Il futuro nel passato
TERRITORIO E SOCIETA'
Con questo numero di Murlo Cultura, vogliamo iniziare una nuova rubrica dedicata alla passione per le coltivazioni domestiche, l’orto, le piante, la terra, passione che sempre più giovani stanno mostrando di avere. Una specie di ritorno alla terra che incontro in un numero crescente di amici, così come è successo anche a me che, da alcuni anni, mi diverto a tenere un mio piccolo orticello dove far crescere agli, cipolle, patate ma anche altre colture più rare o particolari come roveja, fagiolina del Trasimeno, cece nero e zafferano. Il titolo “Il Futuro nel Passato” mi è stato suggerito da un amico ed è un omaggio/citazione delle famose frasi contenute nel libro 1984 di George Orwell: “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato” [1]. Perché dedicare una rubrica alla passione per la coltivazione? Per decenni, il contadino è stato visto come una figura di basso rango sociale e, spesso, l’appellativo “contadino” e stato usato anche come sinonimo di zotico, cafone. Sarebbe l’ora, a mio avviso, che le cose iniziassero a cambiare e cominciare a dare il giusto valore a questo lavoro, questa attività da cui tutti dipendiamo. Non solo per una visione romantica del mondo, ma per una vera e propria necessità della nostra società, per ridare dignità ad un mestiere che è alla base della sopravvivenza umana, così da invogliare sempre più persone ad occuparsi del territorio e dei suoi prodotti e a tornare ad utilizzare i prodotti stagionali (oltre a ricordare quando è la stagione di un certo prodotto). E questa necessità è sempre più urgente, visto il sempre maggiore distacco dal territorio che hanno la nostra economia, interessi personali e capitalistici.
Chi mi conosce, sa bene quanto io non nutra molte speranze in un cambio di rotta della società; non parlo del nostro comune di Murlo, ma dell’umanità in generale, il cui comportamento è governato da diversi fattori tra cui l’ambiente e l’istinto, tutte cose ben descritte nel bellissimo libro “Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere”, di Jared Diamond, dove l’autore studia i motivi della scomparsa di alcune civiltà della storia al fine di capire se anche la nostra potrà salvarsi oppure no [3]. Jared Mason Diamond è un biologo, fisiologo e ornitologo statunitense, noto a livello mondiale per il saggio “Armi, acciaio e malattie” (1997), vincitore del Premio Pulitzer per la saggistica. In Collasso, Diamond analizza società diverse come i Maya, gli Anasazi (antenati degli odierni nativi americani), i Vichinghi, gli abitanti dell’Isola di Pasqua e altri popoli, prendendo in considerazione molti studi e fattori diversi che caratterizzavano queste società e il loro territorio. Quello che si nota da questo libro, in sintesi, è la tendenza dei popoli all’aumento demografico, una volta che sono stati raggiunti un certo grado di benessere e sicurezza alimentare, fenomeno a cui segue il depauperamento del territorio per eccessivo sfruttamento. Il suolo, infatti, viene spogliato delle sue foreste per utilizzare il legno come combustibile o materiale per costruzione, oppure per creare nuove aree coltivabili o da pascolo; questa azione ha come conseguenza a lungo termine il degrado del suolo (inaridimento, erosione e perdita di fertilità), il cambiamento climatico e la scomparsa definitiva di alcuni prodotti basilari per il sostentamento oltre all’estinzione di alcune specie animali e vegetali. Il caso dell’Isola di Pasqua è emblematico e noto anche al grande pubblico: una popolazione, chiusa in un’area limitata, raggiunge una concentrazione critica, distrugge tutti gli alberi, esaurisce le risorse del luogo e inizia conflitti e guerre civili; alcune specie animali e vegetali scompaiono e gli abitanti sono costretti a nutrirsi anche di ratti e iniziare a praticare il cannibalismo per sostentarsi. Altri casi di inaridimento del territorio, in seguito alla colonizzazione umana, sono descritti in “Diario di un naturalista giramondo” anche da Charles Darwin, il geologo e naturalista britannico che ha scoperto l’evoluzione delle specie [4]. Si può pensare che questi fenomeni distruttivi si siano verificati perché i territori erano piccoli e gli abitanti non potevano spostarsi altrove, ma sorti simili sono state osservate anche per i Maya, per gli Anasazi e altri che abitavano in vaste zone.
