MurloCultura 2024 - Nr. 1-2-3-4

A cosa servivano i dolia?

di Edoardo Pietrangeli

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Al terzo piano del Museo Antiquarium di Poggio Civitate a Murlo sono conservati dei frammenti di dolia, ma a cosa servivano questi grandi contenitori di terracotta?

 

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Fig. 1 - Un grande frammento di dolio (o pithos come era chiamato dai greci)

rinvenuto a Poggio Civitate negli scavi del 1968.

 

Il primo utilizzo che viene in mente pensando a questi grandi contenitori è certamente quello relativo all’accumulo ed immagazzinamento di generi alimentari solidi e liquidi. I dolia garantiscono una migliore conservazione dei prodotti a lungo termine rispetto alle pelli ed ai contenitori lignei, questo perché lo spessore delle pareti li rende più resistenti agli attacchi di parassiti, più resistenti all’umidità e più resistenti agli urti rendendoli così più durevoli nel tempo [1].
Data la loro stazza i dolia rappresentano un’ottima soluzione per immagazzinare beni alimentari preziosi come grano, olio e vino, che, oltre ad una notevole importanza domestica, godevano di ampi commerci rappresentando così beni di incredibile valore [2]. La stazza dei dolia assicurava:

• un immagazzinamento atto al graduale consumo dei beni conservati al loro interno,

• il consumo di beni alimentari fuori stagione,

• la conservazione dei semi da piantare da una stagione all’altra, rendendosi così essenziali per le comunità agricole [3].

Inoltre, va sottolineato come la possibilità di immagazzinare risorse potesse essere correlata anche al pagamento di obbligazioni sociali come tasse e pagamento di debiti e simili. Un altro uso, fondamentale per questa tesi, dei dolia è quello di processare i prodotti agricoli in prodotti secondari: dall’uva al vino per esempio [4]. Nel mondo etrusco risultano di fondamentale importanza per la lavorazione e la produzione del vino assumendo il ruolo di contenitori per la fermentazione e l’invecchiamento del vino. Il già citato graffito di un dolio da Gravisca recante la scritta “vinum” è un’ulteriore attestazione del loro utilizzo nella produzione del vino. Le analisi chimiche condotte sui residui presenti in alcuni dolia rinvenuti a Poggio della Castellina del Marangone, Civitavecchia, hanno rivelato tracce di vino o mosto all'interno dei contenitori. Inoltre, la presenza di un foro sul fondo indica che questo serviva per travasare il vino dal dolio, facilitando, al contempo, le operazioni di pulizia successive [5].
Un altro uso dei dolia è sicuramente quello di raccolta e immagazzinamento dell’acqua come testimoniano le incrostazioni di calcare sui frammenti di alcuni dolia rinvenuti a Cerveteri [6].
Le analisi dei residui hanno sottolineato l’uso diffuso della pece per impermeabilizzare le pareti interne dei dolia qualora questi contenessero prodotti liquidi [7]. L’impermeabilizzazione delle pareti era utile per ovviare al problema della porosità insita nella ceramica, porosità che risulta essere un grave problema qualora il contenuto risulti liquido.
I dolia si rivelano utili anche nell’ambito dei lavori artigianali ed industriali: vicino a Tarquinia alcuni grandi contenitori si inseriscono nella catena di produzione del sale, a Riolo, vicino Castelfranco Emilia, un dolio conteneva frammenti metallici e lingotti metallici risultando utile all’immagazzinamento di metalli che successivamente sarebbero stati fusi [8].
Alla fine della vita del contenitore alcuni suoi frammenti possono avere altri utilizzi: è il caso di Trebbio, dove una bocca di dolio è stata riutilizzata per creare la bocca di un forno in epoca arcaica [9]. A Tarquinia, invece, alcuni frammenti di dimensioni considerevoli di orli relativi a dolia sono stati riutilizzati come mattoni nella costruzione di edifici durante la prima metà del VII secolo a.C. [10].
A Firenze, invece, parti di un dolio, con chiari segni di eccessiva esposizione al calore, sembrano essere state usate come fondo di un forno [11].
Ulteriore ambito di utilizzo dei dolia è sicuramente quello funerario. Le sepolture in dolio rinvenute in Etruria sono tutte ad incinerazione e i dolia erano usati per contenere il corpo cremato del defunto ed il suo corredo funebre. I resti cremati, solitamente, erano racchiusi in un’olla che veniva posizionata sul fondo del dolio [12].
La sepoltura in dolio era sicuramente legata ad un fattore ideologico, si intendeva così sottolineare lo status sociale del defunto alludendo all’importanza agricola del contenitore e alla capacità di immagazzinare beni [13]. L’uso di questo tipo di sepoltura avrà notevole fortuna a partire dalla metà del VIII secolo a.C. e può essere considerata come l’evoluzione della pratica protovillanoviana e villanoviana dell’uso dei biconici nelle sepolture [14].

