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Ritorniamo
su un argomento lasciato qualche numero fa, la necessaria
riorganizzazione delle strutture amministrative sul territorio
nazionale in generale ed in particolare nel nostro: un aggiornamento,
con i passi avanti fatti. In questi ultimi mesi si è parlato meno di
comuni e molto di province. Le discussioni a tutti i livelli -
governativo, parlamentare, locale - e le proposte sono via via
passate dalla loro totale abolizione, dalla abolizione parziale
secondo alcuni parametri, poi secondo altri per cui il teorico numero
delle province da abolire variava in continuazione.
Contemporaneamente sono andate aumentando le pressioni per continuare
a modificare le proposte - a tutti i livelli e da parte di tutte le
forze politiche, comprese quelle favorevoli al principio
dell’abolizione - e a rendere più difficile il percorso
decisionale. Allo stato attuale non si parla più d’abolizione
totale né parziale, ma di riordino, un eufemismo tipicamente
italiano per perdere tempo nell’attuazione della decisione e pieno
d’incognite sul reale contenuto e sui tempi. Pur
essendo i tempi fissati, è nota l’italica capacità del “rinvio”,
dei casi particolari, delle eccezioni: salvo, eccetto, fatta
eccezione di e simili sono parole molto frequenti e tra le più usate
nelle nostre leggi [1]. L’abolizione
delle province, sia totale sia parziale, o anche il solo “riordino”
con la redistribuzione dei compiti a monte alle regioni e a valle ai
comuni, presuppone in ogni caso la conseguente riorganizzazione dei
comuni, in particolare quelli piccoli al di sotto dei 5.000 abitanti,
il che significa oltre il 70% dei comuni italiani (8.200 circa).
Senza questa completa revisione alla base e senza un coordinamento
programmato delle due riforme, si può correre il rischio di una
quasi paralisi amministrativa anche con possibili conseguenze sui
cittadini. Tornando
ai Comuni, dobbiamo sottolineare come l’azione richiesta dalle
leggi statali e regionali procede con estrema lentezza e con scarsa
visibilità per quelli che sono e saranno i maggiori destinatari del
cambiamento, i cittadini; non nel senso che essi sono oggi
interessati allo stesso, perché la stragrande maggioranza di loro
ignora letteralmente quanto sta per succedere, ma nel senso che lo
saranno forzatamente dato che l’attuazione delle norme in vigore
toccherà concretamente quotidiani modi di agire e abitudini di lunga
data. Questo momento non è lontano perché scadrà alla fine del
prossimo anno. E’ vero che la tecnica italiana del rinvio può
sempre farsi strada, ma a nostro parere non ci conteremmo molto in
quest’occasione. Da un lato la cogente situazione economica
costringe finalmente a realizzare le riforme delle strutture
organizzative territoriali (non potendo più il paese sopportare
costi eccessivi e contemporaneamente strutture non più adeguate ai
bisogni dei cittadini) e dall’altro l’articolato predisposto
dalla Regione Toscana, 44 pagine di disposizioni che toccano tutti
gli aspetti, non sembra lasciare spazi alle organizzazioni
periferiche (legge regionale 68 “Norme sulle autonomie locali” e
relativi aggiornamenti ). Parliamo
della legge toscana, giacché ne facciamo parte, ma stiamo facendo un
discorso che riguarda l’intero insieme degli oltre 5.000 piccoli
comuni italiani (con meno di 5.000 abitanti), nel quale è compreso
il nostro Comune. Nonostante si parli e attraverso le numerose leggi
che si sono succedute da oltre 10 anni, il numero di Comuni che ha
proceduto sulla strada delle Unioni e/o delle Fusioni di Comuni, è
molto limitato, pur alla presenza di vantaggi economici interessanti
sotto il profilo degli stanziamento statali e regionali. A titolo di
curiosità segnaliamo che le Unioni in Italia sono qualche centinaio,
localizzate per lo più nel Nord Italia e nelle Isole. Il fatto è
forse che, in generale, l’ineluttabile cambiamento non è ancora
del tutto metabolizzato e si crede che tardando possa succedere
qualcosa che ci faccia ritornare al nostro “particolare”. Tornando
alla legge regionale toscana, che ci riguarda più da vicino poiché
ad essa il nostro Comune si dovrà adeguare, preme sottolineare che
“è stabilito il principio che la Regione promuove i processi di
fusione, in particolare dei comuni tenuti all’esercizio
obbligatorio di funzioni fondamentali (come Murlo, ndr), dandovi
attuazione attraverso la previsione di contributi regionali di
sostegno alle fusioni, di disciplina degli effetti della fusione,
d’impegni specifici per raggiungere intese e promuovere le leggi di
fusione”. In
