MURLOCULTURA n. 6/2012 | ||
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IL MURATORE di Luciano Scali Ventisettesima puntata |
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Nell’articolo
del numero di gennaio riferito a questa rubrica, abbiamo soffermata
l’attenzione verso alcuni tipi di tetti realizzati con tecniche
diverse a seconda delle superfici da coprire. La copertura di una
casa rurale o di una chiesetta di campagna non richiedeva certamente
le attenzioni che dovevano essere riservate a ad una pieve
monumentale oppure ad una cattedrale. Per le prime si faceva ricorso
a materiali reperiti in loco, per le altre ci si serviva di
particolari artifizi tecnici per poterle realizzare. Laddove
l’approvvigionamento del legname non rappresentava un problema
insormontabile, era anche possibile riuscire a coprire luci più
ampie del normale senza ricorrere all’impiego d’ingombranti
capriate ma predisponendo le strutture in modo tale da risolvere il
problema in altra maniera. Le capriate sono di per sé piuttosto
ingombranti e di difficile maneggevolezza Infatti esse trovano il
loro migliore impiego in ambienti piuttosto alti dove la catena non
costituisce un impedimento per la circolazione di persone, come le
chiese, i magazzini oppure dove il sottotetto può essere adibito a
soffitta o anche a mansarda purché opportunamente suddiviso. Per
fare un piccolo esempio immaginiamo di dover coprire una costruzione
larga otto metri con un tetto a due falde e che queste siano
inclinate di 30 gradi. Ciò vorrà dire che occorreranno 115
centimetri di lunghezza di falda per coprire un metro di larghezza
del fabbricato, per un totale di 4,60 metri per ogni falda.
Fig. 1-2. La copertura tipica poteva essere di due tipi: a capanna e a padiglione, come del resto abbiamo già visto in qualcuna delle precedenti puntate. Nel primo caso le due pareti terminali del fabbricato si presentavano come altrettanti pentagoni irregolari sulla cui cuspide veniva a poggiare la trave di colmo (figure 1-2); nel secondo invece, tutte e quattro le pareti esterne mostravano la medesima altezza grazie all’apporto di quattro travi di cantonata poggianti sugli angoli del fabbricato (figura 3) e sulla parte terminale del muro maestro. Fig. 3. Nelle costruzioni più modeste si tendeva ad evitare soluzioni difficili e costose, limitandosi a realizzazioni semplici compatibili con le quasi sempre ridotte disponibilità economiche. In luogo delle capriate si ricorreva alla muratura, ovvero ai cosiddetti muri di spina. Queste strutture, poste ortogonalmente ai muri perimetrali e al muro maestro centrale, delimitavano la larghezza delle stanze in funzione della lunghezza degli arcarecci disponibili, ai quali fungevano da supporto. Con tale soluzione si otteneva lo scopo di ripartire il carico della copertura in più punti e direttamente sulle murature anziché sulle capriate, e la riduzione delle spinte laterali sulle pareti esterne che le travi del tetto poggianti su di esse le avrebbero provocato. Con tale sistema si potevano ottenere ambienti sufficientemente ampi anche se limitati in larghezza che, a loro volta permettessero soluzioni altrettanto semplici tendenti ad ampliarla. La figura che segue illustra il principio esposto suggerendo nel contempo ulteriori soluzioni più stabili ed evitando di fare ricorso all’impiego delle capriate (figura 4). Fig. 4. Legenda:
Ma continuando ad approfondire l’argomento, risulta
evidente come la ricerca di soluzioni nate in funzione della
disponibilità dei materiali reperibili, venga influenzata anche dal
loro corretto impiego durante il corso della costruzione stessa.
Principi fondamentali di statica ne regolano l’uso ed a seconda di
come questi viene gestito si avranno risultati più o meno felici.
Non si deve mai dimenticare che i materiali impiegati nelle
costruzioni hanno caratteristiche peculiari da tenersi sempre
presenti e dalle quali non si possa derogare senza subirne gravi
conseguenze. La pietra ed il laterizio debbono sempre lavorare
a compressione e non essere mai sollecitati a flessione. A
tale proposito, durante i secoli sono state acquisite tecniche tali
che pur facendo uso di soli materiali dalle caratteristiche enunciate
hanno consentita l'esecuzione di opere grandiose ancora presenti ai
nostri giorni. Si tratta appunto di manufatti più o meno semplici
derivati dallo studio di figure geometriche e dalla loro applicazione
in più varianti a seconda dei casi da risolvere.
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