MURLOCULTURA n. 5/2007 |
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LUPOMPESO, A.D. 1689 di Giorgio
Botarelli |
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Alle
soglie dell’ultimo decennio del Seicento, il modesto
agglomerato rurale di Lupompesi (Lupompeso
nei documenti antichi, talora Le
Pompesi e più raramente Lupo
Impeso), ubicato a breve distanza dai poco
più estesi villaggi dell’Antica e di Tinoni,
appare discretamente popolato, registrando la presenza di oltre un
centinaio di anime residenti. L’abitato, nonostante la
vicinanza degli altri due villaggi, costituisce all’epoca,
con le terre e i casolari attinenti, comunità a
sé stante, una delle sette che compongono il Vescovado, e si
amministra con organi propri, un priore ed un camarlingo, che, eletti
annualmente fra i suoi residenti - così come avviene per le
altre sei comunità - devono comunque rendere conto del loro
operato al vicario vescovile in Murlo. Nel 1689 Lupompeso conta una
popolazione di centonove abitanti, suddivisi in ventisette nuclei
familiari, come attesta lo Stato d’anime elaborato in
quell’anno dal pievano di San Fortunato a Murlo, Giovanni
Domenico Panicali (1). Un popolo
di una certa consistenza, in effetti, per il piccolo borgo di allora,
che non si fa fatica ad immaginare quasi al completo occupato nel
lavoro agreste e boschivo, preminente risorsa in tutto il territorio
del dominio vescovile. All’interno del villaggio non ci sono
attività commerciali, ad esclusione di quella del macello,
esercizio dato in appalto dalla comunità tramite asta
pubblica annuale e talvolta conferito per grazia
dall’arcivescovo (provento
del macello) (2). I denari
ricavati da quella concessione vanno ad incrementare le magre entrate
della comunità, che comprendono, oltre a certi canoni per
fitto di terreni (terratico) - il
maggior introito -, l’affitto di alcuni boschetti e di una bandita
a jandio ed anche l’appalto della castagneria
(3). I ricavi
coprono a malapena le varie voci in uscita della comunità,
prima fra tutte la corresponsione del terratico alla mensa
arcivescovile in ragione del suo diretto dominio sul territorio, e poi
i compensi al vicario, al camarlingo, al predicatore, le spese per la
festa di San Macario e per il mantenimento della cappella costruita
poco fuori l’abitato sulla strada per Crevole e Casciano (4). Nel primo
semestre del 1689 tiene l’amministrazione della
comunità il camarlingo Gregorio Tommi, giovane
ventiduenne che abita nel borgo in una casa di proprietà
della famiglia, assieme alla madre, a due fratelli e alla moglie. Nel
secondo semestre lo sostituisce nella carica il più anziano Angelo Formiconi
(44 anni), che abita in casa propria con due
fratelli, una cognata e due nipoti piccoli (5). Le
famiglie Tommi e Formiconi sono due
fra le tredici che posseggono la casa dove risiedono; oltre a loro sono
proprietari dell’abitazione i Petrini, gli Spadini, i Rustici, i Bellini, i Barni, i Giorgi (due
nuclei), i Valentini, i Borghi
(due nuclei) ed i Fattioni,
quest’ultimi proprietari di altre tre case, che concedono a
pigione. I dati provengono dallo Stato d’anime del pievano
Panicali relativo a Lupompesi per l’anno 1689, di seguito
trascritto per esteso; nel borgo si rileva un’età
media di quasi ventiquattro anni (23,8). 1) In
casa propria: Pietro Petrini (43), la
moglie Agnesa (34), i figli Giovanni (17), Margarita (15), Anna (5) e
Francesco (2), la madre di Pietro Orindia (84). 2) In
casa propria: Giovanni Spadini (44), la
moglie Caterina (34), i figli Bartolomeo (13) e Domenico (4). 3) In
casa Fattioni: Francesco Rubini (53), la
moglie Margarita (53), i figli Giuseppe (23), Angela (19) e Maddalena
(17). 4) In
casa Faleri: Angela Mazzini (41), Maria
(21) e Caterina (1) (non sono specificati i rapporti di parentela). 5) In
casa propria: Maddalena vedova Borghi (38), i
figli Angela (12) e Giacomo (9). 6) In
casa Faleri: Tommaso Chechi (30), la
moglie Domenica (25) e il figlio Giovanni (2). 7) In
casa Muzzi: Bartolomeo
Goretti (34), la
moglie Giulia (23), i figli Iacomo (6), Francesco (4) e Domenica (2). 8) In
casa propria: Giovanni Rustici (40) e la
moglie Orsola (40). 9) In