 

 Fig. 2 - La fornace etrusca di età ellenistica di Vescovado di Murlo, dove per la costruzione degli archetti delle bocche delle fornaci furono usati frammenti del bordo di dolia (Tuck, 2017).

 

NOTE

  1. Perkins 2021 p.243
  2. Perkins 2021 p.243
  3. Perkins 2021 p.243
  4. Perkins 2021 p.243
  5. Perkins 2021 p. 243 ; Montanel Tramulla 2011 p.678
  6. Nardi 1993 p.360
  7. Camilli et al 2008 p.203-204
  8. Mandolesi 2014 p. 199 ; Neri 1998 p.64
  9. Ciacci et al 2009 pp. 65-68
  10. Mordeglia 2001 p.150
  11. Da Vela 2019 p. 37-38
  12. Perkins 2021 p. 244-245
  13. Perkins 2021 p. 245
  14. Perkins 2021 p.245

 

BIBLIOGRAFIA

  • A.Camilli et al., “Evoluzione e caratteri del paesaggio protostorico ed etrusco a Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR)”, in N.Negroni Catacchio (a cura di), Paesaggi reali e paesaggi mentali. Ricerche e scavi, Preistoria e protostoria in Etruria, Atti dell’VIII Incontro di studi (Valentano-Pitigliano 2006), Milano 2008, pp. 195-210.
  • Ciacci A., Comini A., Ghiozzo E., Turbanti I., Moroni A., "Le fornaci del Trebbio (Sansepolcro, AR): aspetti tecnologici", 2009, Officina Etruscologia, 1, p. 61-82.
  • R. Da Vela, "L' officina ceramica etrusca nel centro di Firenze. Strutture e pratiche di obliterazione", in: M. Denti - M. Villette (eds.), Archéologie des espaces artisanaux. Fouiller et comprendre les gestes des potiers, Actes du Colloque International de Rennes, 27-28 novembre 2014 (Lattes 2019) pp. 33-41.
  • A. Mandolesi, "Le Saline: un grande scalo marittimo per la Tarquinia villanoviana”, in: “La riserva nazionale statale Saline di Tarquinia”, a cura di: L. Colletti, Roma, Rodorigo, 2014, pp. 195-203.
  • L. Mordeglia, "Produzioni in impasto: Grandi contenitori: dolii, pithoi, bacini, bracieri, sostegni", in: “Tarquinia. Scavi Sistematici nell’abitato. Campagne 1982-1988. I Materiali 2”. A cura Di: Maria Bonghi Jovino L’Erma Di Bretschneider, 2001, pp. 149-260.
  • G. Nardi, “Dolii” in: “Caere 3.2. Lo Scarico arcaico della Vigna Parrocchiale” (Vol.2), A cura di: M. Cristofani, Roma, Consiglio Nazionale Delle Ricerche, 1993, pp. 351-364.
  • P. Perkins, "The Etruscan pithos revolution (Making cities: Economies of production and urbanization in Mediterranean Europe, 1000–500 BC)", a cura di: M. Gleba, B. Marin-Aguilera, B. Dimova, Mcdonald Institute Conservations, 2021, Cambridge, pp. 231 258.
  • Credits Fig. 2: "Anthony Tuck. (2017) "Site Photo: 21136 from Europe/Italy/Vescovado di Murlo/Upper Vescovado/Vescovado 1/2006, ID:576/Locus 6". In Murlo." da https://opencontext.org/media/423814e3-2bae-4abc-aebb-b949aba728f0 

 

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