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E'passato
un anno da quando, su queste stesse colonne, avevo cercato di
sensibilizzare i lettori sul problema dell’ammodernamento delle
strutture organizzative di base del nostro stato (le cosiddette
“autonomie locali”, province, comunità
montane/comprensori, comuni). Era ed è mia convinzione che
è urgente fare delle profonde riforme che consentano di
soddisfare i bisogni dei cittadini con maggiore efficienza ed
efficacia. Come, ad esempio, attuare una semplificazione attraverso la
drastica riduzione del numero dei piccoli comuni, creando e
concentrando i loro poteri in strutture di base con dimensioni
più ampie, come sono attualmente le Comunità Montane e/o
i Comprensori, o ripensare la necessità/funzione della
provincia. Nello stesso tempo mi auguravo, da parte delle elite
politiche più evolute, un’ampia presa di coscienza di
queste problematiche, che prima o poi andranno a toccare la vita di
molti cittadini italiani, noi compresi, visto che siamo in un piccolo
comune, inserito nella Comunità Montana della Val di Merse. Come
noto, questi argomenti sono stati poi sollevati durante tutto
l’anno, con accenti più o meno intensi e scandalistici, a
livello nazionale, sulla grande stampa, con discussioni a tutti i
livelli politici. Naturalmente, come prassi italiana, ognuno ha fatto
la sua “sparata”, o in funzione di convenienze o per
apparire più pronto dell’avversario alla riduzione dei
cosiddetti “costi della politica”. “Eliminiamo le
province, eliminiamo le Comunità e così
via…” mentre nel frattempo altri proponevano nuove
province ed altre Comunità. Tutto questo senza un minimo
ragionamento organico: perché farlo, come farlo, con quali
obiettivi finali da raggiungere in termini di costi e soddisfazione dei
bisogni.
Di tutto ciò, per il momento, è finita nel pentolone
della “Finanziaria 2008” l’abolizione di circa 80-100
Comunità Montane e la “spinta”, ancora una volta
senza una reale coercizione, alla fusione tra comuni, come già
legiferato in altre leggi e finanziarie. Questo provvedimento, che
peraltro va a toccare l’anello più debole della catena e
sembra preso solo per dimostrare che si fa qualche taglio di
“costi della politica” interessa anche noi di Murlo, in
quanto - salvo variazioni possibili della legge, viste le
“resistenze” - anche la nostra Comunità della Val di
Merse finisce inclusa nell’elenco, in quanto si è alzata
l’altitudine minima per avere i requisiti di essere considerati
“montani”. A parte le Comunità “fuori
legge” (occorreva la “Finanziaria”?) il provvedimento
sembra poco ragionato concettualmente. Le Comunità Montane, dove
esistono, raggruppano piccoli comuni e rappresentano un avvio di
soluzione adeguata per gestire territori più vasti e un maggior
numero di abitanti, creando così una massa critica
economico-finanziaria sufficiente (o quasi) per rispondere ai bisogni
dei cittadini. Sono istituzioni che esistono da un certo numero di
anni, come anche la Comunità Montana della Val di Merse. Hanno
attraversato il lungo periodo dell’avvio, costellato da
difficoltà di ogni genere: la diffidenza dei Comuni che ne
andavano a far parte, la normale impreparazione dei responsabili della
Comunità che andavano a fare un lavoro nuovo, gelosie ed
incomprensioni, con le difficoltà di interpretazione delle leggi
italiane. Hanno vissuto il periodo di rodaggio e stanno avviandosi ad
una completa presa di possesso dei vari poteri che la legge loro
conferisce. Nello stesso tempo si è creato un nuovo clima, nel
quale sono maturate maggiori consapevolezze, sia da parte dei Comuni
che ne fanno parte sia da parte degli amministratori della
Comunità, della necessità di fare sinergia e di aggregare
competenze, ragionando su persone, numeri e territori più vasti.
Si sta in sostanza imparando un nuovo modo di operare, di gestione, di
un nuovo modello operativo e si é creato un patrimonio di
conoscenze e di risorse umane importante. E adesso tutto questo viene
cancellato e disperso senza un progetto alternativo degno di questo
nome; solo per dare in pasto all’opinione pubblica che si sono
risparmiati una manciata di euro, tanto vale questa operazione
nell’insieme della spesa pubblica nel cosiddetto settore del
“costo della politica”.
Molti piccoli comuni, come Murlo, si vedranno ricadere addosso
competenze già passate alla Comunità, si ritroveranno
nella condizione di affrontare problematiche che avevano trovato
soluzioni nell’ambito più ampio della Comunità; il
rischio è che alla fine i costi dell’operazione possano
risultare superiori a quelli cancellati (le Comunità hanno
instaurato rapporti giuridici, contratti, hanno assunto personale,
tutti aspetti che dovranno “onorare”). Una cosa comunque ,
a mio parere, è certa: i nostri piccoli comuni dovranno
ricercare altre forme di “collaborazione”, di sinergia
reciproca, di accentramento di servizi, ripartendo praticamente da dove
erano prima della creazione della Comunità. Tutto ciò in
quanto, presi singolarmente, non hanno le “dimensioni”, le
risorse necessarie ed una massa critica economica-finanziaria per
rispondere ai crescenti bisogni dei loro cittadini.
Le forme giuridiche per risolvere questi problemi sono già da
anni previste dalle leggi, anche se non in modo univoco; si chiamano
“Unione di Comuni” e “fusione tra comuni”,
leggi in vigore dal 2001, che prevedono anche aiuti finanziari ai
Comuni per la loro attuazione. Nella situazione attuale della Val di
Merse, è immaginabile la trasformazione della Comunità in
una iniziale “unione”, almeno parziale, tra i comuni che ne
fanno parte. E’ nello stesso tempo auspicabile una revisione dei
confini in modo di avere un territorio razionale e coerente da
“governare” e soprattutto finalmente un coinvolgimento dei
cittadini, che sono poi i maggiori interessati ad avere una struttura
organizzativa efficiente, cioè a costi bassi, ed efficace,
cioè in grado di soddisfare adeguatamente i crescenti bisogni
della cittadinanza, qualunque sia il nome che vogliamo utilizzare.
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