Tutto questo deve farci riflettere, perché il pianeta Terra ha una superficie limitata, la popolazione è già cresciuta tantissimo [5] e non possiamo pensare di crescere all’infinito se non vogliamo fare la fine dei suddetti popoli. Ingenuamente, si tende a pensare che, al giorno d’oggi, ci sia la tecnologia in grado di salvarci e i nuovi capi dei governi siano più lungimiranti e intelligenti di quelli del passato. Purtroppo non funzionano così le cose. Innanzi tutto la tecnologia è uno strumento e non una divinità benigna e come ogni strumento può essere utilizzato sia bene, sia in modo devastante. Inoltre, bisogna osservare che tutta la nostra economia è basata sulla crescita. Quante volte avete sentito ripetere la parola crescita in tv? Quante volte ci è stato detto che il PIL deve crescere? Qualcuno ha mai messo in dubbio la bontà di queste scelte, di queste parole, di questi modelli di società? Qualcuno c’è stato, ad esempio il politico statunitense Robert Kennedy, che tenne un discorso sul PIL nel 1968, fatto risentire recentemente anche dalla Gabanelli a Report, che può essere ascoltato in rete [6]: “Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette […] Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.[…] Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. […] Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Robert Kennedy morì pochi mesi dopo aver detto queste parole, ucciso in un attentato all’indomani della sua vittoria alle elezioni primarie di California e Dakota del Sud.
Recentemente si stanno aggiungendo nuovi contestatori del PIL, come gli economisti e premi Nobel Amartya Sen e Joseph Stiglitz, e odierni articoli mostrano quello che aveva già affermato Kennedy decenni fa: “Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il suo “arricchimento” improvviso (+5%) nasce dall’inclusione nel Pil di attività illecite e sommerse come la prostituzione e il traffico di droga.” [7].
Perché si usa il PIL allora, e non altri indici che tengano conto, ad esempio, della felicità e benessere della popolazione, come il FIL (Felicità Interna Lorda) utilizzato dal Bhutan, piccolo stato montuoso dell’Asia, in cui i parametri presi in considerazione sono la qualità dell’aria, la salute dei cittadini, l’istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali [8]? La spiegazione che dà il premio Nobel Amartya Sen è chiara: “Il Pil misura un tipo di crescita quantitativa che ha coinciso con l’arricchimento di minoranze privilegiate. L’indice dello sviluppo umano sposterebbe l’attenzione verso attività e settori che vanno a beneficio degli altri.” [7].
Seguendo questa follia della crescita e dell’innalzamento del PIL, la Cina ha creato impressionanti città in grado di ospitare milioni di persone, che sono diventate però sconvolgenti città fantasma, semidisabitate [9] e c’è chi si aspetta presto uno scoppio della bolla immobiliare cinese [10]. Accorgendosi di questa follia, però, anche in Cina c’è chi sta pensando di rivedere questo assurdo paradigma ed iniziare a valutare anche la salute dell’ambiente e la qualità della vita; a giugno, il premier Xi Jinping ha dichiarato: “Non possiamo più usare il semplice Pil per decidere chi sono i più bravi” [11].
Durante i miei viaggi nei vari continenti, però, ho visto che ormai praticamente tutto il mondo è indirizzato verso una rotta unica, globale che, per le mie conoscenze, ritengo anche istintiva: continuo sfruttamento delle risorse, previsioni e decisioni a breve termine e degrado ambientale. Nel documentario del 2012, “Trashed”, Jeremy Irons mostra quanto l’inquinamento dell’aria, della terra e dell’acqua stia mettendo in pericolo la salute dell’uomo e l’intera esistenza del pianeta e, viaggiando nei 5 continenti, inquadra discariche stracolme e inquinanti montagne di spazzatura, come quelle delle coste del Libano o di Giacarta.
