Murlo Cultura 2020 - Nr. 2-3-4

Breve flash di primavera

di Luciano Scali

RACCONTI

Fa freddo in questo mattino di maggio, ma quando si leva il sole riesco a percepire un piacevole tepore proprio nel punto dove mi trovo seduto. Il cielo è limpido in questo momento e col sorger del sole sono apparse le rondini in cerca del posto adatto dove costruire il nido. Sono entrate cinguettando dalla finestra spalancata e dopo un giro veloce nella stanza sfiorando i travicelli del soffitto, sono tornate via. Già, tornate poiché questa volta erano arrivate in due, veloci, difficile da distinguerne le fattezze. Un fugace incontro che fa riflettere ma abituale per queste creature in cerca di ricovero dove depositare le uova oppure un ritorno verso un luogo conosciuto. Forse proprio come quello ricordato da una canzone del mio tempo cantata da Beniamino Gigli:

 

Sotto la gronda della torre antica,
una rondine amica,
allo sbocciar del mandorlo è tornata.
Ritorna tutti gli anni,
sempre alla stessa data,
monti e mari essa varca per tornare...
torna amore,
tu che fuggi e vai lontano,
spera invano ma non torni più.


Già: la Rondine Amica di quasi un secolo fa ormai, eppure così attuale, come tutte quelle cose e gli eventi per i quali il trascorrere del tempo non conta e che si ripetono di continuo, immutabili.

E' notte fonda ormai quando un qualcosa d'indefinibile mi sveglia procurando una strana sensazione che m'impedisce di riprendere sonno. Visti i vani tentativi di riuscirvi preferisco alzarmi con la speranza che dopo un po' si creino le condizioni per farmi tornare sotto le coperte. Scendo allora nel mio abituale rifugio in fondo alle scale e in attesa che il sonno ritorni metto un CD e riprendo a decorare la tavola d'olivo iniziata un paio di giorni fa.
Ecco però qualcuno bussare discretamente alla porta attratto dalla luce accesa. E' la figura di una giovane ragazza con un mantello nero sopra un costume candido che mi fa cenno di aprirle. Non me lo faccio ripetere due volte mettendomi subito da parte per consentirle d'entrare. Ho l'impressione di averla incontrata ancora, addirittura di recente ma non saprei dire dove.
Il mantello nero che indossa è di strana fattura, con due lunghe code come un frac, che arrivano quasi a toccare terra. Mentre l'osservo in silenzio è lei che inizia a parlare:
"Non dire che non sai chi sono e che non mi riconosci. Eppure vengo spesso in questa casa anche se per pochi attimi soltanto, di primo mattino e quando il sole entra dalla finestra aperta."
"Veramente io non ricordo..."
Il mio aspetto deve essere singolare in questo momento, quello di una persona imbarazzata che non sa a quale santo rivolgersi, se lei sorridendo continua:
"Pensaci su, non dirmi che non hai capito perché ti vedo sveglio e sveglio bene anzi!"
"Ch'io sia sveglio non ci sono dubbi ma più ci penso e meno riesco a rammentare chi tu possa essere perché se tu fossi venuta almeno una volta in casa mia figurati se me ne sarei dimenticato!"
"Allora ascolta: pensami più piccola, non più grande del palmo della mano e che preferisce entrare attraverso una finestra aperta che bussare ad una porta chiusa. Capito ora?"
"Mica tanto perché se fosse vero quello che dici significherebbe che sono a letto e sto sognando invece di trovarmi qui. E poi un'altra cosa visto che è notte: Non sarebbe forse normale che tu fossi al sicuro nel tuo rifugio anziché attraversare una piazza che nella peggiore delle ipotesi è il luogo di ritrovo di almeno una decina di gatti?"
"E invece sono quella che sono e venuta qui perché ho percepita la tua inquietudine, per dirti di stare tranquillo, che qualcuno ti è vicino e non sei solo come invece pensi sempre di essere."
"Quindi tu saresti... Noooo! Ma come fo a crederci.. dai?"
"Non importa ch'io sia al momento, né da dove venga e quale sia il mio aspetto; non è importante saperlo o meno. Quello che vale è rendersi conto dell'esistenza di momenti speciali quando pur non sapendo cosa si voglia si desidera intensamente che accada. Sembra un discorso senza capo né coda però le cose stanno proprio come ti sto dicendo. Per me che amo la luce e che aspetto con ansia il sole tanto da spingermi ad andare a cercarlo in posti lontani tra loro per poterne godere il calore, il tuo pensiero l'ha richiamato facendolo risplendere in quella dimensione dove la mia natura m'ha relegata."
"Vivi altrove allora?"
"Non proprio. Adesso sono nella tua dimensione, laddove non dovrei trovarmi: ossia al di fuori di quella che mi è abituale. Però ci viviamo entrambi anche se quando vengo a trovarti non puoi riconoscermi. Io invece ti conosco da tempo, dall'inizio della primavera, da quando hai cominciato ad aprire presto la finestra, al mattino."
"Vedo proprio che sai tutto davvero anche se non riesco a sapere come fai."
"Capirai, vedrai che tra poco capirai perché si sta facendo giorno mentre il CD di Aretha Franklin che stavi ascoltando sta quasi per finire... proprio come il nostro particolare incontro che il primo sole entrando nel tuo rifugio si porterà via."
"Inutile: non riesco..!
"Capirai, ascolta la canzone. Aretha sta ripetendo le parole del tema: free.., free.. libera, libera! Comprendi adesso? Il sole sta entrando assieme al mio tempo, aprimi la porta per favore!"
Mi sono alzato, l'ho aperta e lei, tornata quella di sempre, dopo un giro veloce nella stanza è volata via.

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