MURLOCULTURA n. 5/2007 |
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MONTEPESCINI di Giorgio
Botarelli |
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Risaliva a
circa un anno e mezzo fa una foto, mostratami da Luciano, da lui fatta
durante un sopralluogo all’interno della pieve di Montepescini,
viste le precarie condizioni di conservazione dell’edificio e in
particolare della copertura, parzialmente crollata. L’immagine
ritraeva una lapide sepolcrale collocata nel pavimento della chiesa e
scolpita con uno stemma nobiliare ed una scritta che faceva riferimento
all’anno 1603. Identificato lo stemma con quello della famiglia
senese degli Agazzari e decifrata solo in parte l’epigrafe,
perché rovinata, le domande posteci su quella insolita e isolata
presenza sono rimaste senza risposta, sino a che una ricerca mirata non
ne ha chiarito l’origine e i contorni. Nel contempo, con lo
spoglio di materiale vario, sono venuti alla luce dati di interesse
locale che sono parte integrante nella storia del comprensorio di
Montepescini e ne rinfocolano la memoria. Quanto rinvenuto viene qui
esposto in una prima sommaria ricognizione, utile base per
approfondire, e su più fronti, la conoscenza di quella regione,
forse troppo a lungo lasciata in disparte. All’interno dell’edificio, sul pavimento nei pressi del fonte battesimale, è posta a chiusura di un sepolcro una lapide in marmo da ascrivere alla nobile famiglia senese degli Agazzari, come mostra l’arme sopra incisa, ben identificabile anche se superficialmente consunta. L’epigrafe sottostante lo stemma è invece deteriorata e illeggibile nella parte inferiore sinistra. Nel caso specifico, ci aiutano alcune memorie raccolte nel 1874 dal sacerdote Oreste Anziani, allora pievano di Montepescini, il quale appuntò nei suoi scritti la trascrizione completa dell’antica lapide, che evidentemente doveva essere in migliori condizioni: La lapide fu dunque apposta in occasione della morte di Caterina Saracini, moglie di Artemio, avvenuta il 5 settembre 1603. La sepoltura della donna è registrata nei libri parrocchiali della pieve, dove sotto la data del 18 settembre 1603, si legge: ...Si sotterrò madonna Caterina Saracini moglie di misser Artemio Agazzari, di anni 21. Peraltro, il sepolcro degli Agazzari in quella chiesa testimonia una presenza continuativa della famiglia sul posto, cosa che, per quanto riguarda misser Artemio, è senza dubbio confermata dagli stessi registri parrocchiali: tre mesi prima che morisse la giovane moglie Caterina, il 20 di giugno, era stata seppellita a Montepescini, Porzia, figlia dei due coniugi, scomparsa a soli quindici giorni, e nell’agosto 1602, lo stesso era avvenuto per un altro loro figlio, Marcantonio, dell’età di un anno. Un terzo figlio, Fausto, era nato a Montepescini nel luglio 1602. All’epoca, oltre ad Artemio, altri membri della famiglia Agazzari risiedono, ed in maniera abbastanza stabile sembra, nel borgo, come viene evidenziato dalla frequente comparsa di vari loro nominativi nei libri parrocchiali ed è attestato, vedremo di seguito, da un raro Stato d’anime di Montepescini compilato alla fine del Cinquecento. Sulla base di tali documenti, è assodabile come la presenza degli Agazzari nel distretto sia in sostanza legata a possedimenti fondiari locali, che, organizzati in unità poderali la cui conduzione affidano a famiglie di mezzaioli, evidentemente seguono da molto vicino. Oltre a ciò si rileva come alle loro proprietà si affianchino quelle di altre famiglie signorili di Siena, e in particolare di due, i Bardi e i Borghesi, confermando così, anche per quell’area, quanto da tempo era andato delineandosi nel resto del contado senese: la spartizione della terra, tramite una quasi esclusiva e fitta rete mezzadrile, per la maggior parte nelle mani del ceto nobiliare cittadino. Montepescini, 24 maggio 1598: poderi e mezzaioli A metà Cinquecento, nel corso della Guerra di Siena, lo stesso territorio di Montepescini, comunello sottoposto