sostanza l’Unione dei Comuni come ponte alla realizzazione della
Fusione. Quali
sono i passaggi che ci attendono nei prossimi mesi. Entro poco più
di un anno dovranno essere trasferiti all’Unione dei Comuni della
Val di Merse:
-
funzioni generali di amministrazione (gestione del personale,
controllo di gestione, gestione economica e finanziaria, gestione
delle entrate tributarie e dei servizi fiscali; gestione dei beni
demaniali e patrimoniali, ufficio tecnico con la progettazione, i
lavori pubblici e gli espropri, tenuta dei registri di stato civile e
servizi anagrafici, servizio statistico);
-
funzioni di polizia locale (struttura unica di polizia municipale,
polizia commerciale, amministrativa e tributaria);
-
funzioni di istruzione pubblica (servizi di nidi d’infanzia,
organizzazione e gestione dei servizi scolastici, assistenza
scolastica, trasporto scolastico, servizi di refezione, fino
all’istruzione secondaria di primo grado);
-
funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti (costruzione,
classificazione e gestione delle strade comunali, regolazione della
circolazione stradale urbana e rurale e dell’uso delle aree di
competenza comunale);
-
funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente
(pianificazione urbanistica, ordinamento di ambito comunale, i piani
strutturali, i piani urbanistici attuativi, il regolamento
urbanistico, il regolamento edilizio, lo sportello unico per
l’edilizia, la vigilanza e il controllo sull’attività edilizia,
valutazione di impatto ambientale di competenza comunale, vincolo
idrogeologico, funzioni comunali in materia paesaggistica, catasto
dei boschi percorsi dal fuoco, classificazione, pianificazione,
vigilanza e controllo sulle emissioni acustiche, funzioni comunali di
protezione civile, verde pubblico);
-
funzioni nel settore sociale (erogazione delle prestazioni e dei
servizi sociali).
Tutte
queste funzioni, praticamente la quasi totalità delle funzioni
comunali, entro il 2014 dovranno essere gestite a livello
dell’Unione. Il Comune rimane in vita sulla carta, ma l’effettivo
svolgimento dei compiti del Comune sarà demandato agli organi
costituiti dai rappresentanti dei singoli comuni.
Questo
comporterà l’accentramento degli uffici che gestiscono le funzioni
sopraelencate, cioè praticamente tutti gli uffici comunali, che
avranno un responsabile a livello dell’Unione. Secondo la legge
regionale, infatti “si ha esercizio associato di funzioni di enti
locali quando, per effetto della stipulazione di un atto associativo,
una struttura amministrativa unica svolge funzioni, e pone in essere
atti e attività relativi, di cui sono titolari comuni o province”. Non
sappiamo come questo sarà realizzato - il livello di accentramento
procederà per gradi anche per problematiche legate al personale
dipendente e alle loro qualifiche - ed aumenterà verosimilmente con
il tempo. Supponiamo che sarà qualcosa di simile a quello che è
oggi per il SUAP e per la Polizia Municipale, le due sole attività
che sono gestite come associate nell’Unione. Certamente quanto più
vi sarà accentramento, anche fisico degli uffici, tanto più vi sarà
una riduzione di costo e migliorerà l’efficienza; con la
contropartita di una minore vicinanza del servizio per i cittadini.
Attualmente, per le due attività associate nell’Unione, ci sembra
di vedere, in questa fase di rodaggio, un eccessivo movimento di
persone e carte da e per il centro (Unione) e la periferia (Comune). Vi
sarà un processo graduale nel perseguimento dei risultati per
contemperare le varie esigenze che sono in gioco: l’efficienza e la
riduzione dei costi, il servizio ai cittadini e la sua efficacia,
insieme alle problematiche dei dipendenti. Possiamo
anche immaginare nel tempo un processo di accentramento totale -
l’Unione che diventa Fusione, cioè i quattro comuni [2] diventano
un sol Comune che in un articolo passato avevamo vagheggiato
chiamandolo “Merse”: peraltro dalla legge regionale si evince che
questo è l’obiettivo finale [3]. In presenza di una tale
situazione, che auspichiamo, pur nei tempi e con la gradualità
necessaria, una forma di presenza di servizi nei comuni disciolti
dovrà essere garantita e prevista o attraverso sportelli aperti
saltuariamente e/o attraverso sistemi computerizzati (terminali) con
i quali il cittadino può colloquiare con l’ufficio dislocato. A
questo riguardo si può anche ipotizzare l’utilizzo di una
importante iniziativa della Regione, il PAAS, che esiste nel comune
di Murlo. Si tratta di ritornare alla sua funzione originaria, ormai