Particolarmente sconvolgenti sono le immagini di questa sovraffollata città, Giacarta, capitale dell’Indonesia, la cui popolazione è cresciuta da 1,2 milioni nel 1960 ai circa 10 milioni attuali, dove si vedono le persone vivere tra i rifiuti portati a spasso dal fiume Ciliwung, mentre le donne lavano i panni nelle sue acque e i bambini giocano tranquillamente nella spazzatura [12][13].
Esempi come questo, attuale, uniti alla conoscenza del passato, ci mostrano essenzialmente due cose:
1) che ci rendiamo conto dei danni fatti all’ambiente ed a noi stessi quando ormai è troppo tardi, sia nel passato così come al giorno d’oggi, e che
2) l’essere umano può adattarsi a vivere anche in condizioni disumane, come in discariche, e giungere anche a praticare il cannibalismo come mezzo di sussistenza.
Non bisogna pensare, infatti, che la pratica di mangiare carne umana sia un’esclusiva di popolazioni primitive e selvagge! Come ci ricorda J. Diamonds: “Tutti concordano sul fatto che il cannibalismo possa essere praticato in situazioni di estrema necessità da individui disperati (basti pensare alla carovana Donner, rimasta bloccata nella neve mentre era in cammino per raggiungere la California, nell’inverno del 1846-47; oppure ai russi che morivano di fame durante l’assedio di Leningrado, nella Seconda guerra mondiale)” [3]. Un altro esempio recente è il caso del disastro aereo delle Ande in cui i sopravvissuti allo schianto aereo si cibarono di alcuni dei propri compagni per non morire [14].
Continuando invece sulla strada della crescita e sfruttamento dell’ambiente, non si possono escludere scenari terribili e alcuni studiosi hanno elaborato la teoria probabilistica, chiamata del Giorno del Giudizio (Doomsday Argument, DA) concludendo che la fine dell’umanità ha il 95% di possibilità di verificarsi entro 9120 anni [15].
Pensiamo, ad esempio, al giorno in cui terminerà il petrolio, oggi risorsa energetica fondamentale. Riguardo questo argomento, a me viene sempre in mente il bellissimo racconto di Isaac Asimov, del 1941, “Notturno” [16], un racconto di fantascienza che narra della vita su Kalgash, pianeta con una luna e illuminato da sei soli, dove il buio è quindi sconosciuto. Una setta religiosa, il Culto, profetizza che l’Oscurità e l’apparizione delle Stelle (mai viste) annunceranno la fine del mondo. Accade che, per via di una eclisse totale dei soli, dovuta all’allineamento di queste stelle con la luna, evento ignoto che avveniva ogni mille anni, cala la notte e il terrore si diffonde sul pianeta conducendo ad una follia distruttiva ed omicida (non esistevano torce, mai servite), dove tutto viene messo a fuoco per far luce, cancellando ogni traccia del passato. Terminata l’eclisse, l’umanità e la storia sono distrutte e i pochi superstiti devono ricominciare da capo, perdendo memoria di quanto successo e iniziando un nuovo ciclo.