allo Stato senese, aveva subito le devastazioni inflitte dalle truppe dell’imperatore Carlo V. Nel settembre 1554, l’esercito imperiale aveva incendiato e saccheggiato il castello di Montepescini con l’adiacecente villaggio, così come era successo nello stesso mese al castello di Murlo e il novembre successivo a quello di Crevole, fortilizi ubicati nel confinante Vescovado. Già nei secoli precedenti quella regione, come quasi tutto il contado senese, aveva ripetutamente patito i danni di guerre e scorrerie, che, contestualmente a quelli causati da annate di carestia o da frequenti e spesso devastanti epidemie, avevano finito col determinare una pesante crisi demografica. Dal centinaio di case registrate nel borgo di Montepescini dall’Estimo del 1318, che denotano un discreto popolamento di quell’insediamento rurale, si passa ai soli venticinque nuclei familiari residenti nel villaggio i primissimi anni del secolo successivo (1402/1403), quando venticinque capifamiglia appunto, chiedono sgravi nei tributi dovuti al Comune di Siena perché ormai ridotti pauperes et mendici a causa di saccheggi perpetrati da milizie fiorentine. Passati due secoli, compresa la Guerra di Siena, appaiono flebili segnali di ripresa alla fine del Cinquecento, periodo per il quale dati abbastanza precisi sulla consistenza della popolazione in quel comprensorio sono forniti dal rettore della pieve, Pompeo Bartaloni, in uno Stato d’anime redatto a maggio del 1598: nel documento viene censito il territorio parrocchiale sotto la sua cura, comprendente all’epoca, oltre al villaggio di Montepescini, diciotto insediamenti poderali più un mulino. Per tutto il distretto, il Bartaloni rileva 197 abitatori, 81 dei quali residenti nell’abitato, gli altri 116 distribuiti fra i casolari dei poderi e il mulino. Nel computo non sono compresi il pievano né suoi familiari o persone di servizio eventualmente conviventi (probabilmente non ve ne erano). Vengono passati in rassegna dapprima i poderi, dei quali sono indicati la proprietà e i componenti del nucleo familiare che lo occupa (quasi certamente mezzadri); sono quindi registrati gli abitanti della Villa di Montepescini suddivisi sempre per famiglie senza alcun dato sulla proprietà delle case. Le persone sono annotate in maggioranza col nome seguito dal patronimico, tranne rari casi, e fra questi, quelli di appartenenti alla nobiltà senese lì residenti. Sono inoltre indicati i rapporti di parentela e l’età, quest’ultima, si sa, da considerare con prudenza, per l’allora sommario conteggio degli anni. Per quello che attiene ai poderi (vedi tabella 1), si constata il possesso praticamente esclusivo delle unità poderali e anche del mulino, da parte di proprietari cittadini, o meglio, da parte di sei famiglie nobili senesi: gli Agazzari, i Bardi, i Borghesi, i Saracini, i Griffoli e i Della Ciaia. Nessun podere è nelle mani di proprietari locali o della ricca borghesia di città; unica eccezione, quello dell’Orsa, appartenente a religiosi: i padri agostiniani dell’eremo di Montespecchio. Questo podere, ubicato nei pressi del convento, è dotato di una casa colonica, nella quale risiede una famiglia di mezzaioli, composta da marito e moglie ultracinquantenni, e dai cinque figli. Gli altri poderi sono così suddivisi fra le sei famiglie senesi (fra parentesi il numero dei coloni residenti): agli Agazzari spettano i poderi Ernoli (6), Poggio (6), Piano (9), Casa Bianca (3), Martine (2), Poggio a Merse (5), Aiaccia (5); i nobili Bardi posseggono Casella (8), Querciuole (5), Mandriacce (9), Poggiarello (7) e il molino di Rigocervio (4); alla famiglia Borghesi appartengono Fontanelle (5), Casa Nuova (4), Belsedere (7) e Botro (6); poi c’è il podere Trave (6) dei Saracini e quello di Pieve a Coppiano suddiviso in due porzioni tra i Griffoli (6) e i Della Ciaia (6). I diciotto poderi sono colonizzati da venti nuclei familiari: a Ernoli, infatti, risiedono due nuclei di tre anime ciascuno, mentre altre due famiglie, di sei