dimenticata, che era quella contribuire alla riduzione del “digital
divide”, cioè aiutare le persone che, per problemi economici e/o
per non conoscenza, si trovano in difficoltà a fruire dei mezzi
informatici. In questa struttura si potrebbero iniziare i cittadini,
che non sono in grado di farlo da soli, a colloquiare con il Comune
per le loro richieste (documenti e quant’altro sarà messo a
disposizione dall’Amministrazione). Questo potrebbe essere già
utilizzato anche solo in presenza dell’Unione dei Comuni,
affidandone il servizio, per il principio di sussidiarietà, ad una
Associazione. Un
aspetto non secondario che ci tocca riguarda l’attuale territorio
dell’Unione dei Comuni della Val di Merse: secondo la legge
regionale siamo “l’ambito 37”, cioè, come noto, Murlo insieme
ai comuni di Monticano, Chiusdino, Radicondoli, Sovicille, con una
popolazione, alla data del 31/12/2009, vicina ai 17.000 abitanti,
sicuramente aumentati in questi tre anni. Una dimensione ottimale per
fare un Unione, ma un territorio che presenta le due aree
all’estremità est ed ovest “estranee”, sotto il profilo
geografico-economico, alla Valle di Merse, cioè il comune di
Radicondoli e la zona di Murlo/Vescovado (4). Abbiamo già analizzato
in passato come, se si vuole creare un’area omogenea da
amministrare efficacemente nell’interesse dei cittadini, questi due
territori, pur essendo ora appartenenti al territorio dell’Unione
dei Comuni della Val di Merse, ne dovrebbero essere esclusi. Più
semplice il problema per Radicondoli, dove esistono anche richieste
di accorpamento dell’intero territorio comunale alla Val d’Elsa,
più complesso quello di Murlo/Vescovado perché occorre modificare
il territorio di un comune; ma esistono percorsi giuridici gestibili
dalle Amministrazioni Pubbliche locali e/o eventualmente dai
cittadini (consultazione/referendum). Ci
aspettano quindi, a breve, grandi cambiamenti e trasformazioni che
non devono spaventare perché, se ben gestiti, porteranno vantaggi ai
cittadini. Non si tratta di perdere identità del passato, se ci sono
queste restano. E’ necessario essere aperti e disponibili ad
affrontare il futuro con mezzi nuovi e più adeguati. Come e’
importante che l’Unione diventi una vera “unione”, un vero
unico territorio da gestire nel suo insieme, non una somma di comuni
da gestire in modo burocratico: solo in questo modo le decisioni
strategiche - manutenzione e sviluppo del territorio, trasporti,
sociale, struttura dei costi - potranno essere efficaci per un
corretto e stabile sviluppo nel tempo e in grado di rispondere ai
crescenti bisogni dei cittadini. Questa istanza peraltro non può
essere rivolta solo a chi ha ed avrà il gravoso compito di
amministrare, noi tutti cittadini dovremo avere lo stesso
atteggiamento disponibile ed aperto, mettendo da parte il singolo
“particolare”. Non
è certo questo il modo migliore per affrontare le sfide del terzo
millennio, per gestire in modo adeguato il territorio (manutenzione e
sviluppo), i crescenti e nuovi bisogni degli abitanti (trasporti,
sociali), le trasformazioni epocali e la presenza di culture diverse
anche in piccoli comuni. Non è più possibile pensare e agire in
modo burocratico, sempre riferito al passato, occorre procedere in
modo strategico, rivolto all’individuazione e alla risoluzione dei
problemi strategici, modificarsi in funzione di essi attraverso la
realizzazione di nuove strutture organizzative moderne, snelle,
veloci, poco costose, adeguate ai territori amministrati ed i bisogni
dei loro cittadini.
Note
[1] Come
inciso sottolineiamo che "per fare in fretta" si sono
seguiti percorsi giuridici "scorciatoie" che rischiano di
"far fare tardi", giacché gli stessi si prestano ad
interpretazioni diverse e a possibili ricorsi (...in realtà già in
atto), che pioveranno da quanti non vogliono cambiare nulla. A nostro
avviso, il percorso lineare dovuto era ed è quello della modifica
dell'articolo della Costituzione che prevede le Province e una nuova
legge per definire la nuova struttura organizzativa.
[2] I
Comuni in realtà sono cinque, ma in tale ipotesi si deve escludere
che Radicondoli rimanga in questa struttura organizzativa.
[3] Tanto
è vero che in caso di Fusioni di Comuni sono previsti e stanziati
dalla Regione Toscana contributi per i comuni che si fondono molto
più importanti di quelli previsti per l'Unione.
[4] Tralasciamo
il problema della distanza da Vescovado a Radicondoli (del
progetto-sede Rosia non abbiamo informazioni recenti), se e per
quanto ancora rimarrà la sede ufficiale dell'Unione.
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