E’ vero che questo è un racconto di fantascienza, ma è uno scenario alquanto plausibile, secondo me, nel caso in cui dovessimo trovarci improvvisamente senza petrolio o altre risorse fondamentali, uno scenario affatto diverso da quello già descritto dalla storia per diverse civiltà [3]. Torniamo adesso ai giorni nostri e nel nostro territorio di Murlo, cercando di tenere a mente quanto succede o sia già accaduto nel mondo. Se osserviamo il taglio del bosco, ad esempio, sembra che non abbiamo imparato molto. Già 3 anni fa, su MurloCultura, la dott.ssa Barbara Anselmi, faceva presente che nel territorio comunale erano stati tagliati oltre 1.000 ettari in soli 8 anni, danneggiando o facendo scomparire antichi tracciati inseriti nelle mappe del Catasto Leopoldino [17]. Da allora sono passati altri 3-4 anni e chissà quanti altri ettari di bosco sono stati tagliati e chissà quanti altri sentieri storici sono stati cancellati. Non sto affermando che il bosco non vada utilizzato; il punto è: “con quale velocità e attenzione”? Altrimenti è un patrimonio di tutti che, per l’interesse di poche persone o aziende, si riduce o rischia un degrado permanente (se il taglio è intensivo in vaste zone e l’erosione e le piogge dilavano il terreno privandolo delle sostanze nutritive). Per non parlare del caso del legname che viene tagliato, non per scaldarsi, ma per rifornire centrali a biomassa, dei cui potenziali problemi avevamo già parlato nell’articolo del 2011, “Fotovoltaico, biogas e biomasse: la nuova agricoltura” [18] e che torna come argomento attuale con la decisione del nostro vicino comune di Monticiano (SI) di costruirne una nel loro territorio. Una centrale a biomassa, che sarebbe visibile anche dall’Abbazia di San Galgano e che sta scatenando la protesta di una parte della popolazione [19]. Anche queste centrali, alla fine, non sono altro che un mezzo per produrre reddito (oltre che elettricità), ma che operano solo grazie ad incentivi statali. Una tecnologia drogata insomma, che spinge al taglio boschivo e non facilmente sostenibile (e probabilmente non lo potrà essere mai) senza un sistema di incentivazione per la produzione dell’energia elettrica [20]. Spesso, l’argomento a maggior favore di questa pratica è il fatto che la CO2 immessa nell’atmosfera è la stessa che gli alberi avevano accumulato, portando quindi ad un pareggio di bilancio della CO2, giustificando così la pratica anche alla luce della recente attenzione a questo parametro di inquinamento. Già… peccato che nessuno faccia mai notare che per avere una produzione 0 di CO2, reale, si dovrebbero prima piantare i boschi di cui si vuole ardere le legna!! In tal caso avremmo davvero un bilancio nullo di produzione di CO2 (non proprio vero se consideriamo i combustibili impiegati per il taglio e per il trasporto!); peccato però che prima si tagli e si bruci, liberando quindi in aria la CO2 già immagazzinata, inquinando e impedendo che gli alberi continuino a crescere immagazzinando altra CO2. E il bosco tagliato? Poi… un giorno crescerà di nuovo… un giorno. Nel frattempo, gli altri alberi e biomassa nei dintorni della centrale, sono in grado di alimentarla negli anni di attesa della rigenerazione del bosco? Alcuni studi dicono chiaramente di no [21].
Quello che possiamo notare, al fine di questo argomento, è che è il tipo stesso di economia in cui viviamo a portarci ad estinguere le nostre risorse, oltre alla necessità e all’istinto di sopravvivenza.
Insomma, nulla di diverso dal comportamento umano di ogni civiltà passata, un po’ come se fossimo in un’altra Isola di Pasqua, un po’ più grande, ma sempre con superficie limitata e noi utilizzassimo gli stessi atteggiamenti che hanno portato quel popolo a estinguersi. Per questo, come dicevo, non nutro nessuna speranza nel futuro del genere umano, ma nonostante questo sento il bisogno di impegnarmi per divulgare l’attenzione al territorio, almeno per rallentare la distruzione globale a cui sto assistendo. Anche per questo nasce questa rubrica, Il Futuro nel Passato, che raccoglie i racconti, non solo di noi della Redazione, ma anche dei cittadini che vorranno scriverci le loro esperienze. Una rubrica che serva da stimolo a tanti, che possano tornare a guardare la terra non come qualcosa di sporco da togliere dalle scarpe, ma come un bene primario da prendere in mano, annusare e capire quanto dipendiamo da lei e dalla sua buona gestione e mantenimento.
di Nicola Ulivieri - www.nicolaulivieri.com
Ozymandias [2] Incontrai un viaggiatore che veniva |
Fig. 1. Vignetta di El Roto: “La soluzione alla crisi è molto semplice: dobbiamo semplicemente consumare di più per riattivare l’economia e consumare di meno per non rovinare il pianeta”. |
Fonti citate o consultate
[1] “1984”, George Orwell, prima edizione 1949.