persone ognuna, sono al podere della Pieve a Coppiano; inoltre, due coppie composte ciascuna da marito e moglie gestiscono il mulino di Rigocervio. La media è dunque di sei residenti per struttura considerando anche il mulino; il nucleo più grande, composto di nove persone tutte in età da lavoro, è al podere Mandriacce dei Bardi, mentre il più piccolo, di due, risiede a Martine degli Agazzari. Si calcola un’età media di 24 anni. Dei diciotto toponimi, otto non sono identificabili al momento con strutture odierne: Ernoli, Martine, Poggio a Merse, Aiaccia, Mandriacce, Casa Nuova, Botro e Trave, mentre gli altri dieci si riferiscono oggi a poderi attivi o casolari abbandonati che, nell’arco di poco più di quattrocento anni, hanno mantenuto il nome originale. Per quanto riguarda il mulino di Rigocervio, sul quale torneremo prossimamente, riteniamo sia identificabile con il mulino diruto sulla sponda sinistra del Merse, conosciuto come Mulinaccio. Nobili e pigionali Il censimento del Bartaloni conteggia nel borgo diciannove nuclei familiari per complessivi 81 residenti (vedi tabella 2). Come accennato in precedenza, abitano sul posto alcuni membri delle famiglie signorili che detengono proprietà terrriere nel circondario. Gli Agazzari in primo luogo sono presenti con la famiglia di Muzio, composta dalla moglie Beatrice Pecci e dai figli di lui, Alfonso, Lucrezio e Fortunia. Muzio aveva sposato in seconde nozze, da pochi mesi, Beatrice Pecci, dopo la morte della prima moglie Volumnia Della Ciaia, avvenuta in Montepescini il 18 marzo 1597: la morte era succeduta al parto della figlia Anna che, nata otto giorni prima, era scomparsa il giorno dopo la madre. I figli di Muzio e Volumnia erano nati tutti a Montepescini, Alfonso nel luglio 1588, Lucrezio un anno più tardi e Fortunia nell’ottobre 1595, così come altri tre, deceduti in tenera età, Fortunia (n.1590-m.1591), Flavio (n.marzo 1592-m.novembre) e Fabio (n.1594-m.1596). Muzio Agazzari darà il nome della prima moglie, Volumnia, alla prima figlia avuta da Beatrice Pecci, battezzata a Montepescini il 5 ottobre 1601. In casa con Muzio abitano anche Lattanzio Agazzari, probabilmente un suo fratello, e tre persone di servizio, Maria vedova (nativa di Orgia morirà nel 1602), Margarita serva (figlia di Maria) e Bastiano di Giulio. Un secondo nucleo di Agazzari in Montepescini è formato dai fratelli di Muzio, Tevero e Artemio che risiedono nel borgo con Petra lor serva e Fabio di Cristofano garzone. Artemio di lì a poco si sposerà con Caterina Saracini, ricordata nella lapide dentro la pieve, rimanendo vedovo nel giro di qualche anno, dopo aver perso oltretutto, come abbiamo già visto, i due figli Porzia e Marcantonio. Solo il terzo figlio avuto da Caterina, Fausto, sopravviverà, tanto che nel 1629 sarà “riseduto” nel Monte dei Nove a Siena per il Terzo di Città, così come lo era stato del resto il padre Artemio per il Terzo di San Martino nel 1588 e lo sarà, per il Terzo di Città, nel 1601. C’è poi Numidio Agazzari, fratello maggiore di Muzio, Tevero e Artemio, che risiede con due servitori, il garzone Mariano e sua moglie Diarora. Una sua permanenza abbastanza continuativa in Montepescini sembra attestata dalla nascita in quel luogo dei figli Flavio nel 1583, Alfonso nel 1587, Caterina nel 1588, seguita da un’altra Caterina nel 1590 e Orsola nel 1594, tutti avuti dalla moglie Flaminia morta sempre a Montepescini nel 1595. Numidio era stato “riseduto” nel Monte dei Nove per il Terzo di San Martino nel 1578. Il capostipite di questo nutrito ramo della famiglia Agazzari, Marcantonio, padre di Numidio, Muzio, Tevero ed Artemio, era stato sepolto a Montepescini due anni prima, il 15 novembre 1596. Altra famiglia senese con possedimenti locali, è quella dei Bardi, proprietari anche del mulino di Rigocervio e di quello di Vallerano, quest’ultimo situato nel vicino Vescovado. I Bardi sono presenti con Sallustio, la moglie Ginevra Borghesi e la piccola figlia Girolama, nata a Montepescini il 