MURLOCULTURA n. 5/2008

 

Società e assetti territoriali in mutazione

 
L'Unione dei Comuni
della Val di Merse

 di Camillo Zangrandi

Associazione Culturale di Murlo
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R iportare l’attenzione sulle strutture amministrative di base, in questa occasione, diventa un discorso reale che ci tocca e non più solamente teorico, come nel passato. Infatti, la Comunità Montana della Val di Merse chiude la sua storia e il Comune di Murlo si accinge ad entrare, con l’inizio del nuovo anno, nell’Unione dei Comuni della Val di Merse. Quella dell’Unione era un’opportunità minimaobbligata, come dicevamo nell’ultimo articolo, perché, senza una forma di raggruppamento, Murlo e gli altri Comuni coinvolti dalla cessazione della Comunità Montana rischiavano la sopravvivenza procedendo individualmente.

Sul processo con il quale si è arrivati a questa decisione si possono fare alcune osservazioni. Si è giunti a questo risultato attraverso la scelta, con l’ultima Finanziaria del Governo Prodi, di delegare le Regioni a tagliare un certo numero di Comunità Montane; la Regione Toscana, nel mese di giugno, ha decretato la cessazione della Comunità Montana della Val di Merse, insieme con altre sei Comunità toscane.

Per quanto riguarda la decisione governativa, eravamo in piena polemica sul costo della politica per cui nella Finanziaria si è scelto, come contentino, di tagliare alcune Comunità Montane, dando tempi molto stretti, come se da quello derivasse lasalvezza” economico-finanziaria del Paese (da allora quante altre decisioni sono state prese e si stanno prendendo per incidere fortemente e rapidamente sui costi delle strutture organizzative?). Questa urgenza non può, infatti, tradursi in un altrettanto urgente e rapido taglio dei costi (personale, rapporti contrattuali in essere della ex Comunità continuano come costi spalmati su altri enti). La Regione Toscana poi, delegata a fare le scelte, nella sua discrezionalità di scelta, ha imposto i tempi. Questi tempi non sembra siano stati sufficienti per consentire un’analisi approfondita della situazione che derivava dall’esperienza della precedente gestione della Comunità Montana, sia rispetto alle materie/competenze da mettere incomune” sia al territorio da unire, né per valutarne gli aspetti corretti e negativi da cui partire per la costruzione della nuova organizzazione territoriale. Si trattava di approfittare di una situazione per costruire un nuovo progetto di ampio respiro che, sfruttando tutte le opportunità messe in campo dalle leggi vigenti, consentisse di scegliere il territorio coerente per caratteristiche da unificare, eventualmente ridisegnandolo nei suoi confini, accorpare progressivamente il massimo numero di funzioni comunali da accentrare in un unico centro decisionale più grande. Un progetto di una nuova organizzazione territoriale snella nei costi, per la sua efficiente struttura, e coerente con i bisogni crescenti da soddisfare: progetto pronto a trasformarsi nel giro di qualche anno in un'unica entità capace di governare un territorio più vasto. Per il momento, da quanto emerge analizzando i contenuti dello Statuto, l’Unione appare fondamentalmente uno sbiadito rifacimento della Comunità Montana appena chiusa.

Un’altra osservazione riguarda, a nostro avviso, il territorio gestito dalla nuova Unione, che è la fotocopia del territorio della Comunità Montana, con la perdita di Casole d’Elsa, ma con la perdurante presenza di Radicondoli. Non abbiamo niente con gli abitanti di Radicondoli, ma il suo territorio e le relative problematiche hanno poco da spartire con quelle degli altri comuni dell’Unione: sembra che anche una buona parte dei cittadini di Radicandoli la pensi in questo modo, poiché si parla di referendum al riguardo. Il fatto che esistano dei motivi contingenti a tale scelta non ci sembra una buona ragione per mettere a rischio e rendere più difficoltoso il cammino della nuova Unione. Ma il problema del territorio, se vogliamo ben analizzare, tocca anche lo stesso Murlo, cosi come è a cavallo tra due bacini -Val di Merse e Val d’Arbia-, con i cittadini dei due centri principali che gravitano su aree di attrazione diverse.

Certamente una situazione più delicata e complessa da risolvere, ma che probabilmente dovrà essere affrontata, prima o poi, se si vorrà gestire il territorio in modo realmente efficiente ed efficace. Le soluzioni sono da cercare meno nella storia del passato o nell’applicazione burocratica dell’esistente, ma di più nella razionalità, nell’immaginazione di strade nuove e nel coraggio delle scelte, discutendone apertamente con i cittadini.

Ci auguriamo, comunque, che le amministrazioni dei cinque comuni interessati riescano a procedere speditamente sulla strada delle decisioni prese, allargandone velocemente gli orizzonti operativi e sfruttando tutte le massime opzioni che la legge mette a disposizione per ridurre i costi ed ottenere i massimi vantaggi dai potenzialmente più importanti trasferimenti dallo Stato che le Unioni dei Comuni possono avere: trasferimenti statali che aumentano progressivamente alla riduzione delle spese e alla quantità e qualità dei servizi che si accorpano nell’Unione.

 


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