[2] “Ozymandias”, Percy Bysshe Shelley. http://it.wikipedia.org/wiki/Ozymandias_%28poesia%29 .Il tema centrale del sonetto Ozymandias è l’inevitabile declino di tutti gli uomini di potere e degli imperi che hanno costruito, per quanto grandi e potenti potessero essere stati in vita.
[3] “Collasso, Come le società scelgono di morire o vivere” di Jared Diamond, editore Einaudi, 2005.
[4] Isola di Sant’Elena, cap.XXI, “Diario di un naturalista giramondo”, Charles Darwin, 1839.
[5] “Popolazione mondiale”, http://it.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale
[6] “Bob Kennedy e il PIL” 1968, http://youtu.be/iLw-WLlM9aw
[7] “Il paradosso del Pil: in Usa sta frenando ma il benessere cresce con la sanità meno cara”, http://www.repubblica.it/economia/2014/07/06/news/il_paradosso_del_pil_in_usa_sta_frenando_ma_il_benessere_cresce_con_la_sanit_meno_cara-90824614/
[8] Felicità Interna Lorda, http://it.wikipedia.org/wiki/Felicit%C3%A0_interna_lorda
[9] video: “Il viaggio allucinante tra le città fantasma della Cina moderna”, http://youtu.be/BMLmaDcrtP8
[10] “E all’orizzonte lo scoppio della bolla immobiliare cinese”, http://www.lafinanzasulweb.it/2012/e-allorizzonte-lo-scoppio-della-bolla-immobiliare-cinese/
[11] “La Cina manda in pensione il Pil: ambiente e povertà per misurare la qualità della vita”, http://www.repubblica.it/economia/2014/08/18/news/pil_cina_benessere_felicit-93997916/
[12] “Trashed”, 2012, documentario con Jeremy Irons - http://www.trashedfilm.com/
[13] “Trashed, il mondo sommerso dai rifiuti raccontato in un film”, http://www.lettera43.it/ambiente/trashed-il-mondo-sommerso-dai-rifiuti-raccontato-in-un-film_43675105220.htm
[14] http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_aereo_delle_Ande
[15] DIE OFF — a population crash resource page, http://dieoff.org/
[16] “Notturno” (Nightfall), racconto di Isaac Asimov, 1941, http://it.wikipedia.org/wiki/Notturno_(racconto)
[17] “Murlo terra di boschi: qualche numero” , di Barbara Anselmi, MurloCultura 1/2011, https://www.murlocultura.com/old_site/MurloCultura_1_2011/MurloCultura_1_2011_pag10.html
[18] “Fotovoltaico, biogas e biomasse: la nuova agricoltura?” - di Nicola Ulivieri e Giorgio Botarelli - MurloCultura, anno 14, n.1, 2011.
[19] “Siena, l’Abbazia di San Galgano e la minaccia biomasse”, http://www.lettera43.it/ambiente/siena-l-abbazia-di-san-galgano-e-la-minaccia-biomasse_43675145333.htm
[20] portale Gestore Servizi Energetici: http://www.gse.it/it/EnergiaFacile/guide/Energiaelettrica/Biomasse/Pages/default.aspx
[21] “Biomass Sustainability and Carbon Policy Study”, Manomet Center for Conservation sciences, https://www.manomet.org/program/sustainable-economies/study-woody-biomass-energy