27 settembre 1589. Coabitano con la famiglia, Benedetto Machini loro fattore, Maria lor serva e il garzone Mariano. Per finire con i nobili residenti, vive nel borgo Fortunia Borghesi assieme a Francesca di Tommaso che è probabilmente persona a suo servizio. Quattro anni prima era morta a Montepescini la madre di Fortunia, Giulia. I rimanenti abitanti del villaggio sono per lo più pigionali che vivono in case con molta probabilità possesso delle famiglie signorili sopra menzionate, e trovano saltuario impiego nei possedimenti terrieri delle stesse, o come salariati diretti o come affittuari, oppure anche alle dipendenze dei mezzadri che conducono i poderi. Per queste persone il lavoro agricolo, che può comprendere anche la cura di orti o di piccoli appezzamenti di proprietà, è spesso complementare ad altre occupazioni, che nell’ambito di ogni pur piccola comunità non possono ovviamente mancare, come quella del muratore, del falegname, del fabbro, del sarto, del calzolaio e così via. Di attività all’interno dell’abitato non si ha al momento notizia, tranne che per quella di Lazzaro di Giovanni, attestato più volte come tessitore di pannilini proveniente da Pontremoli. Lazzaro risiede in Cornovaglia, podere di Muzio Agazzari, che, presumibilmente per avere la casa colonica di pertinenza all’interno del borgo, non è riportato come podere staccato nel censimento del pievano. Sempre in Cornovaglia, abitano Pasquino Bonechi con la famiglia, e Austino di Francesco (Benocci) con la sua, mezzaioli o pigionali dell’Agazzari. C’è poi Girolamo Galgani pigionale, che con il suo nucleo familiare abita all’Uliviera, podere situato ai margini del borgo e unica proprietà della famiglia nobile senese dei Tondi (vale per questo podere quanto detto per Cornovaglia) . Per i residenti nel villaggio si rileva un età media di 26,7 anni. In chiusura dello Stato d’anime sono annotate dal pievano ...tutte l’entrate della Pieve di M. Pescini… (non è specificato l’arco di tempo a cui si riferiscono), che, consistenti in 44 staia di grano di fitto, 41 staia di grano di decime, 24 staia di vino fra decime et la vigna di detta Pieve, 30 libbre di lino sodo, indicano il possesso da parte della stessa pieve di alcuni appezzamenti di terra e testimoniano la coltivazione di lino nel territorio. Montepescini, 11 aprile 1528: poderi e decime Nell’aprile del 1528, la determinazione della decima da corrispondere alla locale chiesa da parte di ogni insediamento poderale, attesta, tramite l’elenco dei soggetti tassati, una suddivisione mezzadrile del territorio più o meno similare a quella riscontrata dal pievano Bartaloni settant’anni dopo: il numero di nuclei poderali chiamati a versare l’imposizione è di ventitre, più il mulino di Rigocervio (vedi tabella 3) , vale a dire quattro unità in più rispetto al numero di quelli rilevati a fine secolo dal censimento parrocchiale. Per quanto riguarda i toponimi, mentre per sedici di essi c’è piena coincidenza tra le due liste, in quella del 1528 compaiono sei poderi che non ritroviamo nello Stato d’anime del 1598: Poderuccio, Cornovaglia, Quattrino, Oliviera, Casa al Sole e Chiesa. Viceversa, nel 1598 troviamo il solo podere Aiaccia assente nella precedente lista. Dalla nota dei poderi tassati nel 1528, non abbiamo dati sulla composizione dei nuclei mezzadrili residenti e nemmeno sulle proprietà, tranne qualche caso: il Poderuccio e il podere Poggio appartenevano all’epoca a Marcantonio Agazzari, il podere Poggiarello ai frati di Montespecchio e parte del podere di Pieve a Coppiano a Simone Borghesi (l’altra porzione del podere appartiene a un non identificato Austino). Ben chiare invece le decime imposte: due staia di grano deve corrispondere ciascun podere, ad eccezione di Querciuole, Martine, Chiesa e Orsa, per i quali la tassa è di un solo staio; inoltre devono essere versati un mezzo staio di vino per ogni moggio prodotto e cinque manne di lino per ogni cento (questa scrittura conferma la coltivazione di lino