MURLOCULTURA n. 5/2006


Associazione Culturale di Murlo
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I "percorsi della memoria": Lupompesi 1948

 Zucche a testa di morto, spettri e candele...

e poi dicono che Halloween è arrivato nel 2000!

di Annalisa Coppolaro

La Paura
Tanta gente si chiede, oggi, che senso abbia celebrare Halloween, una festa anglosassone per eccellenza con nessun legame culturale con l’Italia. Per questo mi pare interessante raccontare qualche ricordo d’infanzia di cui mia madre ama parlare – e che, prima di lei, mia nonna mi diceva a volte nel canto del fuoco.
Cosa facevano a Lupompesi da piccini, negli anni ‘40 e ‘50? Mentre noi lupompesini oggi 30-40enni passavamo tante serate tra musica e ‘feste da ballo’ nelle case e nei garage, i nostri genitori, sembra, si divertivano in altro modo. Ad esempio con le zucche decorate ‘’a testa di morto” e piazzate in punti strategici del paese, con una candela dentro, per far paura alla gente. Ma facciamo un passo indietro: Lupompesi, per chi non lo sapesse, è stato il ‘’vivaio’’ di tante famiglie oggi in parte divenute vescovine o partite per la città, in parte rimaste proprio a Lupompesi.
Qui infatti, tra la fine degli anni ‘30 ed i primi anni ‘60, vivevano sciami di bambini: almeno una ventina. Qui vivevano i quattro fratelli Carapelli, Remo, Vasco, Piramo e Rita, con i figli, tra cui mia mamma Tosca Carapelli, e le cugine Mara e Norma, la famiglia Burresi con Alma e Carla, Margherita Menicucci e i suoi, la famiglia Bechi con Italo, Romano, Beppina e Angiolino, Adamo Bellini con i fratelli Idalgo, Giuseppe e Ferruccio, la famiglia Soldati con i figli Giordano, Marisa e Giorgio, la famiglia Machetti con Silvano e Rosetta, la famiglia Pisani con Livia e Liliana. Età differenti, e un’epoca, il dopoguerra, non facile per nessuno. Di certo, essere in campagna aiutava: la farina, l’olio e il vino, le uova e qualche pollo, un po’ di verdura e frutta almeno si trovavano, ma a piccole dosi, e questi cittini dalle gambe magre come fuscelli che correvano per Lupompesi, da sotto il forno alla cannella, da piazza del Pozzo a via delle Rose, e poi giù fino all’Ingolla, la dicevano lunga sulla storia di una guerra finita male, certo, ma comunque lasciata dietro alle spalle. 

Che facevano, questi ragazzini, tutto il giorno, a fine estate? A nascondino, ai quattro cantoni, a “Uno, due, tre, stella!” E poi gli scherzetti alla gente.  Dalle parti del Tinaio, dove oggi hanno costruito un residence, c’era un rito classico, quello del portafogli. Mettevano un portafogli vuoto in mezzo alla strada, legato con un filino, si nascondevano e aspettavano che passasse qualcuno, tenendo l’estremità del filo in mano. Poi, quando un passante si fermava interessato apprestandosi ad afferrarlo, tiravano il filino e poi, ridendo, lo prendevano in giro per un bel po’.
Allora non c’era quasi l’elettricità, la radio era l’unico contatto con il mondo esterno, i tempi della Tv erano ancora lontani e divertirsi era correre e saltare, a contatto con campi e boschi, animali ed intemperie. Ma al solito sto divagando. Un altro passatempo dei monelli e monelle di Lupompesi erano le Zucche a testa di morto. Proprio come quelle che si fanno oggi ad Halloween. Quando era il tempo delle zucche, e le mamme ne svuotavano la polpa per farci da mangiare, e i ragazzini si affollavano intorno alla tavola chiedendo di incidere in quelle zucche vuote occhi, bocca e naso. Poi, con una candela infilata nella zucca, si partiva alla volta dei soliti punti strategici del paese per mettere in atto La Paura. La Paura era appunto questa zucca illuminata che la gente non si aspettava di vedere negli angoli bui del paese.
Un certo effetto lo faceva, quando il paese era ancora solo illuminato dalla luna e dalle stelle, trovarsi una facciona gialla fosforescente che sghignazzava su uno scalone o in una loggia mentre le massaie uscivano di casa per andare a veglia dalle vicine o quando gli uomini tornavano da chiudere i polli.
Difficile sapere se questa idea era stata “importata” da qualche soldato americano o da qualche italiano che in Usa c’era stato proprio per la guerra, oppure se qualche ragazzino aveva visto una di queste zucche in un libro di scuola. Di certo, se il moderno Halloween con costumi e feste, “Dolcetto o Scherzetto” e maschere orripilanti è davvero giunto in Italia intorno agli anni ’90, le zucche a testa di morto, o meglio Le Paure, già si facevano a fine anni ’40. O almeno si facevano a Lupompesi. Che, com’è noto a chi qui è nato e vissuto, non è mai stato un paese come gli altri…
Lupompesi - disegno di L. Scali
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