A cosa servivano i dolia?
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Al terzo piano del Museo Antiquarium di Poggio Civitate a Murlo sono conservati dei frammenti di dolia, ma a cosa servivano questi grandi contenitori di terracotta?
Fig. 1 - Un grande frammento di dolio (o pithos come era chiamato dai greci) rinvenuto a Poggio Civitate negli scavi del 1968. |
Il primo utilizzo che viene in mente pensando a questi grandi contenitori è certamente quello relativo all’accumulo ed immagazzinamento di generi alimentari solidi e liquidi. I dolia garantiscono una migliore conservazione dei prodotti a lungo termine rispetto alle pelli ed ai contenitori lignei, questo perché lo spessore delle pareti li rende più resistenti agli attacchi di parassiti, più resistenti all’umidità e più resistenti agli urti rendendoli così più durevoli nel tempo [1].
Data la loro stazza i dolia rappresentano un’ottima soluzione per immagazzinare beni alimentari preziosi come grano, olio e vino, che, oltre ad una notevole importanza domestica, godevano di ampi commerci rappresentando così beni di incredibile valore [2]. La stazza dei dolia assicurava:
• un immagazzinamento atto al graduale consumo dei beni conservati al loro interno,
• il consumo di beni alimentari fuori stagione,
• la conservazione dei semi da piantare da una stagione all’altra, rendendosi così essenziali per le comunità agricole [3].
Inoltre, va sottolineato come la possibilità di immagazzinare risorse potesse essere correlata anche al pagamento di obbligazioni sociali come tasse e pagamento di debiti e simili. Un altro uso, fondamentale per questa tesi, dei dolia è quello di processare i prodotti agricoli in prodotti secondari: dall’uva al vino per esempio [4]. Nel mondo etrusco risultano di fondamentale importanza per la lavorazione e la produzione del vino assumendo il ruolo di contenitori per la fermentazione e l’invecchiamento del vino. Il già citato graffito di un dolio da Gravisca recante la scritta “vinum” è un’ulteriore attestazione del loro utilizzo nella produzione del vino. Le analisi chimiche condotte sui residui presenti in alcuni dolia rinvenuti a Poggio della Castellina del Marangone, Civitavecchia, hanno rivelato tracce di vino o mosto all'interno dei contenitori. Inoltre, la presenza di un foro sul fondo indica che questo serviva per travasare il vino dal dolio, facilitando, al contempo, le operazioni di pulizia successive [5].
Un altro uso dei dolia è sicuramente quello di raccolta e immagazzinamento dell’acqua come testimoniano le incrostazioni di calcare sui frammenti di alcuni dolia rinvenuti a Cerveteri [6].
Le analisi dei residui hanno sottolineato l’uso diffuso della pece per impermeabilizzare le pareti interne dei dolia qualora questi contenessero prodotti liquidi [7]. L’impermeabilizzazione delle pareti era utile per ovviare al problema della porosità insita nella ceramica, porosità che risulta essere un grave problema qualora il contenuto risulti liquido.
I dolia si rivelano utili anche nell’ambito dei lavori artigianali ed industriali: vicino a Tarquinia alcuni grandi contenitori si inseriscono nella catena di produzione del sale, a Riolo, vicino Castelfranco Emilia, un dolio conteneva frammenti metallici e lingotti metallici risultando utile all’immagazzinamento di metalli che successivamente sarebbero stati fusi [8].
Alla fine della vita del contenitore alcuni suoi frammenti possono avere altri utilizzi: è il caso di Trebbio, dove una bocca di dolio è stata riutilizzata per creare la bocca di un forno in epoca arcaica [9]. A Tarquinia, invece, alcuni frammenti di dimensioni considerevoli di orli relativi a dolia sono stati riutilizzati come mattoni nella costruzione di edifici durante la prima metà del VII secolo a.C. [10].
A Firenze, invece, parti di un dolio, con chiari segni di eccessiva esposizione al calore, sembrano essere state usate come fondo di un forno [11].
