MURLOCULTURA n. 5/2009 | ||
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La
ripulitura della fornace per calce e dei suoi annessi ne prelude il
restauro o la trasformazione? di Luciano Scali |
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Dopo
aver attraversato il villaggio della
miniera, prima di giungere al termine del cosiddetto “Piano Caricatore”
sarà possibile osservare in
questi giorni uno spettacolo insolito: l’antica fornace per calce
liberata dalle macchie che l’avvolgevano da sempre.
Il manufatto, risalente agli anni 1885/88, si presenta oggi nel precario stato di conservazione derivato dall’abbandono avvenuto con la cessazione della gestione Ansaldo circa ottantacinque anni fa. La fornace per calce in una foto del 1919 e nel disegno di Dario Neri Un disegno di Dario Neri eseguito nel 1920-21 ci mostra il villaggio dopo le sostanziali opere di ammodernamento a cura della predetta Società, mentre alcune foto dell’epoca riprendono la fornace ancora corredata dei caratteristici camini parabolici prima della definitiva trasformazione. Uno spaccato della fornace (ricostruzione di Luciano Scali ripreso dal disegno di Dario Neri del 1920-21) Questo manufatto, assieme agli annessi in parte scomparsi, costituiva un importante impianto capace di produrre in continuo, una grande quantità di calce aerea di ottima qualità. Un settore degli annessi lato sud, servì da magazzino per lo stoccaggio della calce in parte confezionata. La chiave di lettura di quanto rimane è piuttosto chiara anche se allo stato attuale i ruderi rappresentano un pericolo reale per la pubblica incolumità. L’ammasso di vegetazione rimosso serviva da efficace protezione nei confronti di chi, spinto dalla curiosità, avrebbe voluto dare un’occhiata alla misteriosa costruzione. L’aspetto del paramento esterno non nasconde il suo grave stato di conservazione segnato com’è dalle fessure derivate dalla continua cadute di pietre staccatesi dalle pareti con la progressiva perdita del legante. Le catene poste in opera per contrastare le naturali dilatazioni dei materiali durante i periodi di operatività della fornace, appaiono oggi allentate e qualche traversa costituita da porzioni di binario Vignoles originale, è caduta e scomparsa. I quattro forni, non più protetti dal tetto, stanno rapidamente perdendo il rivestimento interno e i blocchi di gabbro refrattario che lo compongono si vanno ammucchiando negli antichi fornelli spinti dalle acque atmosferiche infiltratesi nel materiale di riempimento dell’intero complesso. Anche la porzione di terreno, ove l’ingegner Pircker prima di abbandonare la direzione della miniera nel 1888 aveva iniziata la costruzione di altri quattro forni in linea per cemento, è stata ripulita mettendo così in evidenza il pensiero di questo straordinario personaggio dalle idee chiare e dalle lungimiranti vedute. Un complesso carico di storia dove le numerose tracce ancora riscontrabili sulle strutture rimaste, la dicono lunga sulle attività e trasformazioni succedutesi nel tempo. A questo punto viene spontaneo domandarsi a cosa stiano portando gli insoliti preliminari di questi giorni. Si sta forse assistendo ad un secondo miracolo che faccia il paio con quello realizzato qualche anno fa dalla Louise col restauro della coeva fornace continua per cemento oppure ad una possibile speculazione che cancelli di colpo quanto rimane di un importante periodo di storia del villaggio minerario? La trasformazione della “Fortezza” in unità abitativa o qualcosa di similare, lasciandone invariato l’aspetto esterno come si usa fare nelle ristrutturazioni moderne, è pura utopia non potendo ragionevolmente pensare di svuotare l’intero complesso e praticare aperture nei precari muri perimetrali. La soluzione proposta nel 2002 dalla nostra Associazione che prevedeva il recupero del complesso da destinarsi a museo delle attività minerarie del comune di Murlo, avrebbe potuto degnamente completare con unanime soddisfazione, un discorso iniziato qualche anno prima con l’apertura del percorso didattico realizzato su un breve tratto della ferrovia carbonifera. Oggi il dubbio resta e con esso la percezione dell’inarrestabile depauperamento di un patrimonio culturale irripetibile visto che il complesso di cui si parla ne fa parte. Non è facile immedesimarsi nel dilemma che pone i proprietari di un bene culturale a dover scegliere fra il suo ineluttabile degrado e un discutibile recupero a fini speculativi, ma giunge prima o poi il momento di decidere. Ecco allora la necessità di ricercare con le Amministrazioni locali, soluzioni capaci di destinare il bene a funzioni più congeniali alla sua natura, come la didattica ad esempio, anziché sforzarsi a creare grotteschi compromessi architettonici capaci solo di stravolgere un equilibrio ambientale rimasto integro per tanto tempo. Sono certo che quanto sto cercando di dire non indurrà a ripensamenti su decisioni forse già prese come accaduto in precedenza, ma potrà far riflettere sulla necessità di ampliare le conoscenze dei cittadini sulle realtà storico-culturali esistenti nel nostro territorio affinché possano osservarle nella loro vera luce e valutarne l’importanza, prima di dare corso a interventi destinati a mutarne i connotati oppure a cancellarne addirittura la memoria solo per ricavarne temporanei benefici economici. La fornace per calce (a sinistra) e la fornace incompiura (a destra) come appaiono oggi |
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