobil Sig. Sani (7). Abbiamo già visto che nel 1850, quando il possesso passa dalla famiglia Sani ai nuovi comproprietari, è menzionata come cappella diruta e che nel 1883, nelle carte catastali, viene ufficializzata la sua trasformazione, mediante un notevole ampliamento, in casa colonica (8). Sta di fatto che, al momento dei lavori, o forse prima, qualcuno si preoccupò di smurare dall’altare della cappella, che doveva essere smantellato e sul quale era probabilmente collocata, la lapide che ne attestava la fondazione da parte dei Puccioni centocinquant’anni addietro, facendola poi rimurare accanto al portone d’ingresso della casa padronale del podere: la memoria di quell’edificio che andava scomparendo fu in tal modo salva. La chiesa di S.Pietro d'Alcantara oggi
Disegno di L. Scali NOTE (1) - Si tratta dell’edificio più grande che compone oggi l’agglomerato de La Palazzina. (2) - Archivio Arcivescovile di Siena (AAS), Cause Civili, 5025, n. 396. (3) - AAS, Cause Civili 5015, n. 1595. (4) - AAS, Visita pastorale a la diocesi di monsignor Tiberio Borghesi, n. 63, c.30v/31r. (5) - AAS, Visita pastorale eseguita dall’Ecc.mo Sig.Cardinale Zondadari, n. 68, c.94v/95r. (6) - AAS, Cause Civili 5138, n.47. (7) - AAS, Cause Civili 5153, n.56. (8) - Vedi il precedente numero di Murlo Cultura. |
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La chiesa di S.Pietro d'Alcantara Ricostruzione grafica di L. Scali |
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