MURLOCULTURA n. 7/2012 | ||
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IL MURATORE di Luciano Scali ventottesima puntata |
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Il
ricorso all’uso di catene, accennato nel precedente numero di Murlo
Cultura, si rendeva necessario allorquando la muratura veniva
sollecitata da forze che, usate in maniera impropria o senza gli
accorgimenti del caso, rischiavano di pregiudicarne la stabilità. Una
trave in posizione orizzontale le cui estremità poggiano su due
supporti in muratura, trasmette carichi in prevalenza verticali che
la muratura stessa non avrà difficoltà ad assorbire. Volendo
sottilizzare occorrerà verificare che la trave abbia una superficie
adeguata d’appoggio (A) tale che il peso trasmesso (P) rientri nel
coefficiente di sicurezza del materiale (σ)
di cui il supporto è costituito, soddisfacendo il rapporto
dato dalla formula σ =
P/A. Qualora esistessero dubbi in merito è necessario ricorrere a
particolari artifizi affinché la posa in opera della trave avvenga
in tutta sicurezza. Questo è possibile facendola poggiare, ad
esempio, sulla pietra anziché sul laterizio; predisponendo mensole
per incrementare la superficie di appoggio, oppure aumentare la presa
o le dimensioni della trave. Ma ritornando al tema originario, una
trave appoggiata trasmetterà ai supporti un carico verticale che la
muratura, sollecitata a compressione assorbirà senza problemi. Quando
invece la trave si trova in posizione inclinata come nel tetto e
quindi con gli appoggi posti a differenti quote, i carichi si
ripartiranno in maniera del tutto diversa e in misura crescente man
mano che ci si avvicina al supporto più basso. Questi,
contrariamente alla trave posta in orizzontale, non dovrà sopportare
l’onere di un carico verticale soltanto, ma dovrà resistere anche
ad una spinta laterale che tenderà a farlo ruotare verso l’esterno.
Ecco allora che la muratura è chiamata a resistere ad una
sollecitazione che non può sopportare a meno che il suo spessore non
venga notevolmente accresciuto fino a compensare, con l’aumentato
peso e la sua larghezza, la spinta impressa dalla trave. Per evitare
un costoso sovradimensionamento delle mura esterne e per non
ricorrere a antiestetici contrafforti, viene fatto uso delle predette
catene, ovvero di tiranti metallici capaci di assorbire quella spinta
che tenderebbe a far ruotare verso l’esterno la parete sulla quale
la trave posa. Di solito i tiranti vengono posti sulla muratura e se
per caso la trave da equilibrare poggia su un angolo come accade nei
tetti a padiglione, allora le catene debbono essere due e poste in
posizione ortogonale tra loro (Rif.to 6 in Fig. 1). Su questo
argomento ci sarebbe molto da riflettere e così facendo si potrebbe
giungere a soluzioni diverse e inedite capaci di soddisfare le
condizioni di stabilità del manufatto. Ma proseguendo sul tema
“catene”, utilizzate per neutralizzare le spinte delle travi
d’angolo in un tetto a padiglione, il loro collocamento si
presenterà in maniera completamente diversa per le travi poggianti
nelle zone comprese tra una cantonata e l’altra. Le catene poste in
opera per eliminare la spinta delle travi cantonali non avranno alcun
effetto per quelle intermedie ma ne occorreranno altre per
compensarne la loro. La differenza tra le cantonali e l’intermedie
consiste nell’avere, queste ultime, un’antiestetica catena in
vista. Tutto questo quando si voglia mantenere in vista anche tutta
l’orditura del sottotetto che, se eseguita a regola d’arte non
disturba affatto ma può anche suggerire decorazioni appropriate che
è normale riscontrare in certe costruzioni nordiche. Quando
non è possibile fare a meno di una trave inclinata intermedia
sostituendola magari con un muro di spina sul quale appoggiare gli
arcarecci, si tenta, in primo luogo di limitare la componente assiale
trasmessa dalla trave medesima ricorrendo ad artifizi che in
determinati casi possono risultare abbastanza efficaci anche se
incapaci di eliminarla del tutto. Se la trave in questione si trova
sullo stesso asse di una omologa situata sulla falda opposta del
tetto, la posa in opera di due cravatte laterali che le uniscano
sopra il muro maestro potranno ridurre notevolmente la spinta
menzionata lasciando libera visibilità al sottotetto (Rif.to 7). Nei
tetti a lunga falda, è auspicabile l’aggiunta di un tirante
situato a circa un terzo della lunghezza della trave rispetto
all’appoggio inferiore che, attraversato il muro maestro, vada ad
agganciarsi alla trave situata nel lato opposto. Tale artifizio
irrobustisce il sistema trasformandolo di fatto in una capriata
ridotta, piuttosto stabile anche se incapace di nascondere il tirante
che rimarrebbe del tutto il vista. (Rif.to 4). Nelle
costruzioni “di altri tempi”, come quella indicata in
assonometria in Fig. 1, sono state evidenziate alcune situazioni che
avrebbero potuto verificarsi in una costruzione con copertura a
padiglione. In
essa si notano le due travi di cantonata dove la spinta assiale viene
neutralizzata dalla due catene ortogonalmente disposte. Tra le due
travi, situate a notevole distanza tra loro, si nota un muro che, nel
dividere il sottotetto in due stanze, serve da secondo supporto agli
arcarecci che dal lato opposto poggiano sulle travi di cantonata.
Questo accorgimento consente di evitare la posa in opera di una trave
inclinata intermedia che a sua volta sarebbe andata a esercitare una
spinta laterale verso la parete esterna d’appoggio da doversi
neutralizzare.
A questo punto si può obbiettare che la costruzione di un muro intermedio dimezza la superficie di un vano da adibire magari a salone di rappresentanza, ma anche in tal caso nessuno vieta che vi possano essere praticate aperture più o meno grandi capaci di ovviare a tale limitazione senza dover pregiudicare la stabilità delle strutture sollecitate dalla spinta di eventuali archi predisposti per ottenerle oppure dalla posa di travi disposte in piano.
Fig.
1. Edificio con tetto a padiglione: (continua)
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