casa Barni: Agnesa
vedova (62). 10) In
casa Fattioni: Andrea Benegotti (49) e la
moglie Margarita (24). 11) In
casa propria: Niccolò Bellini
(44) e la moglie Lucia (36). 12) In
casa Bellini: Agnesa
vedova (61). 13) In
casa Brogini: Domenico Cardeti (35), la
moglie Cecilia (32) e le figlie Apollonia (10) e Caterina (1). 14) In
casa Gori: Bartolomeo
Petrini (35), la
moglie Cecilia (30), i figli Giovanni (8), Niccolò (3),
Giuseppe (29) e Cristofano (38) fratello
(probabilmente di Bartolomeo). 15) In
casa propria: [...] Barni (39),
Francesca (24), Angelo (16), Gregorio (12) e Mattio (11) (non sono
specificati i rapporti di parentela). 16) In
casa propria: Angelo Formiconi (44), i
fratelli Cesare (38) e Bernardino (23), Margarita (21) moglie di
Bernardino e i loro figli Bartolomeo (4) e Orsola (2). 17) In
casa Giorgi: Caterina Mugniai (39) e il
figlio Giovanni Pavolo (12). 18) In
casa propria: Lucia Giorgi (38),
Giovan Battista (16), Maddalena (14) e Pietro Antonio (5) (non sono
specificati i rapporti di parentela). 19) In
casa propria: Pavolo Giorgi (46), la
moglie Margarita (33), i figli Bartolomeo (13), Agnesa (9) e Giuseppe
(8). 20) In
casa Tani:
Michelangelo Brogi (31), la
moglie Maddalena (31), i figli Antonio (8), Girolamo (6), Giuseppe (4)
e Sebastiano (2). 21) In
casa propria: Domenico Valentini (46), la
moglie Orsola (43), i figli Giovan Battista (16) e Bartolomeo (11). 22) In
casa propria: Pietro Borghi (45), la
moglie Angela (32), le figlie Giovanna (6), Maria (4) e Caterina (2). 23) In
casa propria: Orsola Tommi (43), i
figli Gregorio (22), Francesco (20) e Mariano (17), Lucrezia (30)
moglie di Gregorio. 24) In
casa Fattioni: Pietro Mocenni (61), la
moglie Caterina (44), Domenico (24), Pavolo (22), Agnolo ( 9),
Margarita (17), Maddalena (10), Pietro (8), Maria (5),
Niccolò (2) (non sono specificati i rapporti di parentela). 25) In
casa Fattioni: Pietro Donati (38), la
moglie Maddalena (28) e il figlio Francesco (2). 26) In
casa propria: Domenico Fattioni (44), la
moglie Domenica (22) e il figlio Cristofano Giuseppe (3). 27) In casa Formiconi: Lucia vedova (61), Mattio (23) e Bartolomeo (21) (non sono specificati i rapporti di parentela). Note (1) Archivio
Arcivescovile di Siena, Stati d’Anime Diocesani 1685-1689,
n.2818. Il pievano Giovanni Domenico Panicali fu rettore di San
Fortunato a Murlo dal 1668 al 1717. Sotto la sua cura rientravano Murlo
castello, i villaggi dell’Antica, di Tinoni, di Lupompesi e i
poderi circostanti. (2) Tutte le
attività commerciali nelle comunità del Vescovado
erano assegnate in asta pubblica al miglior offerente per la durata di
uno o tre anni: ad esempio, un anno il macello o l’oliviera,
tre anni la pizzicheria, la cenceria,
la canova o l’osteria. Talora, dietro
supplica, venivano concesse direttamente dall’arcivescovo.
(3) Il terratico era il canone, in natura o in denaro, pagato al proprietario della terra per la messa a coltura. I boschetti erano gruppetti di alberi o piccoli boschi opportunamente potati dove si sistemavano reti o altre trappole per catturare uccelli di passaggio richiamati dai fischiatori. La bandita a jandio era una pastura ricca di ghiande utilizzata per alimentare i maiali. Il provento della castagneria veniva dato in appalto per un anno e consisteva nella facoltà del proventiere, e solo per lui, di poter vendere le castagne cotte. (4) A carico della comunità erano i costi per gli arredi sacri, la cera e l’olio per illuminazione della cappella dedicata alla Madonna e costruita dagli abitanti di Lupompesi a proprie spese; nel 1654 era stata eretta presso la chiesa una compagnia laicale intitolata alla Madonna del Carmine. Vi si celebrava quella festività la terza domenica di luglio, in occasione della quale si correva anche un palio. Il 2 gennaio si festeggiava San Macario, considerato protettore della comunità (vedi: Il territorio di Murlo e le sue chiese, a cura di M.Filippone, Siena 1994, p.87). (5) Un repertorio dei camarlinghi della Comunità di Lupompesi è in: Archivio Comunale di Murlo, inventario della sezione storica, a cura di M. Carnasciali, Siena 1988, pp.33-34. |
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