nella zona). Tutti i pigionali devono dare un mezzo staio di grano a famiglia e i forestieri un mezzo staio per moggio di ogni raccolto: ...el vino che si ricorrà in detta corte, un mezo staio per moggio, et lino cinque manne per cento; tutti li pigionali un mezo staio di grano per fuoco, i forestieri che seminaranno in detta corte un mezo staio per moggio di quello che ricorranno; e tutte queste decime vogliamo che si paghino alla chiesa di S. Pietro et Pavolo di Monte Pescini senza esenzione alcuna. ******** Ulteriori dati sul territorio sono stati rilevati da Stati d’anime degli ultimi decenni del Seicento ed altri sono ricavabili da analoghi, anche se più scarsi, documenti del Settecento, dai libri parrocchiali, dalle memorie dei pievani, dal Catasto Leopoldino degli anni venti dell’Ottocento; si potranno così riscontrare gli antichi toponimi con quelli odierni, seguire i movimenti della proprietà fondiaria o avere anche un primo quadro sull’andamento demografico della zona nel corso di poco più di due secoli, dalla fine del Cinquecento ai primi dell’Ottocento. Ci sarà poi da ritornare sul mulino di Rigocervio, del quale quasi nulla si conosce e di cui si perde le tracce nella prima metà del XVII secolo e anche da considerare l’incerta storia del castello di Montepescini, o meglio, dei due insediamernti citati in antico come Castelvecchio e Castelnuovo. L’esito di nuove indagini in una prossima occasione. NOTE 1) Archivio Arcivescovile di Siena (AAS): Relazione sulla parrocchia e castello di Montepescini, 1874 (notizie storiche redatte in occasione della visita pastorale dell’arcivescovo Enrico Bindi), n.76. 2) AAS: Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Montepescini, Libro dei morti dal 1586 al 1608, n.1524. La data di registrazione della sepoltura è incongruente con la data di morte incisa nella lapide: si può ipotizzare che la lapide fosse già rovinata in quel punto e che, quando la vide il sacerdote Anziani, fosse ormai cancellata una X davanti alla V. La morte di Caterina sarebbe in questo caso avvenuta il 15 settembre e la sepoltura tre giorni dopo. 3) AAS: Pieve dei Santi Pietro e Paolo a Montepescini, Libro dei battesimi dal 1577 al 1608, n.1498. 4) Vedi: I castelli di Murlo, di V.Passeri, Siena 1995, pp.72-78. 5) AAS, Stati d’anime diocesani 1598-1641, n.2806: Pieve di Monte Pescini. Descrizione di tutte le fameglie et Stato dell’Anime sottoposte alla cura della Pieve di Monte Pescini senza Annessi, fatta questo dì 24 di Maggio 1598 da me Pompeo Bartaloni senese, d’essa indegnamente Pievano, e prima...(segue l’elenco dei nuclei familiari residenti nei poderi, nel mulino e nel villaggio). 6) In virtù della loro appartenenza alla classe nobiliare, gli Agazzari partecipano al governo di città. Muzio era stato “riseduto” nel Monte dei Nove per il Terzo di Città nel 1590 ed il figlio Alfonso lo sarà nel 1620. Tevero è in quest’anno dello Stato d’anime “riseduto” nel Monte dei Nove per il Terzo di San Martino. Per le cariche istituzionali rivestite in Siena dai membri della famiglia Agazzari vedi: I Libri dei Leoni. La nobiltà di Siena in età medicea (1557-1737), aa.vv., Siena 1996, p.505. 7) Tutti i dati su persone, famiglie, rapporti di parentela e occupazioni, sono desunti, oltre che dallo Stato d’anime del Bartaloni, dai libri parrocchiali della pieve di Montepescini, conservati presso l’Archivio Arcivescovile di Siena. 8) AAS, Parrocchie extra moenia, nuove acquisizioni, Montepescini, n.20: Adì 11 d’aprile 1528. Per commessione data dal reverendissimo arcivescovo di Siena Francesco Bandini al reverendo signor Cipriano et al magnifico misser Simone Borghesi, con autorità dell’altri cittadini di Monte Pescini et di tutti li mezaiuoli, per general conseglio vento per lupini 14, tassarono, et decimarono tutti i poderi et molino et corte di Monte Pescini, cominciando in prima… Di seguito l’elenco dei poderi tassati. Tabella 1 Tabella 2 Tabella 3
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