Ulteriore ambito di utilizzo dei dolia è sicuramente quello funerario. Le sepolture in dolio rinvenute in Etruria sono tutte ad incinerazione e i dolia erano usati per contenere il corpo cremato del defunto ed il suo corredo funebre. I resti cremati, solitamente, erano racchiusi in un’olla che veniva posizionata sul fondo del dolio [12].
La sepoltura in dolio era sicuramente legata ad un fattore ideologico, si intendeva così sottolineare lo status sociale del defunto alludendo all’importanza agricola del contenitore e alla capacità di immagazzinare beni [13]. L’uso di questo tipo di sepoltura avrà notevole fortuna a partire dalla metà del VIII secolo a.C. e può essere considerata come l’evoluzione della pratica protovillanoviana e villanoviana dell’uso dei biconici nelle sepolture [14].
Fig. 2 - La fornace etrusca di età ellenistica di Vescovado di Murlo, dove per la costruzione degli archetti delle bocche delle fornaci furono usati frammenti del bordo di dolia (Tuck, 2017). |
NOTE
- Perkins 2021 p.243
- Perkins 2021 p.243
- Perkins 2021 p.243
- Perkins 2021 p.243
- Perkins 2021 p. 243 ; Montanel Tramulla 2011 p.678
- Nardi 1993 p.360
- Camilli et al 2008 p.203-204
- Mandolesi 2014 p. 199 ; Neri 1998 p.64
- Ciacci et al 2009 pp. 65-68
- Mordeglia 2001 p.150
- Da Vela 2019 p. 37-38
- Perkins 2021 p. 244-245
- Perkins 2021 p. 245
- Perkins 2021 p.245
BIBLIOGRAFIA
- A.Camilli et al., “Evoluzione e caratteri del paesaggio protostorico ed etrusco a Marsiliana d’Albegna (Manciano, GR)”, in N.Negroni Catacchio (a cura di), Paesaggi reali e paesaggi mentali. Ricerche e scavi, Preistoria e protostoria in Etruria, Atti dell’VIII Incontro di studi (Valentano-Pitigliano 2006), Milano 2008, pp. 195-210.
- Ciacci A., Comini A., Ghiozzo E., Turbanti I., Moroni A., "Le fornaci del Trebbio (Sansepolcro, AR): aspetti tecnologici", 2009, Officina Etruscologia, 1, p. 61-82.
- R. Da Vela, "L' officina ceramica etrusca nel centro di Firenze. Strutture e pratiche di obliterazione", in: M. Denti - M. Villette (eds.), Archéologie des espaces artisanaux. Fouiller et comprendre les gestes des potiers, Actes du Colloque International de Rennes, 27-28 novembre 2014 (Lattes 2019) pp. 33-41.
- A. Mandolesi, "Le Saline: un grande scalo marittimo per la Tarquinia villanoviana”, in: “La riserva nazionale statale Saline di Tarquinia”, a cura di: L. Colletti, Roma, Rodorigo, 2014, pp. 195-203.
- L. Mordeglia, "Produzioni in impasto: Grandi contenitori: dolii, pithoi, bacini, bracieri, sostegni", in: “Tarquinia. Scavi Sistematici nell’abitato. Campagne 1982-1988. I Materiali 2”. A cura Di: Maria Bonghi Jovino L’Erma Di Bretschneider, 2001, pp. 149-260.
- G. Nardi, “Dolii” in: “Caere 3.2. Lo Scarico arcaico della Vigna Parrocchiale” (Vol.2), A cura di: M. Cristofani, Roma, Consiglio Nazionale Delle Ricerche, 1993, pp. 351-364.
- P. Perkins, "The Etruscan pithos revolution (Making cities: Economies of production and urbanization in Mediterranean Europe, 1000–500 BC)", a cura di: M. Gleba, B. Marin-Aguilera, B. Dimova, Mcdonald Institute Conservations, 2021, Cambridge, pp. 231 258.
- Credits Fig. 2: "Anthony Tuck. (2017) "Site Photo: 21136 from Europe/Italy/Vescovado di Murlo/Upper Vescovado/Vescovado 1/2006, ID:576/Locus 6". In Murlo." da https://opencontext.org/media/423814e3-2bae-4abc-aebb-b949aba728f0