MURLOCULTURA
n. 5/2006 |
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Come, 150 anni fa, un Governo illuminato risolveva l'ancora controverso dibattito sulla pena di morte.
IL CODICE PENALE TOSCANO di Filippo Ferri |
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E'risaputo che, per secoli, l’Europa è stata dominata dal diritto comune, ed altrettanto risaputo è il fatto che, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, il continente fu investito da un poderoso fenomeno di codificazione che mutò radicalmente il sistema giuridico dei vari Paesi, segnando il superamento del diritto comune medesimo. Tuttavia, forse non altrettanto risaputo è che proprio la Toscana ricoprì un ruolo di primo piano nel succitato processo di codificazione, in particolar modo nel campo penale. Prima di occuparci dell’oggetto del nostro articolo, però, è opportuno fare alcune premesse introduttive. A tal fine, ci affidiamo alle parole di un grande storico del diritto – Adriano Cavanna – che, con mirabile capacità di sintesi, così descrive la situazione giuridica dei Paesi europei in quel cruciale momento di cambiamento: “In
realtà, anche se l’idea culturale di un regime normativo
unitario e non controverso si era da tempo fatta strada nel pensiero
giuspolitico europeo, ancora in pieno secolo XVIII essa appariva un
mitico traguardo ideale, da cui le ambizioni semplificatrici e i
concreti programmi di riorganizzazione del diritto si tenevano
realisticamente lontani.(…) Entro questa prospettiva
sostanzialmente conservatrice, per quasi tre secoli si pensò di
poter raggiungere risultati di semplificazione, di certezza e di
riordine operando sul complesso delle norme vigenti. (…)
…la persistente mancanza ad osare l’inosabile:
l’abrogazione ufficiale di tutto il diritto vigente; la sua
riformulazione in un corpo normativo completo e uniforme suscettibile
di univoca applicazione e non tollerante l’integrazione
sussidiaria di alcuna fonte esterna.”
Da queste parole lo scenario
risulta estremamente chiaro: una situazione di caos normativo, con
leggi, grida e decreti a formare una oceanica e intricatissima selva
giuridica (e ci torna alla memoria il seicentesco Azzeccagarbugli
manzoniano), la quale si tenta di risolvere mediante una ricompilazione
e una riordinazione del materiale esistente.
Nascono così collezioni, raccolte e consolidazioni. Anche in
questa prima fase (dove, osiamo affermare, si possono cogliere i
prodromi dei moderni codici), la Toscana, assieme a tanti altri Stati
Italiani, fu luogo di tali operazioni di “pulizia”
normativa.Affidiamoci nuovamente al Cavanna: “Pressoché
negli stessi anni, in Toscana, fervevano tentativi di rinnovamento
giuridico analoghi a quelli in corso a Napoli (…)"
Nel 1737, sale al trono del Granducato di Toscana il Duca Francesco Stefano, marito di Maria Teresa d’Austria.“A noi interessano qui soprattutto i programmi di riordinamento della giustizia e del diritto che il sovrano lorenese tentò di realizzare nel suo Stato. Nel 1745 si diede incarico a Pompeo Neri (…) di preparare un codice di diritto patrio, sull’esempio delle recenti costituzioni sabaude. Contemporaneamente si affidava al senatore Venturi Neri il compito di elaborare un piano di riassetto razionale delle strutture giudiziarie. (…) … il granducato di Toscana avrebbe conosciuto ancora, nella seconda metà del Settecento, altri più consistenti e lucidi tentativi di codificazione, che avrebbero interessato (…) il campo del diritto penale: il già maturo clima riformistico creatosi intorno alla figura di Pietro Leopoldo (…) avrebbe portato la Toscana molto lontano sulla via della moderna codificazione penale. In questo campo, grande terreno di battaglia dell’illuminismo, sarebbe stato Leopoldo per primo a suonare in Europa la campana delle riforme.” |
Compiendo
un balzo in avanti negli anni, giungiamo così all’opera che
maggiormente ci interessa, vale a dire il Codice Penale Toscano del
1853, promulgato da Leopoldo II Granduca di Toscana, e da noi
considerato in una splendida edizione del 1875. Questo codice viene
alla luce dopo cinque decenni di fondamentale importanza per la storia
del diritto. Sono infatti quei decenni in cui nascono le codificazioni
illuministiche e rivoluzionarie, ispirate alla filosofia riassumibile
nel motto di Voltaire: “Volete delle buone leggi? Bruciate le vostre e fatene delle nuove.”
Nel 1794 viene promulgato il codice di Federico II di Prussia. Vistosa
è poi l’influenza dei codici napoleonici di Commercio del 1806, di
Procedura Civile del 1807, e soprattutto di quello Penale del 1810. Il
codice si presenta con una struttura articolata in due libri, che
seguono al Decreto per l’esecuzione del Codice. Il primo libro è
intitolato “Dei delitti e della loro punizione in generale” e consta di
nove titoli. Il libro secondo è intitolato “Dei delitti e della loro
punizione in particolare” e consta di otto titoli. Ciascun titolo
(eventualmente diviso in sezioni) è diviso in capi, e ciascun capo,
accompagnato da una rubrica, contiene gli articoli, per un totale di
456 articoli. Segue poi il “regolamento fondamentale degli stabilimenti
penali” (27 articoli) e il “regolamento di polizia punitiva” (diviso in
tre parti, per un totale di 208 articoli). Scorrendo le pagine del
Codice, si rimane colpiti dalla grande modernità dell’opera. E non ci
riferiamo solamente alla forma delle norme, ma anche al loro contenuto.
Troviamo infatti la disciplina di reati come la
cospirazione, la congiura, la concussione, l’abuso d’ufficio, le
associazioni illecite, gli atti di libidine commessi con violenza, lo
stupro, l’omicidio premeditato, il procurato aborto, le lesioni
personali, e via dicendo.
Grande
modernità, quindi, anche nel sistema delle pene. Ovvio trovare anche
una serie di norme “antiche” e figlie dell’età del Codice, quali gli
attentati o i delitti contro la persona del Granduca, e altri analoghi.
Ma la maggiore novità di questo libricino stampato nella seconda metà
dell’ottocento, è l’abolizione della pena di morte. Riportiamo, a
questo proposito, il testo integrale del Codice, che risulta di
particolare interesse, poiché ci rammenta e rafforza le illuminanti
parole del Cavanna:
DECRETI per l’abolizione della pena di morte e per la graduazione e mitigazione delle pene IL GOVERNO PROVVISORIO TOSCANO Considerando che la Toscana fu la prima ad abolire in Europa la pena di morte; Considerando che se questa venne in seguito ristabilita lo fu solamente quando le passioni politiche prevalsero alla maturità dè tempi e alla mitezza degli animi; Considerando però che quantunque per tal modo ripristinata non venne applicata giammai perché fra noi la civiltà fu sempre più forte della Scure del Carnefice; HA DECRETATO E DECRETA: Articolo unico – La pena di morte è abolita. Dato in Firenze li trenta Aprile milleottocentocinquantanove
Cav. Ubaldino Peruzzi Avv. V. Malenchini Magg. A. Danzino |
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